LA CONCEZIONE  DELLA PSICHE NELLA PSICOLOGIA ANALITICA DI C. G. JUNG

psicanalisi

La teoria della psicologia analitica, sviluppata da C. G. Jung (nato il 26 luglio 1875 a Kesswill in Svizzera), origina dal pensiero freudiano, di cui Jung fu discepolo e dal quale si staccò nel 1912 con l’opera “La libido: Simboli della trasformazione” in cui propone alcuni concetti innovativi quali:  una diversa concezione della libido non più intesa come connotata solo  sessualmente ma come l’energia vitale dell’individuo e il  simbolo interpretato come istanza che promuove la trasformazione dell’individuo.

Secondo Jung la psiche è composta dall’insieme di tutti quei processi psichici sia consci che inconsci in cui  l’Io partecipa in ambo i campi. Vediamo ora nel dettaglio questi componenti.

L’INCONSCIO

L’inconscio rappresenta la componente più antecedente della psiche e il dato originario da cui emerge la coscienza, l’Io invece si trova al centro della psiche conscia, tant’è che nelle psicosi si ipotizza che l’Io venga sommerso dall’inconscio.

Nella sua teoria C.G. Jung distingue l’inconscio collettivo dall’ inconscio personale,  indicando le interdipendenze relativamente ai contenuti (archetipi e complessi). Fra il 1950 e ’60 Jung, attraverso i riferimenti ai testi alchemici ridefinisce la coppia Io/Sé, focalizzandosi sul processo di individuazione e sulla relazione dialettica inconscio – conscio, per arrivare a divenire se stessi.

Nell’inconscio collettivo  sono presenti aspetti presenti in noi fin dalla nascita che fanno parte del patrimonio storico culturale della collettività a cui apparteniamo.  Tali elementi affiorano nei sogni, nei miti, nelle fiabe, nei riti religiosi, nelle opere artistiche, ma anche nelle allucinazioni degli psicotici e nelle visioni dei mistici. Inizialmente Jung attribuisce a queste manifestazioni dell’inconscio collettivo il valore di contenuti del medesimo a cui da il nome di archetipi, mentre in un’articolazione successiva definisce gli archetipi come una disposizione a riprodurre in determinate circostanze,  rappresentazioni tipiche (immagini archetipiche) corrispondenti alle esperienze fondamentali che l’umanità ha fatto nel processo di sviluppo della coscienza. L’efficacia dell’archetipo consiste nell’indurre attraverso la sua manifestazione nel simbolo (immagine primigenia) la ripetizione di esperienze di tipo universale o collettivo. Per essere più chiari l’inconscio collettivo agisce a livello della coscienza come impulso a ripetere esperienze collettive passate. Le immagini archetipiche non contengono solo le cose più belle e grandi dell’umanità, ma anche le sue nefandezze. Quando il soggetto è “posseduto” dall’archetipo o “invasato” da esso, si può verificare appunto una patologia. Quando si presenta una situazione corrispondente ad un dato archetipo, allora questo viene attivato e si sviluppa una coattività che, come una forza istintiva si fa strada contro ogni ragione e volontà. Oppure produce un conflitto di dimensioni patologiche.

Nell’ inconscio personale sono invece presenti tutti gli elementi legati alla propria storia personale che non sono mai giunti alla coscienza o che giuntivi sono stati rimossi dimenticati e riportati all’inconscio poiché considerati sgradevoli e inaccettati.

I contenuti dell’inconscio personale sono  definiti  complessi a tonalità affettiva che costituiscono l’intimità personale della vita psichica, ma derivano comunque dagli archetipi. Jung parla di complesso a tonalità affettiva che si manifesta attraverso rappresentazioni, come fattori specifici di disturbo del normale decorso psichico. Il mondo dell’inconscio comprende più tipi di rappresentazioni, che si comportano diversamente a seconda del loro potenziale energetico: le  rappresentazioni che catturano molta energia  impediscono che tale energia sia disponibile per altre rappresentazioni. Le rappresentazioni altamente penose e conflittuali da un punto di vista emotivo sono rimosse perché la coscienza non riesce a reggerle, per cui il campo della coscienza si restringe con il rischio che l’Io venga travolto dalle rappresentazioni da lui dissociate, che mantengono nell’inconscio un potenziale energetico elevato. La rimozione diviene patologica quando l’Io rimuove da se una sere di rappresentazioni indispensabili per l’iter maturativi, come conseguenza l’Io si sentirà in conflitto con il Sé perché parti importanti sono state omesse. Da qui ne deriva un senso di incompletezza, inferiorità, conflitto con se stessi. 

Ad esempio si definisce complesso materno o paterno perché rispetto alla figura materna e paterna la psiche si è bloccata nel vissuto riguardo a questi elementi. Permane un vissuto infantile che impronta tutta la psicologia dell’individuo e lo rende dipendente da queste figure.

LA COSCIENZA

L’altra importante struttura psichica è rappresentata dalla coscienza. Essa comprende tutti gli elementi di cui il soggetto è consapevole e Jung per descriverla elabora i concetti  di funzioni e atteggiamenti.

