L’importanza del gioco nello sviluppo del bambino

A cura di: Valentina Vellano

Introduzione

La prima forma di comunicazione per il bambino è il gioco, tramite cui inizia a comunicare con la madre, a esplorare il mondo esterno ed esprimere i propri bisogni e propri desideri. Lo stesso apprendimento inizia tramite il gioco: si può pensare a un bambino piccolo che gioca con uno più grande e impara grazie all’osservazione e all’ascolto. Rappresenta anche il primo modo che il bambino ha per regolare le emozioni grazie all’autoregolamentazione e all’autodeterminazione che si raggiunge attraverso le regole ad esso sottese.

Molti studiosi hanno analizzato la relazione che esiste fra il gioco e la crescita del bambino. Per Piaget, ad esempio, il gioco assume diverse forme a seconda dello sviluppo del bambino: la prima fase è caratterizzata da giochi di esercizio, che consistono nella ripetizione di schemi senso motori; a questa fase segue quello simbolico, in cui il bambino inizia giocare da solo o in gruppo creando una situazione immaginaria; si arriva poi ai giochi di regole, in cui essi vengono governati da regole astratte e accordi convenzionali.

Un altro autore che si è interessato al ruolo che il gioco ha nello sviluppo del bambino è Vygotskij. Egli sostiene che qualsiasi gioco che concerne una situazione immaginaria rappresenta necessariamente anche un gioco di regole.

La prospettiva della psicologia cognitiva, infine, analizza le diverse fasi dello sviluppo morale nei giochi infantili. Vengono distinti, nello specifico, quattro ruoli funzionali che contribuiscono alla costruzione di norme e che vengono dunque considerati necessari: il legislatore, il soggetto, il difensore, l’osservatore.

In relazione ai ruoli che il bambino ha si possono distinguere varie tipologie di giochi: simbolici solitari, simbolici sociali, di regole senza modifiche normative e di regole con modifiche normative.

1. Il gioco come primo approccio al mondo

Per il bambino il gioco è molto importante: attraverso esso riesce ad esprimere bisogni, desideri, cresce e costruisce le fondamenta per interagire con il mondo. I primi giochi vengono definiti i giochi solitari e la linea che li divide dalla realtà è sottile: è la fase in cui il bambino inizia ad animare oggetti in realtà inanimati.

Un’altra funzione del gioco è quella dell’espressione della propria affettività, proiettando le ombre del mondo interno sui giochi stessi. In questo contesto lo si può paragonare al sogno: si può vedere sia il sogno che il gioco come realizzazione di un desiderio e gli oggetti che servono per giocare diventano significativi per il ruolo che gli viene assegnato all’interno dello stesso gioco. Partendo da questo presupposto, si può analizzare il gioco come se fosse un sogno, distinguibile nel suo contenuto manifesto e nel suo contenuto latente. Il gioco elabora tutte le fantasie inconsce che ha il bambino ed esprime situazioni che non sono legate alla realtà, ma alle proprie fantasie inconsce.

Il gioco risulta essere inoltre uno strumento cruciale per un’integrazione fra il mondo interno del bambino e il mondo esterno. Se questi due mondi non vengono armonizzati, il bambino arriverà a trovare rifugio in un mondo fantastico illusorio, arrivando a sviluppare nevrosi o dipendenze.

Un ruolo fondamentale nell’esperienza del gioco del bambino è rivestito dai genitori, che hanno il compito di controllare e di scegliere che giochi da affidare al bambino. Un errore molto comune spesso commesso dai genitori è ricoprire il bambino di giocattoli, sostituendoli al tempo da passare con il bambino: quest’ultimo, avendo troppi giochi, potrebbe sentirsi confuso e avere l’illusione di possedere tutto. Tale illusione potrebbe comportare l’incapacità di instaurare di legami affettivi profondi, nonché la sensazione di non essere mai veramente protetto.

Il gioco permette, nell’insieme, di costruirsi un’immagine di sé come un individuo adulto e autonomo permettendo di immagazzinare le varie esperienze positive o quelle negative (Mazzei, 2004).

