L’OLFATTO DEL CANE

cane molecolare 2

Benché l’olfatto abbia un ruolo importante nella vita degli esseri umani, è innegabile come negli altri animali sia (o sia rimasto) molto più sviluppato. In alcune specie di farfalle l’odore della femmina può attirare il maschio da molti chilometri di distanza e i salmoni usano l’olfatto per ritrovare le acque in cui sono nati attraversando centinaia e centinaia di chilometri, ma nel nostro immaginario l’emblema della capacità olfattiva è il cane, il cui fiuto può essere sfruttato a nostro vantaggio, anche per scopi investigativi.

Ma perché l’olfatto di Fido e il nostro sono così diversi?

In primis, nel patrimonio genetico sia dell’uomo che del cane esistono 900 geni che codificano recettori olfattivi, ma nella nostra specie la maggior parte di essi è silente, spenta e non va a maturazione (pseudogeni). In secondo luogo, i neuroni olfattivi umani in media hanno 10 ciglia, quelli del cane 100. In terzo luogo, come è intuibile, la canna nasale del cane (col relativo epitelio olfattivo) è molto più estesa di quella umana.
Il cane si ritrova quindi dotato di 300 milioni di recettori olfattivi e l’uomo solo di 6 (parallelamente, la corteccia olfattiva canina occupa il 12,5% della massa totale del cervello dell’animale mentre quella umana ne ricopre appena l’1%).

L’incisività dei numeri potrebbe far apparire quantitativa la differenza tra i nasi delle due specie ma non è affatto così, poiché tra le straordinarie capacità olfattive del cane e le nostre sussistono differenze sia quantitative che qualitative, che rendono il tartufo – è questo il nome esatto del naso del cane – un congegno davvero straordinario. Si pensi anche solo alla sua “architettura”: la forma del tartufo fa sì che l’aria inspirata e l’aria espirata seguano percorsi diversi, per evitare reciproche contaminazioni (l’aria espirata viene convogliata lateralmente rispetto ad ogni narice, mentre l’aria inspirata viene convogliata al centro) e la canna nasale è strutturata in modo da percepire odoranti a diversa volatilità. Inoltre, per quanto riguarda la capacità del cane di seguire le tracce (di una preda in movimento ma non solo), essa è dovuta al fatto che ogni narice canina è deputata alla percezione di una distinta regione spaziale (la destra e la sinistra), per cui il cane localizza immediatamente la provenienza un odore e modifica continuamente la direzione del suo percorso di ricerca in base ad essa (tale attitudine è resa possibile dal fatto che ciascuna delle narici del cane è più piccola della distanza che la separa dall’altra).

Fiuto investigativo

 

In buone condizioni ambientali, un cane riesce ad identificare odori “depositati” fino a sei settimane prima, specialmente nelle prime ore serali.
La razza influenza la capacità olfattiva ed anche la modalità con cui il cane annusa. I cani col muso schiacciato (carlini, pechinesi, boxer, bulldog ecc.) – avendo le vie respiratorie schiacciate – olfattivamente sono meno dotati dei cani equipaggiati di musi più lunghi ed esistono razze a teleolfatto e razze a megaolfatto.
Le razze a teleolfatto (i cani da caccia, ad esempio) annusano, inspirando profondamente, grandi quantità d’aria (i loro seni frontali sono più ampi rispetto a quelli di altre razze) e si addentrano nell’immaginario “cono” dell’odore di interesse, ne seguono l’intensità sempre maggiore e riescono alla fine a localizzare la sua origine (che coincide col punto in cui l’intensità dell’odore è massima). Le razze a megaolfatto (per esempio i famosi bloodhound) effettuano invece annusate brevi e ritmiche alla ricerca di particelle olfattive (sono dotate di seni frontali più piccoli).

Le straordinarie capacità olfattive del cane lo rendono l’aiutante ideale in numerose circostanze, ad esempio nella ricerca di dispersi o di prodotti particolari, si pensi agli stupefacenti, alle banconote o agli esplosivi. Alcuni studi affermano che i cani sono in grado di percepire la presenza di tumori colon-rettali e di altre patologie (sulla base del già citato volaboloma) e questa capacità in futuro potrebbe essere usata proprio a scopo diagnostico.

Oggi abbiamo la possibilità di servirci dell’fiuto del cane nei contesti più vari ma dobbiamo anche ammettere che il lupo – addomesticato in tempi antichissimi, parallelamente, in diverse regioni del globo e diventato così Canis lupus familiaris – ha ricoperto un ruolo molto importante nell’intero corso della civiltà umana. Condividendo pienamente il pensiero del veterinario e scrittore triestino Alessandro Paronuzzi, mi preme aggiungere che, proprio per questo, la nuova civilizzazione auspicata alla fine dell’Ottocento da Victor Hugo («Per prima cosa, fu necessario civilizzare l’uomo in rapporto all’uomo. Ora è necessario civilizzare l’uomo in rapporto alla natura e agli animali») dovrebbe partire proprio dal cane.

A cura della Dott.ssa Ester Belfatto