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L’Assistente di Infanzia: Profilo professionale, formazione e sbocchi occupazionali

In questa prima lezione parleremo del profilo professionale dell’assistente di infanzia, della formazione e dei possibili sbocchi occupazionali.

Per prima cosa dobbiamo definire l’infanzia. A che cosa ci riferiamo quando parliamo di infanzia? Il termine infanzia deriva dal latino infans. Nasce quindi ad indicare colui che è muto impossibilitato a parlare. Il termine infanzia nasce quindi per indicare il periodo di vita in cui il bambino non è ancora capace di parlare. In passato infatti quindi il termine si riferisce esclusivamente alla fascia d’età con cui oggi definiamo la prima infanzia. Soltanto successivamente, per estensione, questo termine ha assunto anche il significato di periodo di vita di un individuo fino all’insorgenza dei primi segni della pubertà. Il periodo dell’infanzia sappiamo oggi che dura infatti all’incirca dalla nascita fino ai 10 anni, a parte naturalmente le differenze individuali. Solitamente si distingue fra tre periodi:

  • la prima infanzia;
  • la seconda infanzia;
  • la terza infanzia

e si riferiscono a fasce d’età diverse.

La prima infanzia dai zero ai due anni circa; la seconda infanzia dai 3 ai 5 anni circa e la terza infanzia dai 6 ai 10.

L’infanzia, per sua stessa natura, richiede alla società (oggi soprattutto) una serie – in continua crescita – di servizi per l’infanzia per tutelare il benessere e lo sviluppo del bambino in assenza dei genitori lì dove, appunto, i genitori sono obbligati ad allontanarsi dal bambino (per esempio per il lavoro). Quindi si necessita di operatori che mettono a frutto sia il proprio carisma che le competenze e possano riversarsi in strutture che dedichino le loro energie alla tutela e alla crescita dei bimbi di età prescolare ma anche di età scolare, quindi parliamo di carisma e di competenze parliamo quindi di attitudine personale a cui, per forza di cose, per fare dell’operatore un bravo operatore competente dovrà aggiungersi la formazione lì dove per formazione parliamo di – sia un percorso di formazione teorico – sia di esperienza di formazione pratica.

L’Assistente di infanzia è colui che si occupa di assistere intrattenere i bambini presso strutture pubbliche o private. Questa figura professionale opera nel campo dei servizi socio-educativi e ricreativi per l’infanzia. L’Assistente di infanzia sarà capace di progettare e realizzare (in collaborazione con altre figure professionali, quindi parleremo dell’importanza del lavoro di équipe) iniziative finalizzate alla socializzazione, allo sviluppo delle capacità creative nel bambino, a favorire lo sviluppo del bambino in tutti i suoi aspetti. L’Assistente di infanzia opera in costante rapporto con la famiglia del bambino e in collegamento con le altre istituzioni sociali ed educative del territorio.

Tra le mansioni dell’assistente di infanzia rientrano:

  • individuare e soddisfare i bisogni primari del bambino;
  • adottare l’approccio relazionale più adatto che sarà diverso da bambino a bambino;
  • prevenire e affrontare situazioni di rischio che potrebbero coinvolgere i piccoli assistiti;
  • prestare loro assistenza;
  • sostenere nell’attività psico pedagogica bambini con abilità diverse;
  • cooperare all’interno di un gruppo multidisciplinare e relazionarsi correttamente con gli altri operatori.

L’operatore per l’infanzia dovrà conoscere:

  • la normativa legata alla gestione dei servizi per l’infanzia che sarà differente da regione a regione;
  • le tecniche di animazione e di attività ludica;
  • la progettazione di attività educative e le dinamiche di gruppo.

Deve inoltre:

  • essere in grado di lavorare in équipe;
  • collaborare con le famiglie;
  • avere nozioni di psicologia dell’età evolutiva, pedagogia, igiene, alimentazione, sicurezza e primo soccorso pediatrico;
  • dovrà essere capace di relazionarsi con i bambini;
  • capacità di conoscersi in tutti gli aspetti;
  • di comprenderli in tutta la loro complessità e dinamicità del loro sviluppo;
  • di accoglierli nella propria mente la capacità empatica;
  • di far loro sentire che c’è un adulto che è capace di cogliere i loro segnali e di rispondere con sollecitudine e partecipazione e continuità.

Questa è la base sicura, una figura che sarà capace di sostituirsi alla figura di accudimento primaria (quale la mamma per esempio) comunque le figure genitoriali ne parleremo ampliamente.

