Psicoterapia: cos’è, a cosa serve e perché farla

Che cos’è la psicoterapia?
La psicoterapia è quel percorso introspettivo in cui una persona, una coppia, una famiglia o un gruppo di persone incontra uno psicoterapeuta con l’obiettivo di superare un blocco interno che impedisce a ciascuno di svolgere una vita completa ed appagante. Può trattarsi di un blocco emotivo che si ripercuote sul piano del comportamento, delle relazioni, del lavoro, ma in ogni caso si tratta di una condizione esistenziale che limita in modo significativo la capacità di utilizzare a pieno le proprie risorse, capacità, potenzialità e quindi soddisfare i bisogni di quella persona.

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A differenza dello stereotipo sociale, però, la psicoterapia non è solo un intervento sul disagio. La psicoterapia è anche una grande opportunità di crescita, è un processo di comprensione di sé, di come si da significato alla realtà e a sé. Ognuno di noi tende infatti a confermare degli schemi mentali interiorizzati su se stessi e gli altri, che attivano dei comportamenti coerenti con questi criteri di valutazione, senza darsi l’opportunità di cogliere il significato autentico di quello che si prova veramente. Si tende dunque ad attivare dei modi di fare automatici come frutto di pensieri automatici che possono limitare il modo di rapportarsi a sé, alla vita, agli altri.
Aspettarsi, ad esempio, che si verrà sempre delusi dagli altri, porta ad adottare un comportameto difensivo che tenderà ad evitare l’Altro o ad attaccarlo, proprio perché di base c’è una visione negativa di chi ci circonda. Questo provocherà probabilmente delle reazioni negative da parte dell’interlocutore, confermando l’idea di non potersi fidare dell’Altro.
Comprendere questi schemi aiuta a mettere in discussione il proprio modo di vedere e agire che spesso può essere motivo di disagio e malessere. Un proficuo percorso di psicoterapia permette così di sviluppare una maggiore consapevolezza del proprio modo di essere e di funzionare. Di conseguenza si diventa capaci di operare scelte coraggiose verso la propria autentica realizzazione, personale, affettiva, sociale, lavorativa. Si tratta cioè di un potenziamento di se stessi oltre che di un superamento di problemi.

Ma chi è lo psicoterapeuta?

Lo psicoterapeuta è un medico o psicologo, che, ha sostenuto uno specifico Esame di Stato, necessario per essere abilitato all’esercizio della Professione di Medico o Psicologo, ha effettuato l’iscrizione presso il relativo Albo Professionale, e ha poi conseguito una specializzazione post universitaria in Psicoterapia di 4 o 5 anni, presso una Scuola di Specializzazione pubblica (universitaria) o privata riconosciuta dal Ministero dell’Università. In Italia l’attività dello psicoterapeuta è regolamentata ex art. 3 della Legge n° 56 del 18 febbraio 1989 (Ordinamento della professione di psicologo).

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Che strumenti di lavoro usa uno psicoterapeuta?

Le tecniche di un intervento psicoterapeutico variano in base al modello teorico di riferimento (cognitivo-comportamentale, focalizzato sulla comprensione e mobilitazione di pensieri e comportamenti, familiare incentrato sulla esplorazione del rapporto con le figure affettive di riferimento, psicoanalitico basato sull’analisi dei contenuti inconsci.. ) ma tutte hanno lo scopo di comprendere e superare disagi di origine psichica mediante il colloquio, la parola. A questo scopo la psicoterapia si avvale di conoscenze teoriche e pratiche maturate in seno alla Psicologia. Le conoscenze teoriche riguardano la comprensione del funzionamento dell’essere umano dal punto di vista psicologico. Le conoscenze pratiche rappresentano invece gli strumenti di intervento veri e propri, come ad esempio l’analisi dei sogni, l’ipnosi, l’intervento paradossale, il colloquio. Le conoscenze teoriche sono la Mappa, le conoscenze pratiche permettono di viaggiare concretamente nel Territorio.

Quando si va in terapia psicologica?

