Cicatrici nascoste: dal trauma infantile al comportamento criminale

a cura della dott.ssa Sharon Ostento

Abstract

Il presente articolo si propone di esaminare il legame profondo e intricato tra il trauma infantile e il comportamento criminale, gettando luce sulle cicatrici, spesso nascoste, che queste esperienze possono lasciare nell’individuo fino all’età adulta. Introducendo la criminologia come campo di studio interdisciplinare, si sottolinea l’importanza di comprendere le radici più profonde della devianza umana, andando oltre la mera classificazione dei reati.

Attraverso un’analisi approfondita, emergono le origini e le motivazioni dei comportamenti criminali, evidenziando l’interazione complessa tra ambiente, contesto individuale ed esperienze traumatiche. Si presta particolare attenzione al trauma infantile, esaminandone le diverse forme e l’importante impatto sul comportamento futuro dell’individuo, il quale è influenzato dalle relazioni interpersonali e dagli attaccamenti nei primi anni di vita. Si sottolinea come dinamiche familiari disfunzionali ed eventi traumatici possano influenzare la formazione della personalità e predisporre all’insorgere di comportamenti devianti o violenti in età adulta. Attraverso casi emblematici come quelli di Dahmer e Kemper, vengono illustrati i legami tra traumi infantili, contesto familiare e sviluppo di serial killer, offrendo insight significativi sull’impatto delle esperienze precoci sulla futura condotta criminale.

Introduzione

“Le persone traumatizzate alternano tra il congelamento delle loro emozioni e il rivissuto costante dell’abuso” – Judith Lewis Herman

Prima di immergerci nel complesso mondo del comportamento criminale come conseguenza del trauma infantile, è importante gettare uno sguardo sulla vasta disciplina della criminologia e sul suo ruolo nell’analisi di tali fenomeni. La criminologia, nata nel fervore intellettuale del diciannovesimo secolo in Italia, rappresenta un campo di studio interdisciplinare che va oltre la mera catalogazione dei reati. Si addentra nel cuore pulsante della società, indagando sulle radici della criminalità e della devianza, esplorando le dinamiche tra autori e vittime, e scrutando le reazioni della società a tali eventi. Guidata dalle menti illuminate di Cesare Lombroso e Raffaele Garofalo, la criminologia si evolve come un intricato intreccio di prospettive, coinvolgendo discipline quali psicologia, diritto, sociologia, psichiatria e neuroscienze. Questa sinfonia di conoscenze converge nell’analisi dei reati, ma va oltre, proponendo strategie innovative per la prevenzione, il trattamento e il controllo della criminalità. Tuttavia, la criminologia è più di un’analisi scientifica del crimine; è un invito a comprendere la complessità della natura umana, sia nelle sue manifestazioni sociali che nei suoi aspetti morali. (Criminologia, n.d.).

1. Il comportamento criminale

Nel vasto panorama della criminologia, uno dei temi più affascinanti e dibattuti è il comportamento criminale: da dove nasce? Quali sono le forze che spingono un individuo verso atti delittuosi? In questo contesto, è cruciale analizzare il ruolo dell’ambiente e del contesto sociale nella genesi di comportamenti devianti e illegali. L’approccio di Kurt Lewin, rinomato psicologo, ci offre uno sguardo profondo nel complesso intreccio di personalità e ambiente. Il comportamento umano, infatti, è modellato sia dalla personalità individuale che dalle influenze esterne dell’ambiente circostante. Questo concetto riveste un’importanza fondamentale non solo in ambito criminologico, ma anche in discipline come la sociologia e l’antropologia.

Quando parliamo di ambiente, ci riferiamo a una vasta gamma di contesti e interazioni che plasmano la nostra crescita e il nostro sviluppo. Dalla famiglia in cui nasciamo alle prime esperienze di socializzazione, dalle influenze educative alle relazioni con gli amici e gli insegnanti, ogni aspetto del nostro ambiente ha il potere di influenzare il nostro comportamento e le nostre scelte.

Come sottolineato da Albert Bandura nella teoria socio-cognitiva, l’interazione dinamica tra individuo e ambiente gioca un ruolo cruciale nella definizione del comportamento in un determinato momento. Le esperienze traumatiche durante l’infanzia, ad esempio, possono plasmare il percorso di vita di un individuo, influenzando le sue emozioni e le sue decisioni. È fondamentale comprendere che il comportamento criminale non è semplicemente il risultato di circostanze esterne o di predisposizioni innate.