2. Caratteristiche del gioco

Il gioco nasce dall’unione di libertà e di regole. Il bambino, per poter giocare, accetta un insieme di regole definite “arbitrarie”, ovvero non determinate da cause di forza maggiore o da secondi fini, ma stabilite per l’esperienza in sé. l giochi fra pari hanno due caratteristiche ben precise: le regole vengono accettate spontaneamente; non è presente alcun giocatore che ritenga di avere potere di ammonire gli altri giocatori (Paglieri, 2006).

Riguardo al modo in cui tali regole vengano stabilite nel gioco infantile, esse scaturiscono dall’utilizzo della fantasia propria del bambino ed esulano da qualsiasi finalità, se non quella di giocare. Cambiano nel corso del tempo e vanno a pari passo con lo sviluppo del bambino, sia sul piano fisico, sia su quello intellettivo e quello psicologico, in quanto rappresenta l’unico strumento che il egli ha per elaborare e far fronte alle difficoltà a cui va incontro, nonché all’espressione dei propri sentimenti e delle emozioni ritenute difficili da affrontare (Mazzei, 2004).

L’importanza della regola nel gioco sta dunque nel fatto che rappresentano il motore della regolazione emotiva, dell’autoregolamentazione e dell’autodeterminazione: rappresenta un limite che aiuta il bambino a contenersi e determinarsi e viene caricata emotivamente da un sentimento positivo.

Le competenze socio-emotive e relazionali vengono alimentate dal gioco, in quanto le sue regole non sono determinate da un singolo bambino ma vengono condivise e accettate da tutti per poter proseguire.

Il gioco favorisce infine lo sviluppo del linguaggio e la simbolizzazione, determina lo sviluppo dell’empatia fra pari e aiuta il bambino a riconoscere le intenzioni degli altri. Insegna anche che i conflitti si risolvono con la discussione e non con la violenza e che le regole possono essere cambiate quando tutti i giocatori sono d’accordo: alla luce di ciò, assume una caratteristica democratica (Capra e Lovecchio, 2021).

3. Piaget: la formazione del simbolo nel bambino

Per Piaget lo sviluppo e l’apprendimento del bambino partono dal corpo nel periodo senso motorio, ossia nel periodo iniziale della vita (Capra e Lovecchio, 2021).

Ne “La formazione del simbolo nel bambino” del 1972 Piaget definisce il gioco come un’attività tramite cui il bambino assimila nei propri schemi mentali i dati sensoriali dell’ambiente, i quali, allo stesso tempo, si adattano alle esperienze percettive del bambino.

Queste due fasi vengono chiamate assimilazione e accomodamento. Il prevalere dell’accomodamento sull’assimilazione è definito imitazione, mentre l’equilibrio fra i due viene chiamata condotta adattiva. Sulla base di questa distinzione, l’autore definisce il gioco come momentaneo predominio dell’assimilazione sull’accomodamento opponendolo all’imitazione alla condotta adattiva.

L’autore ipotizza lo sviluppo del gioco dividendolo in più fasi distinte e non sovrapponibili:

  • la prima fase (dalla nascita fino ai due anni) viene contraddistinta dai giochi di esercizio, con i quali il bambino ripete schemi senso motori rendendoli autonomizzati;
  • la fase successiva è quella dei giochi simbolici (dai due anni fino ai sette): in questa fase il bambino, da solo o in gruppo, definisce un contesto immaginario per la propria attività di gioco e agisce in maniera coerente ad esso;
  • l’ultima fase è caratterizzata dai giochi di regole (dai sette anni fino all’età adulta), in cui i giochi sono diventati giochi sociali, che prevedono l’interazione di più bambini e sono dominati da regole astratte e di patti convenzionali.

Molti altri studiosi hanno criticato le teorie di Piaget: uno tra questi è stato Vygotskij che ha ribaltato il punto di vista dello studioso (Paglieri, 2006).

4. Vygotskij e la zona di sviluppo prossimale

All’interno della prospettiva socio-costruttivista, Vygotskij vede nel gioco e nell’apprendimento due processi che si evolvono sia a livello individuale che a livello sociale. Il bambino infatti passa da spettatore del gioco, al gioco solitario, a quello parallelo e per finire a un gioco associativo che è ricco di forme sociali e di cooperatività con altri bambini.