La capacità di progettare un ambiente formativo che risponda alle esigenze del bambino e ai suoi ritmi di sviluppo; la capacità di relazionare sia con i colleghi, in un rapporto di reciproco confronto e supporto in tutti i momenti della progettazione della realizzazione dell’attività didattica, sia anche con i genitori e con la famiglia dei bambini.

La capacità di relazionarsi con i genitori non è facile. Il rapporto con i genitori è molto complesso perché si pone a vari livelli da quello più esplicito e controllabile sul piano comportamentale, a quello inconsapevole, inconscio, di fantasie profonde, di aspettative, di immagini e rappresentazioni che i genitori e gli educatori hanno gli uni degli altri.

La capacità di relazionarsi con i genitori è fondamentale. Inizia già dal primo contatto con i genitori dai primi colloqui per poi continuare con l’inserimento. Con l’inserimento, il genitore ha un modo privilegiato di entrare a far parte con la struttura che accoglierà il suo bambino attraverso un rito quotidiano (per esempio potrà passare alcuni momenti della giornata con il suo bambino aspettare prima di andarsene per rendere meno traumatico il momento del distacco). Starà all’assistente di infanzia/all’operatore/all’educatore accompagnare questo rito, osservare il suo modo di giocare il suo comportamento nel nuovo ambiente, le sue reazioni e il rapporto con i suoi compagni.

E’ importantissimo dare questa possibilità al genitore che ci lascerà il bambino.

Quindi l’Assistente di infanzia dovrà:

  • essere capace di assumere un atteggiamento di apertura comunicativa e di disponibilità;
  • di rispettare e valorizzare l’identità familiare del bambino;
  • soddisfare quindi anche i bisogni dei genitori e non solo quelli dei bambini;
  • dovrà tenere al corrente la famiglia dello sviluppo del bambino
  • e creare un rapporto di empatia attraverso la comunicazione non verbale.

Per diventare operatore per l’infanzia occorre formazione, quindi, non soltanto attitudine personale/carisma ma formazione ed è possibile seguire diversi percorsi formativi. Dopo la scuola dell’obbligo si possono frequentare diversi percorsi di formazione. Possiamo trovare diversi corsi con titoli diversi (operatore familiare per l’infanzia, assistente di infanzia, animatore sociale, animatore di comunità, animatore di ludoteca e così via). Tutti questi corsi, qualunque sia il titolo con cui vengono proposti, sono tutti corsi privati e hanno tutti un valore privato. Chi avrà un diploma privato potrà lavorare in strutture private o anche pubbliche che per esempio lavorano con aziende e cooperative attraverso appunto gli appalti, sono quindi gestite da aziende private. A livello universitario per diventare appunto educatore, potrà quindi prendere la laurea in Scienze dell’Educazione. Attualmente i titoli pubblici riconosciuti sono anche la laurea in psicologia e in Scienze della formazione e dell’educazione. Ovviamente il tutto sarà poi legato alle evoluzioni legislative e bisogna essere sempre aggiornati sugli aspetti appunto legislativi.

L’attestato di assistente di infanzia è riconosciuto ed apprezzato nel settore del privato sociale. E’ un importante biglietto da visita per tutte le strutture assistenziali private che si occupano di minori.

L’attestato di IGEA non dà diritto a partecipare ai concorsi, all’accesso alle strutture assistenziali pubbliche. E’ possibile questo, per esempio, soltanto attraverso l’ingresso in cooperative sociali convenzionate con le diverse ASL; in aziende che appaltano e quindi si occupano attraverso gli appalti di gestire delle strutture pubbliche.

Alcuni esempi di strutture che si occupano di infanzia sono:

  • i centri di accoglienza per i minori; le comunità alloggio;
  • le case famiglia;
  • i centri per l’affido e l’adozione familiare;
  • gli asili nido;
  • le scuole materne;
  • i centri per l’infanzia;
  • le ludoteche;
  • i servizi educativi;
  • le colonie e i centri estivi;
  • i reparti pediatrici ospedalieri e tanti altri.

Non bisogna quindi ridurre il lavoro dell’assistente di infanzia ai soli asili nido. Questo porterebbe sicuramente ad una insoddisfazione professionale e personale. C’è tutta una vasta gamma di servizi per l’infanzia in cui poter trovare impiego e in cui anche essere promotori e quindi investire.

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