Secondo lo psicanalista Carl Gustav Jung, ogni individuo ha un lato oscuro, una parte primitiva e irrazionale che può emergere in determinate situazioni. Tuttavia, le emozioni positive, la resilienza psicologica e la capacità di gestire gli impulsi giocano un ruolo cruciale nel modellare il carattere di un individuo e nel determinare le sue azioni. Dalla teoria alla pratica, la criminologia ci insegna che il comportamento criminale può essere influenzato da una serie di fattori, tra cui l’aggressività, la ricerca di sensazioni, l’abuso di sostanze stupefacenti e la sfida alle autorità. Questi fattori, combinati con esperienze traumatiche e situazioni di rischio, possono creare un terreno fertile per il manifestarsi di comportamenti criminali. (Grazzi, 2021).

2. Il trauma infantile

Dopo aver esaminato l’importante ruolo dell’ambiente e del contesto sociale nella genesi del comportamento criminale, è fondamentale esplorare un aspetto correlato che assume particolare rilevanza nell’analisi criminologica: il legame tra trauma infantile e comportamento deviante. Recentemente, come evidenziato da Baron e Forde (2019), sono emerse nuove prospettive che pongono l’accento sul modo in cui le esperienze traumatiche durante l’infanzia possono influenzare in modo significativo il percorso di vita di un individuo, compresa la sua inclinazione a coinvolgersi in attività criminali. Il trauma infantile rappresenta un’esperienza dolorosa che va oltre la mera definizione di evento traumatico; esso si manifesta come un periodo di vulnerabilità e paura in cui il bambino si trova spesso privo di un adeguato sostegno adulto.

Come affermato da Farina e Liotti (2011), le conseguenze di queste esperienze possono essere profonde e durature, influenzando la capacità di pensare e relazionarsi con gli altri da adulti, e predisponendo così al manifestarsi di comportamenti devianti e criminali. Traumi come l’abbandono emotivo, l’abuso fisico e sessuale rappresentano solo alcune delle molteplici forme che il trauma infantile può assumere, ma è importante riconoscere che anche esperienze meno evidenti, come la povertà o l’esposizione a un ambiente violento, possono lasciare segni indelebili nell’animo dei bambini. È quindi essenziale comprendere che il trauma infantile non si limita a un singolo evento, ma può manifestarsi nel corso del tempo, influenzando il percorso di vita e le scelte di un individuo anche in età adulta. In questa prospettiva, è di vitale importanza esaminare attentamente le esperienze infantili di ogni individuo e comprendere il loro impatto sulla sua salute emotiva e psicologica, nonché sul suo coinvolgimento in comportamenti criminali.

3. Il ruolo delle relazioni interpersonali

I contesti di vita e l’ambiente relazionale/interpersonale giocano un ruolo cruciale nello sviluppo sociale e nel funzionamento psicologico lungo tutto l’arco della vita, influenzando i modelli di attaccamento del bambino in risposta agli eventi frustranti e stressanti. Si evidenzia l’importanza della risposta parentale secondo la teoria dell’attaccamento di Bowlby (1973), la cui base è la relazione con figure genitoriali non responsive, maltrattanti e/o abusanti. Le ricerche, come quelle condotte da Main & Solomon (1990) e Fonagy & Target (1997), indicano che le esperienze precoci dei bambini con caregiver traumatici come maltrattamenti, deprivazioni affettive e abusi, spesso associati a contesti di vita svantaggiati, influenzano i modelli operativi interni di attaccamento.

Questi modelli, a loro volta, guidano le percezioni del bambino sugli altri e su sé stesso, influenzando il suo comportamento nelle relazioni future. I bambini esposti a un accudimento confuso e ostile interiorizzano modelli operativi interni disfunzionali che influenzano la loro rappresentazione delle figure di attaccamento e di sé stessi. Questi bambini possono sviluppare difese psicologiche per proteggersi da un caregiver poco comprensivo, dando origine a stili di attaccamento insicuri/disorganizzati che rappresentano un fattore di rischio per lo sviluppo psicopatologico.

La teoria del deficit di intimità proposta da Marshall (1996) suggerisce che i soggetti autori di violenza sessuale sviluppano un attaccamento insicuro che compromette la loro capacità di sperimentare l’intimità, spingendoli a cercare il soddisfacimento emotivo attraverso atti sessuali violenti. Studi su soggetti con tratti psicopatici evidenziano una relazione tra attaccamento ansioso-ambivalente e punteggi più elevati di psicopatia. Inoltre, si è riscontrato che soggetti con alti punteggi di psicopatia riportano spesso gravi abusi durante l’infanzia, suggerendo la presenza di un attaccamento disorganizzato. La deprivazione affettiva e le difese distanzianti sono state associate alle condotte criminali, con la ipotizzata utilizzazione di comportamenti aggressivi come modalità di risposta a esperienze traumatiche e di abuso precoci.