Quando qualcuno arriva in terapia spontaneamente, o trascinato dai parenti, l’elemento comune è che il suo comportamento, le sue sensazioni, i suoi pensieri e le sue percezioni sono diventate inappropriate. E non capisce perché si senta così arrabbiato, depresso, così ossessionato da abitudini o rituali giornalieri, o così impaurito dal nulla. Dice di sentirsi inutile, che lo odiano, che nessuna donna può volergli bene, oppure che tutte le donne lo amano. Magari sta rovinandosi la vita abusando di sostanze o gioco d’azzardo nonostante il suo desiderio di smettere, oppure si lava le mani fino a rovinarsele, perfettamente cosciente di quanto tutto ciò sia senza senso e distruttivo. Potrebbe picchiare a sangue la moglie o la fidanzata giurando però di amarla. Allontana da sé le persone con i suoi atteggiamenti arroganti e orgogliosi, si rovina da solo tutte le chance di successo sociale e professionale, eppure è il primo a notare negli altri questi schemi così distruttivi. Si lascia coinvolgere in una relazione masochistica, ogni volta soffrendo gli abusi e l’insensibilità del partner, giurando di non rifare mai più quell’errore. Oppure inizia a sviluppare asma, gastrite, acne, nonostante le analisi mediche dicono che sta benissimo dal punto di vista organico. O ancora è colto all’improvviso dai sudori freddi, il cuore inizia ad accelerare quando si trova di fronte alla porta di un ascensore. Eppure sa benissimo quanto sicuri sono gli ascensori e che, infatti, ha più probabilità di scivolare e farsi male entrando in una vasca da bagno.
Queste persone non capiscono cos’è che fa mettere loro in atto questi comportamenti, sentire queste sensazioni e assumere questi punti di vista. Sono consapevoli di essere infelici, anzi spesso sono più che intelligenti per rendersi conto che tutto ciò non ha senso, ma per qualche ragione non riescono a cambiare.

Lo stesso si applica alle coppie rissose, o ai bambini e agli adolescenti che sembrano divertirsi con i loro comportamenti disfunzionali. L’adolescente che ruba e si fa continuamente di canne e amfetamine di solito lo capisce, ma siccome ciò lo fa stare bene in quel momento, la sua vita inizia a ruotare esclusivamente attorno a quello. E questo gli impedisce di fare altre cose e di costruire alcunché nella vita – anche se difficilmente si riesce a farglielo ammettere apertamente.
Ma perché se tutti intorno riescono a vedere che l’amico depresso non ha nulla di cui essere depresso, oppure che quell’uomo timido, cauto e riservato è diventato così perché è cresciuto con quel genitore così intollerante e volubile, o che l’adolescente che si ubriaca ogni sera si fa del male da solo, loro sembrano non vederlo?

La risposta più breve è che non possono.

L’amico depresso è bloccato nella sua depressione perché, che si possa crederlo o meno, è più facile sentirsi depresso che affrontare ciò che fa male. È più facile credere che tutto di sé sia inutile e sbagliato, anche se la realtà grida il contrario, che guardare in faccia ciò che sta accadendo. Questo è il motivo per cui la depressione sembra così irrazionale: perché è una rinuncia, una distrazione rispetto a qualcos’altro. Per questo restiamo a bocca aperta se quell’uomo attraente, così pieno di talento e di successo piagnucola, lamentandosi che non ha nulla e che non vale nulla. Allo stesso modo, la donna bella e intelligente che s’impelaga con un uomo disonesto e inaffidabile dopo l’altro preferisce questo, sebbene inconsapevolmente, al sentire e riconoscere l’insoddisfazione più profonda verso se stessa e la sua vita.
Molte volte le persone preferiscono vivere una vita di basso profilo, al di sotto delle proprie possibilità, piuttosto che affrontare sensazioni potenti come la rabbia, il dolore o la paura.
È evidente che questi veri e propri autoinganni disfunzionali non sono stabiliti di proposito dalla persona, ma originati inconsapevolmente, negli anni, attraverso interazioni e comunicazioni verbali e non verbali a cui ci si è abituati.

È questa inconsapevolezza che la terapia cerca di rischiarare. Ciò avviane senza strani metodi esoterici, mistici o indefinibili, ma tramite un dialogo profondo che guardi al sintomo come ad una occasione di cambiamento.

Quella cefalea che non va via, o l’abbuffarsi di cibo, piuttosto che il non riuscire a stare serenamente in mezzo agli altri, ci stanno dicendo che ci sono emozioni che non stiamo ascoltando e bisogni che non stiamo esprimendo.

Comportamenti apparentemente insensati dicono che ci sono stati d’animo sospesi che sono ancora più dolorosi di quei comportamenti e che si preferisce “coprire” con altre “azioni” che, seppur logoranti, sono sempre meno difficili da tollerare rispetto al vero problema.

Ma così esso non viene risolto, anzi. E’ per questo che esiste la psicoterapia.

A cura della dott.ssa Francesca Romana D’Angelo