Mimosa: ecco perché oggi si usa

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La mimosa, quanto e più delle rose a San Valentino, è il simbolo della Festa delle donna. Niente di male, sia chiaro: semplicemente, piuttosto, è curioso come il resto dell’anno i pon pon gialli che l’8 marzo “strabordano” a ogni angolo di strada scompaiano, come dimenticati. Nessuno li vende, nessuno li chiede, nessuno li compra. Ecco qualche curiosità sulla “grande famiglia” delle mimose.
Cominciamo dall’etimologia della parola, su cui non c’è unanimità di vedute. per alcune risale dal latino “mimus”, mimo, o “mimesis”, imitazione”, perché alcune specie, quando si contraggono sembrano interpretare con la stessa intensità le smorfie dei mimi quando simulano il sentimento della vergogna. Per i più, però, la tesi più credibile intravede una radice spagnola, lingua in cui mimo significa carezza. E da qui il facile collegamento con l’universo femminile.
L’idea di eleggere la mimosa come simbolo della Festa della donna viene attribuita all’iniziativa del 1946 delle femministe Teresa Noce, Rita Montagnana e Teresa Mattei: probabilmente la scelta fu dettata semplicemente dalla stagionalità e da un fattore di gusto. La mimosa, infatti, prima che il clima cominciasse a “impazzire” era solita sbocciare proprio ai primi di marzo. Con il tempo quella di omaggiare le donne con una mimosa è diventata poi una vera e propria usanza.
Il fiore con cui in Italia, e solo in Italia, celebriamo l’8 marzo oltre a mostrare il proprio giallo, ne nasconde anche uno… tecnicamente, infatti, non si tratta di una mimosa ma di una acacia, entrambe esemplari delle Fabacee, le stesse, per intendersi, delle fave e dei piselli. Un equivoco, dunque, ormai dato per assodato. Di certo non se la prenderà la vera e originale mimosa, detta “pudica” e non è un caso, specie dai fiori violetti che si ritrae quasi timidamente quando la si tocca delicatamente. Alcuni fanno notare come di fatto la “pudica” non avrebbe rappresentato in toto la complessità delle donne e, soprattutto, la forza delle rivendicazioni che l’8 marzo vengono puntualmente portate in piazza.
20 gennaio 1957. In occasione della festa di Sant’Antonio, il confratello Andrea Pagano propone di fare della mimosa il simbolo di una sagra destinata a diventare meta di centinaia di turisti da ogni parte d’Italia che ogni anno si presentano puntuali a Pieve Ligure, a pochi chilometri da Genova. L’anno successivo, dato il successo inaspettato basato esclusivamente sul passaparola della prima edizione, il parroco don Antonio e il sindaco De Camillis accolgono l’intuizione di Agostino Crovetto di far coincidere con la sagra della mimosa anche una sfilata di carri allegorici. Da allora ogni seconda domenica di febbraio la tradizione di ripete.
In passato la mimosa è stata caricata di profondi significati: gli indiani d’America erano soliti regalarne un mazzetto quando decidevano di dichiarare alla ragazza di turno il loro amore. InInghilterra c’è stato un tempo in cui le ragazze meno carine erano solite appuntarsi a giacche o camicette un rametto per accentuare la loro femminilità. Anche per la massoneria, infine, la mimosa era l’emblema della forza mista alla gentilezza.
Gli aborigeni australiani che vivono in quelle terre da cui proprio la mimosa è stata importata in Europa attribuiscono alla mimosa proprietà curative: pare che in alcune alcune tribù sia il prodotto principale di uno speciale decotto contro la diarrea, le malattie veneree, la nausea e idisturbi nervosi.
Proprio alla mimosa pudica si starebbero ispirando alcuni scienziati della University of Michiganper realizzare robot in grado di torcersi, piegarsi, irrigidirsi autonomamente e che, addirittura, siano in grado di autoripararsi in risposta agli stimoli ambientali. La mimosa sarebbe una delle rare piante presenti in natura a manifestare il fenomeno della “nastic osmosi”, cioè movimenti che si possono cogliere anche a occhio nudo provocati dal flusso d’acqua che entra ed esce dalle cellule della pianta.
Le mimose sono tra i cibi più appetitosi per le giraffe che ne possono ingurgitare fino a 66 kg al giorno.
Sono sempre più diffuse nuove forme di allergia, peraltro piuttosto difficili da diagnosticare, attribuibili a specie fino a qualche anno fa considerate del tutto innocue: non solo le classiche graminacee, ma anche ficus benjamin, mirto, gelso e, appunto, mimosa.
Ispirati alla mimosa, chi dal colore, chi dal profumo, ci sono piatti che hanno raggiunto la celebrità: tra i più noti, la torta mimosa, il risotto mimosa e il cocktail mimosa.