I bambini esposti a traumi possono sviluppare una disregolazione affettiva correlata a un attaccamento insicuro, che a sua volta è stato collegato allo sviluppo di disturbi psicopatici di personalità. La mancanza di una base sicura di attaccamento può portare a una difficoltà nella regolazione affettiva e, nel caso estremo, all’alessitimia, dove il soggetto non riesce a esprimere le proprie emozioni in modo verbale. In sintesi, le esperienze precoci con caregiver traumatizzanti influenzano profondamente lo sviluppo emotivo e psicologico, influenzando la capacità di formare legami sicuri e di regolare le emozioni. Questi modelli di attaccamento insicuri sono associati a una serie di disturbi psicopatologici, inclusi quelli di personalità, e possono influenzare significativamente il comportamento e le relazioni nell’età adulta. (Stringi, Patricolo & Caretti, 2019).

Leggi anche: La teoria dell’attaccamento

4. Da un’infanzia traumatica al comportamento criminale: i casi più famosi

La domanda su perché alcuni individui diventano assassini seriali ha affascinato e sconcertato gli studiosi della criminologia per anni. Il fenomeno dei serial killer rappresenta uno degli enigmi più oscuri della psiche umana, poiché spesso questi individui sembrano normali nella loro vita di tutti i giorni, celando dietro una facciata ordinaria, pulsioni oscure e perverse, principalmente di natura sessuale. Le parafilie, come sadismo, pedofilia, feticismo, antropofagia e necrofilia, spesso caratterizzano i loro delitti, aggiungendo una dimensione di violenza estrema e perversione. Mentre le teorie sulla causa di tali comportamenti sono diverse e talvolta contrastanti, un elemento costante emerge: l’importanza delle esperienze traumatiche nell’infanzia e nell’adolescenza di questi individui.

Le ricerche hanno dimostrato che molti serial killer hanno vissuto esperienze di vita disturbanti, segnate da violenza familiare, abusi fisici o psicologici, abbandoni o perdite dei genitori. Tali traumi possono avere un impatto significativo sulla formazione della personalità e sull’autostima dell’individuo, dando origine a un senso di frustrazione e a fantasie sostitutive dell’esperienza reale.

La mancanza di legami affettivi stabili durante l’infanzia può portare a una ricerca compulsiva di legami emotivi e alla formazione di personalità disturbate. Prima di commettere delitti veri e propri, molti serial killer manifestano segni di violenza nei confronti di esseri viventi più deboli, come animali o bambini, e possono commettere le prime infrazioni di natura criminale. Le esperienze traumatiche subite durante l’infanzia possono contribuire alla formazione di individui aggressivi e inclini alla violenza, mentre la mancanza di supporto emotivo e la presenza di un ambiente familiare ostile possono intensificare i conflitti interni e portare a comportamenti devianti come strumento di difesa. In conclusione, i traumi infantili e l’instabilità familiare giocano un ruolo significativo nello sviluppo di comportamenti devianti e aggressivi. L’analisi delle vite di famosi serial killer può offrire insight significativi sull’interazione tra esperienze traumatiche e comportamenti criminali. (Astolfi, S., & Polo, S., 2008)

4.1 Il caso di Jeffrey Dahmer

Jeffrey Dahmer, noto come il “cannibale di Milwaukee”, rappresenta un caso emblematico nell’analisi dei legami tra traumi infantili e lo sviluppo di comportamenti estremi. Dahmer è cresciuto in un ambiente familiare segnato da conflitti e violenze: la madre era una alcolizzata e ingeriva qualsiasi pasticca e, come se non bastasse, i genitori si odiavano e si picchiavano, arrivando poi al divorzio. Ciò che minò la psiche di Jeffrey furono anche gli abusi sessuali da parte di un vicino.

Questi traumi hanno contribuito alla sua instabilità emotiva e al manifestarsi di fantasie violente già dall’adolescenza. Le fantasie di Dahmer includevano il desiderio di controllo totale e il coinvolgimento in atti di violenza estrema. Progressivamente, tali fantasie si sono trasformate in azioni criminali, con l’omicidio, il cannibalismo e la necrofilia che diventavano parte del suo modus operandi. Nonostante la sua freddezza apparente, Dahmer ha dichiarato di “amare” le sue vittime, cercando un rapporto che riempisse il vuoto emotivo nella sua vita. Egli uccideva i suoi amanti “perché altrimenti al mattino se ne sarebbero andati, magari senza neanche salutare”.  La storia di Dahmer solleva interrogativi profondi sulla complessità dell’essere umano e sulla sottile linea tra amore e odio. (Astolfi, S., & Polo, S., 2008).

