Emozioni: cosa sono e a cosa servono

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Le emozioni nascono e si manifestano in maniera del tutto spontanea e involontaria, “capitano” senza lasciare all’individuo la possibilità di decidere quale provare e quando. Si generano in base ai significati e ai valori che ognuno di noi attribuisce ad un determinato evento e divengono così la diretta conseguenza di un processo di valutazione di tale evento; cambiano quando mutano i significati e i valori di riferimento o quando le situazioni sono valutate in modo differente. È possibile quindi affermare che le emozioni possiedono una forte componente situazionale che pone in evidenza la dimensione soggettiva e personale dell’esperienza.

Le emozioni inducono un’attivazione generale dell’organismo con la comparsa di reazioni motorie, fisiologiche ed espressive precise e rilevanti, in modo tale da permettere all’organismo di far fronte alle situazioni che di volta in volta si presentano. Oltre a queste componenti fondamentali, le emozioni esercitano più funzioni e in particolare è possibile individuarne tre: di preparazione o reazione all’emergenza e quindi di azione, di comunicazione con gli altri e infine di comunicazione con se stessi. Per quanto riguarda la funzione di segnalazione, le emozioni sono segnali con particolari proprietà. Non sono segnali cui viene associato un significato, ma segnali e significato al tempo stesso. Esse sono pertanto segnali autosemantici, cioè significano se stesse.

È necessario effettuare una distinzione tra emozione e sentimento: i sentimenti sono più durevoli e più strutturati a livello cognitivo. Inoltre la differenza più decisiva è che si possono provare delle emozioni al di fuori di ogni sentimento e che nell’ambito di uno stesso sentimento si possono provare più emozioni. Un’altra distinzione riguarda emozione e motivazione: l’ emozione è automotivata, essa è importante per la funzione che svolge, quindi per il suo effetto, indipendentemente dall’eventuale intenzione di raggiungere un dato scopo. Infine bisogna distinguere l’emozione dall’emotività, intesa come sensibilità alle situazioni emotigene, e dal tono affettivo, inteso come disposizione affettiva diffusa e durevole. Una tendenza comune a diversi autori è quella di differenziare le emozioni in primarie o fondamentali e secondarie o complesse. Sono considerate fondamentali quelle emozioni la cui espressione è invariante transculturalmente o addirittura comune ai bambini di età inferiore ad un anno e ai primati non umani. Mentre quelle secondarie si distinguono dalle primarie in quanto necessitano, per essere descritte, di altre emozioni. Il criterio fondamentale per la distinzione è la necessità o meno di autocoscienza, cioè la consapevolezza di stare percependo qualcosa.

Fonte: Battacchi M. W., Codispoti O. (1992): La vergogna. Saggio di psicologia dinamica e clinica, Bologna, Il Mulino

A cura della dott.ssa Marcella Caria