Il video modeling come strategia didattica nell’autismo

video modeling

a cura della dott.ssa M. Rebecca Farsi

L’utilizzo del linguaggio figurativo può costituire un valido supporto didattico in tutti i casi in cui lo strumento verbale risulta compromesso da patologie innate o acquisite. Le ragioni sono molteplici:

  • l’impatto con l’immagine è diretto, forte, immediato e non necessita di nessun fattore intermediario per ottenere un effetto comunicativo;
  • l’impatto con l’immagine potenzia le capacità di percezione e memoria eidetica, agevolando l’immagazzinamento e la successiva rievocazione dei dati;
  • l’immagine proiettata contribuisce ad aumentare il livello di attenzione sostenuta, neutralizza l’interferenza di segnali distrattori e rende più saliente il messaggio, consentendo un apprendimento più immediato e duraturo;  
  • il supporto visivo comporta un effetto fortemente identificativo, grazie al quale l’oggetto rappresentato nell’immagine – soprattutto se si tratta di un’azione finalizzata – viene avvertito e riprodotto nel Sé, in un effetto imitativo quasi incoercibile.

1. L’impatto con l’immagine

La visione di un’immagine elicita una pulsione imitativa della stessa. Quando vediamo qualcuno compiere un’azione viene pressoché spontaneo provare a riprodurla nello stesso modo: è l’espressione di una pulsione assimilativa che poggia prima di tutto su basi biologiche.

La capacità di imitazione è infatti consentita dai neuroni specchio, classe di neuroni motori in grado di agevolare la riproduzione pedissequa delle azioni di un altro, attraverso un’imitazione gestita all’interno e attraverso il corpo; non a caso si parla di apprendimento embodied, proprio ad evidenziare la componente “incarnata” del processo di riproduzione fattiva (Vivanti, 2021; Rizzolatti, 2005). L’effetto imitativo viene amplificato dal sistema mirror, un complesso di network cerebrali che, attraverso strette connessioni con i neuroni specchio, consente di traslare la percezione visiva in un atto motorio, e dunque di trasformare l’immagine in azione (Vivanti, 2021).

2. La capacità imitativa nell’autismo

Oltre ad un buon utilizzo del Sé corporeo, l’apprendimento visivo richiede la presenza di un’adeguata consapevolezza inter ed intrasoggettiva. In assenza di una consapevolezza del Sé e dell’altro non esisterebbe alcuna capacità di imitazione, così come non sarebbe possibile riprodurre l’azione altrui senza aver maturato competenze di propriocezione, reciprocità, rappresentazione (Bandura, 1977).

È dunque sorprendente che la tecnica dell’apprendimento visivo abbia trovato diffusa applicazione anche nei casi in cui la cui capacità imitativa risultata deficitaria: ad esempio, nel trattamento dei soggetti autistici, sotto questo aspetto penalizzati da una scarsa attivazione dei neuroni specchio e da una debole connessione delle aree mirror presenti nel cervello – giro frontale, lobulo parietale inferiore, giro frontale inferiore – a loro volta causa di un flusso anomalo e rallentato delle informazioni filtrate (Cole, Barraclough, Andrews, 2019, Chien et al. 2015).

Lo svantaggio biologico si traduce in un discapito esperienziale ed emotivo, compromettendo lo sviluppo di tutte quelle competenze che impongono un’elevata richiesta relazionale: il gioco, le abilità scolastiche, la gestione della autonomie personali, le abilità di vita quotidiana, il controllo dei comportamenti problema, tanto per fare qualche esempio.

Sarebbe, tuttavia, scorretto affermare la totale assenza di una capacità imitativa nell’autismo: ciò che si riscontra in questi soggetti è piuttosto una competenza di imitazione anomala, caratterizzata da una serie di connotati disfunzionali: prima di tutto una preponderanza dell’intento emulativo, e dunque una riproduzione rigida e impersonale dell’azione, senza l’aggiunta di alcuna componente personalizzante.

L’autistico tende ad imitare meccanicamente, senza far suo lo scopo dell’azione compiuta, e al contempo senza mostrare una tendenza all’assimilazione di nuovi dati. Egli apprende in maniera stereotipata, avvalendosi soltanto di dati e strutture informative di cui è già in possesso. In secondo luogo, il soggetto autistico non riesce a cogliere intuitivamente il fine di un’azione, sia sotto il punto di vista produttivo che sotto quello strettamente recettivo. L’incapacità di leggere gli stati mentali, a sua volta derivata da un deficit empatico di base, non lo rende in grado di “leggere” la mimica facciale del soggetto agente, né di cogliere quella espressività utile a rivelare, per quanto implicitamente, la finalità dell’azione stessa, agevolandone l’interpretazione teleologica e la riproduzione concreta.