4.2 Il caso di Ed Kemper

Ed Kemper, conosciuto come il “killer delle studentesse”, è stato uno dei serial killer più noti e inquietanti degli anni ’70. La sua storia è caratterizzata da una serie di tragici eventi che hanno contribuito a plasmare la sua natura violenta e deviata. La sua infanzia è stata segnata da un rapporto disfunzionale con la madre, che lo ha umiliato e abbandonato, alimentando così un profondo odio nei suoi confronti. Questo odio ha trovato sfogo in una serie di omicidi, tra cui quello dei suoi stessi nonni quando era solo un adolescente. Kemper ha mostrato segni di violenza sin da giovane, manifestando una natura sadica e crudele che ha preoccupato chiunque lo conoscesse.

Il suo modus operandi era meticoloso e organizzato: prendeva autostoppiste, le portava in luoghi isolati, le uccideva e poi profanava i loro cadaveri. La sua ossessione per la morte e il sesso era alimentata da una mancanza di educazione adeguata e gravi disturbi psicologici. Quando la sua doppia vita fu scoperta confessò tutti i suoi crimini attribuendoli a sua madre e al suo odio per lei. (Viqueira, 2023). Infatti, Kemper ricorda come, dopo una lite furibonda con lei, abbia sbattuto la porta e si sia ripromesso: “la prossima donna con cui avrò a che fare ci lascerà la pelle“. (Astolfi, S., & Polo, S., 2008). Condannato all’ergastolo nel 1973, Kemper ha accettato la sua pena senza cercare la libertà condizionale. Durante il processo e successivamente, ha dato interviste in cui ha mostrato una straordinaria lucidità, ma anche un profondo senso di colpa e rimorso per le sue azioni. La sua storia rimane un caso di studio per gli psicologi e gli studiosi del comportamento criminale, offrendo uno sguardo inquietante nella mente di un assassino seriale. Kemper stesso ha riconosciuto la sua inadeguatezza alla vita in società, dimostrando una consapevolezza straziante della propria natura disturbata. (Viqueira, 2023).

Conclusione

In conclusione, emerge chiaramente l’importanza cruciale dell’infanzia nel plasmare il destino di un individuo e nel determinare il suo percorso verso comportamenti devianti o criminali. Dietro ogni atto criminale si nasconde spesso una storia di trauma e sofferenza, che può rimanere latente per anni prima di manifestarsi in forme di violenza ancora più tremende. Tuttavia, è importante sottolineare che non tutti i traumi infantili si trasformano inevitabilmente in comportamenti deviati. Allo stesso modo, il trauma infantile e il contesto familiare non possono essere utilizzati come scusante per l’azione criminale, ma piuttosto come un invito alla comprensione e all’intervento tempestivo. Oltre al trauma infantile, come già evidenziato in precedenza, ci sono numerosi altri fattori che contribuiscono al comportamento criminale, tra cui l’abuso di sostanze, l’instabilità economica, la disuguaglianza sociale e molte altre variabili complesse.

Pertanto, è importante adottare un approccio olistico nella comprensione dei motivi alla base del comportamento criminale, considerando l’interazione di molteplici fattori nel determinare le scelte individuali. Investire nelle risorse e nei servizi dedicati al sostegno dell’infanzia e alla salute mentale costituisce un passo fondamentale per prevenire il manifestarsi di comportamenti pericolosi e per avviare il percorso di guarigione dalle ferite emotive profonde. Inoltre, la terapia può svolgere un ruolo cruciale nel fornire sostegno e aiuto alle persone colpite dal trauma infantile, offrendo loro uno spazio sicuro per esplorare le proprie esperienze, affrontare i sintomi e costruire una vita più sana e significativa. Solo attraverso un impegno collettivo per la protezione e il benessere dei bambini possiamo aspirare a costruire una società più sicura e compassionevole per tutti.

“Il trauma è una realtà della vita, ma non per questo dev’essere una condanna a vita” – Peter A. Levine

Bibliografia e sitografia

  1. Rivista di psicodinamica criminale: I serial killer.
  2. Baron, S. W., & Forde, D. R. (2019). Childhood Trauma, Criminogenic Social Schemas, and Violent Crime, Deviant Behavior
  3. Criminologia. (n.d.). State of Mind. https://www.stateofmind.it/criminologia/
  4. Grazzi, V. (2021, September 2). Il comportamento criminale – Forensics Team. Forensics Team. https://forensicsteam.it/il-comportamento-criminale/
  5. Liotti, G., & Farina, B. (2011), Sviluppi Traumatici. Eziopatogenesi, clinica e terapia della dimensione dissociativa, Raffaello Cortina, Milano
  6. SVILUPPI TRAUMATICI E PERSONALITÀ PSICOPATICA: ESEMPLIFICAZIONE ATTRAVERSO UN CASO SINGOLO. RASSEGNA ITALIANA DI CRIMINOLOGIA
  7. Viqueira, V. (2023, February 12). Ed Kemper, l’assassino di studentesse. La Mente È Meravigliosa. https://lamenteemeravigliosa.it/ed-kemper-lassassino-di-studentesse/