Il danno non patrimoniale: un viaggio nel cuore della giustizia civile

La sentenza n. 26972/2008 della Corte di Cassazione traccia i confini del danno non patrimoniale, definendolo come la lesione di interessi personali privi di rilevanza economica.

La III Sezione specifica che per ottenere il risarcimento, ai sensi dell’art. 2059 c.c., è necessaria l’ingiusta lesione di un interesse personale con pregiudizi non valutabili economicamente ma di rilievo costituzionale, superando così la risarcibilità limitata ai danni derivanti da reati.

Il risarcimento del danno non patrimoniale è dovuto solo in presenza di lesioni gravi e pregiudizi di entità considerevole.

Nonostante appartenga a una categoria unica, questo tipo di danno può manifestarsi in vari ambiti e forme.

La Corte di Cassazione afferma che il giudice, nella sua liquidazione, deve considerare tutti i pregiudizi effettivamente subiti dalla vittima, evitando duplicazioni attraverso l’uso di nomi diversi per pregiudizi identici.

Le tabelle del danno non patrimoniale includono il danno biologico, che coinvolge la lesione del bene “salute” protetto dalla Costituzione; il danno morale, caratterizzato dal disordine dell’animo e dalla sofferenza patita; il danno da perdita del rapporto parentale o da morte del congiunto; il danno esistenziale, che comporta alterazioni nelle abitudini e nelle relazioni personali con impatti negativi sulla realizzazione della personalità; e infine, il danno estetico, legato alla compromissione dell’aspetto esteriore del danneggiato.

La condizione essenziale per il risarcimento del danno non patrimoniale è la sua completa dimostrazione da parte del danneggiato.

Quest’ultimo deve provare il fatto illecito, il nesso eziologico (il danno deve essere la diretta conseguenza del fatto illecito) e l’entità del danno subito.

In questo intricato contesto giuridico, emerge la necessità di un approccio accurato e dettagliato per garantire la giustizia e il risarcimento adeguato alle vittime di lesioni non patrimoniali.