L’autismo comporta inoltre notevoli difficoltà nella distinzione tra i comportamenti necessari al compimento di una condotta, definiti rilevanti, da quelli totalmente trascurabili, e dunque irrilevanti. Questo stato mentale confusivo e disorganizzato si riflette a sua volta in un disorientamento prassico, in grado di debilitare l’oggettiva e corretta imitazione del comportamento richiesto.

Infine, la capacità emulativa dell’autistico, meglio definibile come capacità emulativa, è in grado di attivarsi solamente in presenza di determinate condizioni:

  • l’azione da imitare deve essere illustrata con chiarezza e trasparenza da parte di colui che la esegue;
  • l’obiettivo dell’azione deve risultare esplicito, al fine di non disorientare la capacità cognitiva con un eccesso di dati da elaborare;
  • l’azione deve essere scomposta in una serie di sotto fasi, per non sovraccaricare le competenze esecutive;
  • deve trattarsi di un’ azione altamente motivante, laddove la motivazione viene identificata in un’uniformità di obiettivi tra l’educatore e l’autistico. Questo al fine di stemperare la rigidità dell’apprendimento, favorendo l’acquisizione di dati esterni e il successivo consolidamento degli stessi, ma soprattutto per mantenere elevata l’istanza motivazionale che, nel caso dell’autistico, è molto spesso determinata da rinforzi estrinseci (ad esempio l’utilizzo dei programmi di rinforzo).

3. Il video modeling: la tecnica

Molto utilizzato nel contesto di riabilitazione autistica è il video modeling, tecnica di riproduzione visiva nella quale la condotta oggetto dell’apprendimento viene scomposta in una serie di sottofasi, registrate e riprodotte sullo schermo in modalità sequenziale, secondo un ordine di difficoltà crescente: il passaggio alle fase successiva sarà possibile soltanto dopo l’assimilazione della precedente, che svolge un ruolo propedeutico rispetto alle altre.

Le scene rappresentate riguardano, nella maggior parte dei casi, la descrizione di comportamenti socialmente adeguati: ad esempio l’acquisizione di autonomie personali (allacciarsi le scarpe, impugnare la forchetta, infilarsi un pullover), l’apprendimento di schemi per le relazioni sociali (alzare la mano prima di parlare in classe, chiedere il permesso prima di alzarsi dal banco), un potenziamento comunicativo (rispettare il role talking), l’apprendimento delle regole conversazionali, la gestione dei comportamenti problema e di tutte le condotte estemporanee con cui l’autistico, soprattutto di fronte a contesti di novità e scarsamente strutturati, può sostituire la comunicazione di un disagio interiore.

In genere il comportamento viene compiuto da un terzo esterno, il quale, in modalità dimostrativa, esegue ciascuna delle sotto fasi in cui lo stesso è stato suddiviso.

Proprio per favorire una maggiore familiarità sarebbe tuttavia preferibile che le sessioni venissero svolte da soggetti con cui l’autistico ha un legame affettivo (amici, familiari o compagni di scuola): in questo caso la sicurezza della fonte si estende all’informazione, assicurando alla stessa un carattere più affidabile e persuasivo, e favorendone al contempo la permanenza mnestica.

La condotta dimostrativa può anche venir svolta dai compagni di classe: sarà intuibile in questo caso un vantaggio alla dimensione di inclusività, grazie alla quale il soggetto viene stabilmente integrato nel gruppo dei pari e valorizzato nella sua individualità, ma anche a quella dell’autostima, che consentirà una visione del Sé più flessibile, adattiva e consapevole.

L’effetto didattico risulta ulteriormente amplificato nel caso in cui la condotta venga compiuta dallo stesso soggetto che dovrà apprenderla, e  a lui riproposta in registrazione, in modo che abbia la possibilità di rivedere se stesso compiere l’azione giusta, nel modo richiesto. Elemento non trascurabile, questo, che contribuisce al potenziamento della propriocezione e della consapevolezza del Sé corporeo, anche in vista di una più sviluppata capacità di autorappresentazione immaginativa da estendere in tutti i contesti di vita.

3.1 I vantaggi del video modeling

Sono numerosi i punti di forza che rendono il video modeling uno strumento ad alto potenziale didattico.

In primo luogo, il suo porsi come uno strumento interattivo discreto, in grado di garantire un contatto educativo continuo, ma mai invasivo o disturbante: questo soprattutto grazie alla presenza del video che, costruendo una cornice intersoggettiva differita e asincrona ( quella proiettata sullo schermo), contribuisce a stemperare l’impatto con una relazionalità diretta, spesso avvertita dagli autistici come invasiva e minacciosa. Utile è anche la possibilità di reiterare più volte la visione del filmato, fino alla completa assimilazione.

