24 Gennaio: Giornata Internazionale dell’Educazione

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L’educazione è un diritto fondamentale per tutti e un elemento chiave per uno sviluppo sostenibile e inclusivo. La Giornata Internazionale dell’Educazione è l’occasione per riflettere su come l’educazione possa aiutare a costruire un futuro migliore per tutti e per richiamare l’attenzione sui problemi che impediscono a milioni di persone di accedere all’istruzione.

La storia della Giornata Internazionale dell’Educazione

La Giornata Internazionale dell’Educazione è stata istituita dall’UNESCO nel 1994 per celebrare l’importanza dell’educazione. L’idea di celebrare una giornata mondiale dell’educazione è nata durante la Conferenza Generale dell’UNESCO del 1990, dove i rappresentanti di 155 paesi si sono incontrati per discutere su come promuovere e garantire a tutti l’accesso all’istruzione.

La prima celebrazione della Giornata Mondiale dell’Educazione è stata nel 1994, con l’obiettivo di promuovere l’educazione come un diritto umano fondamentale e un mezzo fondamentale per lo sviluppo personale, sociale e economico. L’UNESCO ha continuato a celebrare questa giornata ogni anno, con temi specifici per ogni celebrazione, per richiamare l’attenzione su questioni specifiche legate all’educazione e incoraggiare le azioni per il cambiamento.

Diritto all’educazione: dati dal mondo

Il diritto all’istruzione è sancito dall’articolo 26 della Dichiarazione universale dei diritti umani. La dichiarazione richiede “un’istruzione elementare gratuita e obbligatoria”. La Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, adottata nel 1989, stabilisce inoltre che i Paesi devono rendere accessibile a tutti l’istruzione superiore.

Tuttavia, secondo le stime più recenti (2020) dell’UNESCO, nel mondo sono circa 261 milioni i bambini e giovani che non hanno accesso ad alcuna forma di istruzione primaria o secondaria, e circa 774 milioni gli adulti analfabeti nel mondo.

Oltre il 75% degli adulti analfabeti si trova nelle regioni dell’Asia Meridionale, dell’Asia Occidentale e dell’Africa Subsahariana, e le donne rappresentano quasi i due terzi di tutti gli adulti analfabeti a livello globale.

È importante notare, però, che in molte zone del mondo la raccolta di dati riguardanti l’alfabetizzazione e l’accesso all’istruzione è complessa (se non impossibile) e le statistiche reali potrebbero, quindi, essere ancora più allarmanti.

La situazione in Italia

In Italia, sono previsti 10 anni di istruzione gratuita e obbligatoria (la cosiddetta “Scuola dell’obbligo”) per i minori tra i 6 e i 16 anni di età. Il diritto all’istruzione risulta, quindi, garantito; tuttavia, alcune fasce della popolazione si trovano ancora in una situazione di vulnerabilità.

Secondo i dati Istat, gli adulti analfabeti in Italia sono poco più di 300mila persone, mentre gli alfabeti privi di titolo di studio superano i 2 milioni. Bisogna considerare, tuttavia, anche il fenomeno dell’analfabetismo funzionale, definito come “l’incapacità di comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere da testi scritti per intervenire attivamente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità”. In questo caso, secondo un’indagine condotta dal’OCSE nel 2012-2013, il 27,7% della popolazione italiana riscontrerebbe importanti lacune nelle competenze legate alla lettura.

L’analfabetismo funzionale rappresenta un problema di notevole importanza non solo per l’individuo, ma anche per la società nel suo complesso. Infatti, l’incapacità di utilizzare competenze di lettura, scrittura e calcolo nella vita quotidiana rende le persone più vulnerabili di fronte ad azioni di disinformazione (volontaria e non) e maggiormente propense alla diffusione di notizie non verificate, generando possibili conseguenze anche gravi per la sicurezza e la salute pubblica.

Abbandono scolastico

Un altro fenomeno preoccupante è quello dell’abbandono scolastico, l’uscita dal percorso d’istruzione secondaria prima di aver ottenuto concluso gli studi di secondo grado (ovvero prima di aver conseguito un diploma). In Italia, dati ISTAT relativi al 2020 riportano come la quota di giovani che hanno abbandonato gli studi precocemente (anche detti “ELET”, “Early Leavers from Education and Training”) è pari al 13,1%, per un totale di circa 543mila giovani.

Si tratta di un dato in leggero calo rispetto all’anno precedente, ma comunque di alcuni punti superiore alla media dell’Unione Europea (9,9%) e al target fissato per il 2030 (9%). L’Italia si colloca, così, negli ultimi posti della “classifica”, sopra soltanto a Malta (16,7%), Spagna (16%) e Romania (15,6%).

Più che il dato in sé, tuttavia, ad allarmare è la distribuzione del fenomeno e le importanti differenze riscontrate tra le diverse regioni. Se, infatti, 5 regioni (Abruzzo, Friuli-Venezia Giulia, Molise, Emilia Romagna e Marche) si collocano già al di sotto della media UE, il tasso di abbandono scolastico sale anche oltre il 15% in Puglia, Calabria e Campania e raggiunge il 19,40% in Sicilia, mettendo in luce ancora una volta le disuguaglianze e le criticità a livello locale e regionale.

Per approfondire

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