L’Io si avvale di 4 funzioni che determinano l’atteggiamento dell’individuo:

Il pensiero è la funzione che l’individuo utilizza per l’approccio alla realtà interiore ed esteriore. Il pensiero è tutto a disposizione della coscienza  ed è la funzione del giudicare mediante procedimento logico. E’ ovviamente razionale

Il sentimento  è la funzione del valutare il segno positivo o negativo del legame affettivo che l’Io stabilisce con gli oggetti del mondo esterno. E’ razionale perché si esprime tramite giudizi di valore           

-la senzazione è la funzione del sentire, cioè il mettersi in rapporto al mondo mediante le impressioni sensoriali. La sensazione ci dice che nell’ambiente c’è questo o quell’oggetto. E’ irrazionale perché entra in atto senza alcun intervento della ragione, non da giudizi.

l’intuizione  è la funzione che permette di prevedere tramite procedimento logico lo sviluppo di relazioni fra gli oggetti, senza che la realtà del momento fornisca elementi sufficienti. E’ la possibilità di avvertire lo svolgimento dei processi. E’irrazionale perché non si esprime tramite giudizi.                  

Ogni funzione può divenire la principale ma le due razionali sono sempre opposte alle due irrazionali. La funzione che viene usata di più è chiamata dominante ed è accompagnata da una funzione compatibile detta ausiliaria. Le funzioni contribuiscono a formare i tipi psicologici che sono microscopicamente divisi in:

introverso: proiettato verso l’interno, il Sé, il proprio intimo

estroverso: proiettato verso l’esterno, il sociale

L’IO

Per Io Jung intende un complesso di rappresentazioni che costituisce il centro del campo del conscio e in cui l’uomo stesso realizza il vissuto della propria complessità. L’Io è l’istanza che media il conflitto fra conscio e inconscio, individuo e collettività, ed è perciò una funzione della personalità. Jung parla anche di complesso dell’IO  o complesso egoico,  sia come di uno contenuto che di una condizione del conscio. In tal senso, in  “TIPI PSICOLOGICI” Jung dice che l’Io è: “complesso di rappresentazioni che costituisce il centro del campo della coscienza, di cui rappresenta non tanto un contenuto, quanto una condizione. Non è identico alla totalità della psiche ma è solo un complesso fra tanti complessi. Distinguo fra l’Io e il Sé, in quanto l’Io è solo il soggetto della coscienza, mentre il Sé è il soggetto della psiche totale, quindi anche di quella inconscia. Il Sé è una totalità che include l’Io. Questa istanza è interdipendente con la coscienza, non si può prendere coscienza se non c’è un Io che prende consapevolezza.” Jung afferma anche che la coscienza non coincide con l’Io, ma l’individuo spesso rischia di assimilare le altre strutture della psiche, ad esempio identificandosi con l’Io. L’Io ha due basi apparentemente distinte: la prima somatica, la seconda psichica. Riguardo alla prima l’Io si s’instaura a partire dall’”urto” con il somatico e attraverso altre collisioni con il mondo esterno e interno: l’Io ha funzione mediatrice fra mondo interno, mondo esterno e realtà psichica. L’Io può essere considerato infine sotto tre aspetti:

  • come funzione delle personalità totale: e mediatore di conflitti
  • come termine di situazioni conflittuali
  • come decidente in tutti i conflitti

LA PSICOTERAPIA ANALITICA: ALCUNE NOTE

La finalità della psicoterapia è quella di separare all’interno dei complessi gli aspetti personali da quelli transpersonali, con lo scopo di ristabilire un equilibrio psichico della personalità cosciente ed aprire la possibilità di un confronto con le immagini oggettive.

Infatti la prima immagine che arriva al soggetto è quella della coppia divina, del padre e della madre archetipica e poi con il progredire della coscienza, l’immagine del padre e della madre reali. Questo tipo di processo conoscitivo significa per l’uomo sollevarsi al di sopra di se stesso, significa la morte della sua natura personale e la sua rinascita in una  nuova sfera. Per intraprendere questo processo sono necessari un Io e una coscienza sufficientemente maturi e ampi. Tale processo porta all’individuazione e alla realizzazione del Sé, per cui i contenuti psichici sono una costruzione sensata ed opportuna; il Sé è il centro della psiche e l’Io cerca di seguire questa linea che emerge dai contenuti inconsci.

L’Io attraverso la presa di coscienza consente di tradurre le immagini provenienti dall’inconscio, in un ordine significante per l’individuo. Nella coscienza i complessi, anche quelli rimossi diventano correggibili, perdono il loro carattere automatico e possono essere radicalmente  trasformati. La rimozione, nel processo terapeutico opera fino a che la coscienza è pronta a venire in contatto con gli elementi rimossi.

Infine, lo scopo della psicoterapia analitica è quello di favorire il processo di individuazione ossia, mediante la conoscenza e l’autoriflessione divenire ciò che si è.

BIBLIOGRAFIA

  • LA LIBIDO: SIMBOLI DELLA TRASFORMAZIONE DI C. G. JUNG
  • I TIPI PSICOLOGICI DI C. G. JUNG
  • L’IO E L’INCONSCIO DI C. G. JUNG
  • LA DIMENSIONE PSICHICA DI C. G. JUNG
  • LA PSICOLOGIA DI C. G. JUNG DI J JACOBI

Autore: Morena Romano