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L’affido familiare e l’adozione

L’affidamento familiare

L’affidamento familiare consiste in uno strumento per superare le difficoltà temporanee della famiglia d’origine. Possiamo dire che consiste quindi nell’inserimento del minore presso un’altra famiglia che se ne prenderà cura per un determinato periodo di tempo. Gli affidatari possono essere coppie, con o senza figli, o anche persone single. Ma la legge prevede di dare la preferenza, a parità di altre condizioni, ad una famiglia affidataria con figli minori. La caratteristica fondamentale dell’affidamento familiare sta nel fatto che il minore pur entrando a far parte di una nuova famiglia mantiene il legame con quella di origine, per quanto sia possibile sia dal lato affettivo e relazionale sia da quello formale anagrafico. Non prevede quindi un cambiamento nello stato giuridico del minore e dei suoi genitori naturali.

L’affidamento familiare ha carattere temporaneo e la durata è valutata in base alle singole situazioni, a seconda del tempo necessario per superare le difficoltà che impediscono alla famiglia di occuparsi del proprio figlio. La legge prevede un periodo massimo di due anni prorogabili solo con provvedimento da parte del Tribunale per i minorenni.

Può essere inoltre consensuale o giudiziale. Consensuale quando i genitori sono concorsi con il provvedimento, che in questo caso spetta al Servizio Sociale redigere e che viene poi convalidato successivamente dal giudice tutelare. Giudiziale quando non vi è il consenso dei genitori o di chi esercita la responsabilità genitoriale.

L’affido può essere a tempo pieno, parziale oppure diurno:

  • L’affido residenziale o a tempo pieno consiste quando il minore trascorre con gli affidatari giorno e notte ma mantiene comunque rapporti con la sua famiglia d’origine. In genere si parla di affido residenziale quando sono comprese almeno cinque notti a settimana con esclusione di periodi di interruzione previsti dal progetto.
  • L’affido a tempo parziale quando il minore è affidato per parte della settimana ad un altro nucleo familiare.
  • L’affido diurno quando il minore trascorre solo parte della giornata con la famiglia affidataria ma la sera ritorna a casa dei suoi genitori biologici.

Poi abbiamo l’affido a breve termine che è una forma di affido che normalmente non dura più di qualche giorno o settimana e riguarda solitamente i bambini piccolissimi o comunque coloro al di sotto dei 6 anni, questo quando si può prevedere una collocazione del minore in tempi molto rapidi. Poi ancora abbiamo l’affido di emergenza, come possiamo immaginare dalla parola, dura solo qualche giorno e prevede la disponibilità immediata di accogliere nella propria abitazione bambini che per gravi motivi si ritrovano a vivere situazioni di pericolo.

Un’ulteriore distinzione che per sua natura è peculiare dell’affido è quella tra l’affido etero-familiare e l’affido intra-familiare. Nel primo caso il minore viene affidato a terzi che non hanno legami di parentela con la sua famiglia d’origine. Mentre nel secondo caso il bambino o il ragazzo viene affidato all’interno della rete parentale naturale qualora si verifichi l’esistenza di un legame affettivamente significativo tra esso e i parenti interessati. Dal punto di vista giuridico possiamo dire che l’affidamento intra-familiare, effettuato presso parenti entro il quarto grado, non è considerato un affidamento vero e proprio. Sarebbe bene anche offrire ai parenti affidatari la possibilità di accedere ad iniziative e prestazioni di sostegno.

I principali elementi da valutare in base alle persone che si troveranno ad essere gli affidatari sono:

  • il luogo di residenza, che possibilmente di norma, dovrà essere quello più vicino alla residenza del bambino;
  • le caratteristiche della famiglia in rapporto alla quotidianità, ossia figli, età, tipo magari e di orari di lavoro, il ritmo di vita di ciascuno di noi l’organizzazione della propria giornata;
  • il consenso di tutti i membri della famiglia al progetto di affido. Perché questa decisione fa riflettere e dev’essere una decisione condivisa e responsabile;
  • la motivazione, ossia il desiderio di realizzare un affido familiare e non una adozione. Quindi la famiglia deve essere consapevole che l’affido non è unicamente centrato sul bambino, ma fa parte di un progetto di aiuto, anche per il suo nucleo familiare;
  • la disponibilità ad accettare il minore accolto quindi per ciò che è, per la sua individualità, per la sua storia, con le sue abitudini, con la sua diversità. La disponibilità ad accettare la famiglia di origine quindi a conoscerla ad entrare in contatto con loro;
  • se ci sono figli naturali è bene che la differenza generazionale sia compatibile e adeguata allo specifico progetto di affido.

L’abbinamento del minore con la famiglia affidataria non è però sempre un’operazione semplice perché a volte si hanno esigenze incompatibili con le proprie. Ove non è possibile l’affidamento è consentito l’inserimento del minore presso una comunità di tipo familiare che abbia sede, preferibilmente, nel luogo più vicino a quello dove risiede il nucleo familiare d’origine. I genitori affidatari si trovano a svolgere un compito molto importante e complicato allo stesso tempo per il minore, infatti oltre a garantirgli una situazione di stabilità familiare, essi devono cercare di facilitare i rapporti tra il minore stesso e la sua famiglia d’origine (un pò come una sorta di ponte possiamo dire). L’obiettivo dell’affidamento quindi è quello di un reinserimento del minore nella sua famiglia d’origine, una volta risolti i problemi che lo hanno portato appunto ad allontanare. Ecco possiamo riassumere l’affido appunto con le iniziali di questo sostantivo ossia:

  • Accoglienza
  • Famiglia
  • Fiducia
  • Incontro
  • Disponibilità
  • Ospitalità.

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