Il video sembra in grado di mobilitare un maggior livello di attenzione focalizzata, neutralizzando stimoli distrattivi proprio grazie al potere saliente dell’immagine figurativa: il soggetto autistico risulta maggiormente attratto dalla rappresentazione di contesti animati e dinamici piuttosto che dalla visione di figure statiche, come quelle visionate all’interno di un testo cartaceo. L’immagine proiettata sullo schermo si mostra  più accattivante e attrattiva, e per questo in grado di elicitare stati motivazionali di apprendimento già durante la riproduzione visiva.

Un modello cognitivo che necessita di continui feedback materiali come quello autistico, risulta beneficiato dalla possibilità di riprodurre, grazie allo schermo, situazioni di vita concreta e reale, con le quali è già stato sperimentato un certo livello di familiarità. Allo stesso tempo, l’impatto graduale e progressivo consentito dalla proiezione visiva consente di gestire egualmente il  disagio avvertito verso le situazioni sgradite o di nuova introduzione, evitando reazioni di discontrollo.

La proiezione consente di soffermare l’attenzione anche sui micro elementi dell’azione- ad esempio mediante le funzioni di zoom e rewind-, in coerenza con uno stile di apprendimento parcellizzato e basato sul dettaglio come quello autistico.

L’impiego di uno strumento supportivo informatico- tablet o computer- sul quale viene rappresentata la sequenza dei comportamenti da adottare, agevola la presenza di stati emotivi piacevoli e motivanti in grado di neutralizzare gli stimoli stressogeni, oltre che di potenziare lo sviluppo di capacità prassiche e manipolative da generalizzare anche in altri contesti.

Grazie al feedback visivo consentito dall’immagine- e all’utilizzo della tecnologie tipiche del video modeling (zoom, fermo immagine, riproponibilità della scena) lo stesso educatore potrà verificare più facilmente lo stato dell’apprendimento, i livelli di assimilazione e la presenza di eventuali punti deboli sui quali è necessario lavorare.

Non da ultimo, l’utilizzo dell’immagine serve a stimolare una funzionalità cognitiva in cui le figure vanno a prendere il posto delle parole, aggirando il deficit di pensiero simbolico che rende più complicata la padronanza dello strumento verbale. Si sviluppa così la capacità di pensare per immagini, che consente di visualizzare, trasmettere ed elaborare idee astratte mediante una modalità figurativa, tanto in ambito recettivo che produttivo (Grandin, 2006).

Conclusioni

L’immagine svolge un’importante funzione comunicativa, grazie alla quale l’apprendimento, soprattutto quello di natura sociale, può beneficiare di una componente attivante, foriera di grande supporto e motivazione. Anche per questo il suo impiego si sta ampiamente diffondendo all’interno di programmi abilitativi per l’autismo – e non solo– con risultati sempre più decisivi e duraturi.

Studi clinici hanno infatti riscontrato un effettivo vantaggio del video modeling in terapie rieducative finalizzate al miglioramento qualitativo dell’interazione madre bambino e al recupero delle funzionalità cognitive nella riabilitazione psichiatrica, ove il suo impiego è utile al ripristino di capacità metacognitive quali l’identificazione dei pensieri, delle emozioni e degli obiettivi in tempi estremamente brevi ( Kalinauskiene, Cekuoliene et al., 2009).

Se ne auspica pertanto l’utilizzo in tutte le terapie in cui la finalità rieducativa si coniuga con la necessità di apprendere capacità relazionali, motivazionali e di regolazione consapevole, indispensabili all’adattamento inter ed intrapersonale nei più vari contesti di vita.

Bibliografia di riferimento

  1. Bandura, A. (1977), Social learning theory. Englewood Cliffs, NJ, Prentice – Hall;
  2. Cole E.J., Barraclough N.E., Andrews T.J., ( 2019), Reduced connectivity between mentalizing and mirror systems in autism spectrum condition, Neuropsychologia, 122, 88-97
  3. Estro. Video modeling e Autismo. URL: Video modeling e Autismo: una strategia riabilitativa per l’apprendimento (estro.ai)
  4. Grandin, T. (2006) Pensare in immagini, Erickson, Trento;
  5. Hamilton A., (2013), Reflecting on the mirror neuron system in autism: A systematic review of current theories, Developmental Cognitive Neuroscience, 3, 91-105.
  6. Kalinauskiene, L., Cekuoliene, D. et al., (2009), Effects of video feedback correction of infant-mother interaction on two-years olds’beahaviour, in Psichologija, vol. 40, Vilnius University Press;
  7. ProgettoAutismo. Videomodelling. URL: https://progettoautismofvg.org/risorse/
  8. Rizzolatti G., (2005), The mirror neuron system and its function in humans, Anatomyand Embryology (berl), n. 210;
  9. Vivanti, G. (2021) La mente autistica: le risposte della ricerca scientifica all’enigma dell’autismo, Hogrefe, Roma.