Le Tecniche dell’approccio Cognitivo Comportamentale per la gestione dei Disturbi d’Ansia

La psicoterapia cognitivo-comportamentale (Cognitive Behavioral Therapy, CBT) si è diffusa ed affermata come il trattamento psicologico di maggior efficacia per la cura dei disturbi d’ansia e dei disturbi ossessivi. Le tecniche di cui si avvale sono in grado di ottenere significativi miglioramenti della sintomatologia dei pazienti, mantenendo tale risultato per almeno i due anni successivi dalla conclusione del trattamento.

Quali sono le principali tecniche di cui si avvale questo approccio nella gestione dei sintomi ansiosi e fobici?

L’intervento impostato con il metodo della CBT si compone della integrazione di vari elementi: il primo di questi, successivo ad una diagnosi chiara e correttamente formulata e propedeutico all’applicazione delle tecniche, è la psicoeducazione che consiste in una presentazione didattica al paziente di informazioni circa la natura e la fisiologia dell’attacco di panico e dell’ansia.
Un ulteriore elemento è dato dal monitoraggio dei sintomi: il paziente è istruito dallo specialista a riconoscere correttamente i sintomi specifici della propria ansia o del proprio attacco di panico, le situazioni eventualmente ad esso collegate (nel caso, ad esempio, in cui siano presenti attacchi di panico scatenati e dipendenti da un contesto situazionale) e i comportamenti funzionali o disfunzionali da lui messi in atto per fronteggiare il malessere.

Al fine di ridurre l’attivazione fisiologica dell’arousal ansioso, è possibile agire sui correlati somatici dell’emozione dell’ansia avvalendosi di diverse tecniche di rilassamento corporeo, che includono la tecnica del respiro lento, gli esercizi di rilassamento muscolare isometrico e i training di rilassamento (Training Muscolare Progressivo di Jacobson e Training Autogeno di Shultz).

Tramite il Biofeedback, con il quale si traducono in segnali computerizzati alcuni parametri fisiologici specifici, quali la frequenza cardiaca e la conduttanza cutanea, si insegna al paziente il monitoraggio e la modifica delle proprie risposte fisiologiche.
Di dimostrata efficacia si sono inoltre dimostrate le pratiche meditative, come la Mindfulness, volte ad incrementare la consapevolezza di sé.

Le tecniche cognitive, ovvero la ristrutturazione cognitiva dei pensieri disfunzionali, sono finalizzate alla modulazione e modificazione di interpretazioni “catastrofiche” relative ai sintomi del panico e dell’ansia, tramite un rigoroso esame di realtà ed una discussione con il paziente circa la fondatezza di tali assunzioni erronee e fonte di sofferenza soggettiva.

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Rimodulare la rappresentazione del danno vuol dire, in primo luogo, ridurre la stima della probabilità che si realizzi. Quando temiamo qualcosa tendiamo anche ad aspettarcela come più probabile di quanto poi di fatto è. Nei disturbi d’ansia l’evento temuto è visto con una probabilità molto elevata di accadimento: chi ha paura di volare, ad esempio, sa teoricamente che il trasporto aereo è più sicuro di altre modalità di spostamento, ma nonostante questo, quando si tratta di prendere l’aereo, è assolutamente convinto che la probabilità che il suo aereo cada è molto vicina al 100%. L’ossessivo che si lava ripetutamente le mani per il timore di contagiare gli altri vede questa possibilità come molto vicina alla certezza e per questo il suo comportamento è, dal suo punto di vista, tutt’altro che eccessivo.

Soffermare l’attenzione su questa stima errata non è risolutivo dell’ansia, ma aiuta il paziente a ridimensionarne l’intensità, valutando criticamente l’improbabilità che l’evento temuto si realizzi.
A questo si aggiunge anche la considerazione critica dei comportamenti di evitamento da lui adottati, che consiste in un confronto tra la probabilità effettiva che l’evento temuto si realizzi e le energie spese per tentare di evitarlo.

Altro elemento cui mira la ristrutturazione cognitiva

è la valutazione circa la capacità del soggetto di fronteggiare e di rimediare all’evento temuto: si tratta in pratica di favorire nel paziente una stima più oggettiva circa le sue capacità di affrontare e gestire l’evento temuto, aiutandolo nell’individuazione delle risorse a sua disposizione.

Chiaramente ciò non si riduce né è assimilabile ad un generico incoraggiamento, ma consiste nel favorire un’elaborazione di piani d’azione concreti, in cui il paziente elabori strategie percorribili per fronteggiare l’evento, tramite anche l’analisi di ciò che lui stesso ha fatto in passato di fronte ad eventi analoghi o di cosa si è rivelato efficace, nelle stesse situazioni, tra le soluzioni adottate dalle persone da lui conosciute.

Un aspetto incisivo per la riduzione dell’ansia è la presa di coscienza che si può essere in grado di sapere cosa fare se la situazione temuta si dovesse effettivamente verificare, quindi in questo modo il margine di imprevedibilità della situazione si riduce.

Oltre al lavoro sui contenuti cognitivi, un importantissimo elemento dell’intervento riguarda l’applicazione delle tecniche comportamentali che consistono sostanzialmente nelle esposizioni agli stimoli interni temuti e vissuti come minacciosi nel panico (ad esempio la tachicardia): in questo caso si parla di esposizione enterocettiva. L’esposizione può essere inoltre fatta alle situazioni esterne temute ed evitate (es: la metropolitana, il viaggiare in treno ecc.): in questo caso si tratta dell’esposizione in vivo.
Seguendo i principi della gradualità e della progressività, il paziente viene esposto ad una gerarchia di situazioni ansiogene, precedentemente costruita con la guida dello specialista, sulla base di ciò che può causargli un grado maggiore o minore di ansia.

Le esposizioni, oltre che in vivo, possono essere fatte anche in immaginazione, oppure tramite supporti computerizzati o scenari di realtà virtuale, soprattutto per quelle situazioni, come il prendere un aereo, per cui non è possibile scomporre il compito in passi più semplici che permettano il suo raggiungimento un passo alla volta.

Seguire questo metodo in maniera corretta permette di eliminare le condotte di evitamento disfunzionali, che possono arrivare a limitare anche gravemente le possibilità di movimento e la libertà personale, potenziando allo stesso tempo i comportamenti adattivi funzionali.

Viene in tal modo anche favorito nel paziente un positivo senso di autoefficacia, contrastando l’impotenza appresa e migliorando il tono dell’umore.

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Nella parte conclusiva dell’intervento si lavora alla prevenzione delle ricadute, con cui si prepara il paziente a riconoscere, e quindi affrontare precocemente ed efficacemente, l’eventuale ripresentarsi dei sintomi ansiosi, tramite l’applicazione delle tecniche di gestione dell’ansia apprese durante il trattamento.

L’integrazione di tali tecniche permette una corretta gestione dell’ansia e degli attacchi di panico, il paziente apprende inoltre ad affrontare in modo funzionale le situazioni prima evitate a causa dell’ansia stessa.

A cura della Dott.ssa Eugenia Ferrovecchio