Analizzando le varie fasi si possono osservare le caratteristiche del bambino osservatore: il bambino è comunque inserito in un contesto sociale, apprende osservando e ascoltando. Questo punto sarà molto importante perché da qui il bambino imparerà a sviluppare un gioco in autonomia. Non tutti i bambini sviluppano le stesse competenze all’interno di questa fase, ma questo sarà molto importante quando inizieranno a socializzare con altri bambini, in quanto l’interazione con l’altro porterà a stimolare la crescita del bambino.

Quando un bambino piccolo si interfaccia con uno più grande ha infatti la possibilità di apprendere alcune attività che sarebbero troppo difficili se venissero fatte da sole o con coetanei: questo permette di sviluppare quella che Vygotskij chiama zona di sviluppo prossimale. Non solo i bambini più piccoli apprendono grazie a bambini più grandi: i bambini più grandi, grazie a quelli più piccoli, imparano imparano a spiegare e insegnare, il che favorisce lo sviluppo della creatività e permette un apprendimento più costruttivo e consapevole (Capra e Lovecchio, 2021).

Per l’autore tutti i giochi che prevedono situazioni immaginarie, ovvero i giochi simbolici, sono necessariamente anche giochi che prevedono regole (Paglieri, 2006).

5. Prospettiva socio-cognitiva nello sviluppo delle regole nel gioco

Conte e Castelfranchi sono i due autori principali che si sono concentrati nell’individuare le diverse fasi di sviluppo morale all’interno dei giochi infantili. Distinguono quattro personaggi funzionali per la circolazione di ogni norma sociale:

  • il legislatore o sovrano, soggetto autorizzato ad emanare le norme;
  • il soggetto, ovvero chi è tenuto a rispettare le norme sia in maniera esplicita che in maniera implicita;
  • il difensore, chi protegge la norma e si assicura che venga rispettata;
  • l’osservatore, soggetto che riconosce e descrive la norma.

Questi personaggi intervengono nel gioco infantile a seconda della tipologia e della fase in cui si trova il bambino: nella fase del gioco simbolico non avremo nessun ruolo normativo perché vengono seguiti semplici modelli comportamentali; nel gioco simbolico sociale invece interverranno il legislatore, il soggetto e il difensore perché è il momento in cui le norme compaiono per la prima volta nell’esperienza e quindi emergono vari ruoli; quando interviene il gioco di regole senza modifiche normative, interverranno la figura del soggetto, difensore ed osservatore; mentre nell’ultimo gioco di regole con modifiche normative saranno presenti il legislatore, il soggetto, il difensore e l’osservatore.

Secondo questa teoria le fasi dello sviluppo del gioco non vengono rappresentate come consecutive ed esclusive, bensì come varie tipologie che possono coesistere in maniera parallela anche se si manifestano in momenti successivi dello sviluppo (Paglieri, 2006).

Conclusioni

Fra gli autori che si sono occupati di definire come avviene il gioco nei bambini vi sono Piaget, con la sua opera “La formazione del simbolo nel bambino“, Vygotskij con la teorizzazione della zona di sviluppo prossimale ed gli autori della prospettiva socio-cognitiva, ovvero Conte e Castelfranchi.

Per Piaget il gioco si divide in più fasi che sono ben distinte fra di loro e non sovrapponibili, mentre per Vygotskij avviene, insieme all’apprendimento, sia a livello individuale che a livello sociale, come spettatore oppure con l’interazione con bambini più grandi o persone adulte.

Per quanto riguarda la prospettiva socio cognitiva vengono distinti quattro personaggi che sono funzionali per sia la creazione che l’utilizzo della norma, ogni personaggio viene associato a una determinata fase dello sviluppo del gioco, ma a differenza degli altri due autori queste fasi non sono consecutive, ma avvengono in maniera parallela anche manifestandosi in momenti successivi (Paglieri, 2006).

Il gioco è dunque fondamentale per l’apprendimento di regole, per lo sviluppo della regolazione emotiva e della socializzazione e tanto altro. Le prime tipologie di gioco a cui il bambino si approccia sono giochi solitari, in cui il bambino usa la propria immaginazione nell’utilizzo dei propri giocattoli. