COSA FARE CONTRO IL BULLISMO

I fenomeni trattati in questo articolo sono molteplici. Il primo è sicuramente quello del bullismo comunemente inteso come comportamento sociale di tipo violento e intenzionale che ha come unico obiettivo quello di creare disagio e umiliazione alla vittima – bersaglio scelta.

Il primo che se ne occupò fu Olweus, il quale definì tre condizioni affinché si possa parlare di bullismo: intenzionalità, persistenza nel tempo e disequilibrio di potere tra il bullo (dominante) e la vittima (sottomessa). Si tratta di un fenomeno diventato ultimamente una piaga sociale in quanto lo sviluppo dell’empatia e della gestione delle emozioni positive e negative è venuto a mancare nell’educazione odierna dei nostri ragazzi. Quest’ultimi sono vittime di quello che si chiama “analfabetismo emotivo” ossia mancanza di consapevolezza e di controllo delle emozioni e dei comportamenti ad esse associate.

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I giovani hanno perso la relazione causa-effetto che intercorre tra condotta e conseguenza. Tale perdita ha abbassato il livello di empatia con conseguente mancanza di senso di colpa o rimorso di fronte alla sofferenza causata ad altri. Se questo abbassamento di empatia porta ad un bullismo tradizionale, la corazza creata dallo schermo del computer crea il fenomeno del cyberbullismo. Esso implica l’attuazione di aggressioni volontarie e ripetute nel tempo attraverso l’utilizzo di nuove tecnologie di comunicazione da parte di preadolescenti e adolescenti. Il termine fu coniato da Bill Belsey nel 2002 che lo definì come un fenomeno utilizzato per veicolare comportamenti intenzionali, diffamatori e intimidatori ai danni di uno o più soggetti.

Quello che contraddistingue il cyberbullismo dal bullismo tradizionale è la presenza di ulteriori tre caratteristiche, quali: l’anonimato del molestatore e la difficile reperibilità in quanto protetto dallo schermo, il cyberbullo, può rivelare la propria identità, come potrebbe accadere con i messaggi e i post via Facebook/Instagram che hanno palesemente visibile nome e cognome o potrebbe muoversi in completo anonimato grazie alla creazione di una falsa identità. Questo anonimato in realtà è illusorio in quanto ogni comunicazione elettronica lascia delle tracce; Indebolimento dell’esitazione etica ovvero l’identificarsi con un profilo falso può indebolire le remore etiche e può portare a scrivere cose online che non si direbbero mai nella vita reale. Questo tipo di comunicazione avviene in una situazione definita “distanza sociale” ossia chi comunica non è a contatto diretto con l’interlocutore; Assenza di limiti spazio-temporali in quanto mentre il bullismo tradizionale avviene in luoghi e momenti specifici (a scuola, al centro sportivo) il cyberbullismo investe la vittima e la sua privacy ogni volta che si collega al mezzo elettronico.

I fenomeni sopra descritti possono avere come bersagli determinate “categorie” di persone, si parla di bullismo o cyberbullismo discriminatorio se i bersagli sono persone omosessuali, persone di etnia diversa, persone diversamente abili. In questo corso si è approfondito il bullismo/cyberbullismo omofobico. L’ostilità omofoba si può manifestare nelle forme più ambigue e socialmente accettate come derisione e ironia ma è noto che il riso, l’umorismo, la satira consentono di veicolare l’aggressività in modi socialmente tollerati ma mai innocenti. Il bullismo omofobico è scaturito dall’orientamento sessuale della vittima che porta il bullo ad esprimere la sua ostilità a livello verbale (minacce e ingiurie), a livello fisico (aggressioni e violenze) o in modo indiretto (calunnie e pettegolezzi). Gli aggressori si servono dell’omofobia ossia di quel sentimento negativo e di intolleranza verso gli uomini e le donne omosessuali caratterizzato da ansia, disgusto, avversione, rabbia, paura e disagio, per giustificare le loro condotte violente. È chiaro come sia necessario, in primo luogo, un percorso di sensibilizzazione verso un’educazione socio affettiva e un’educazione alle diversità di genere successivamente.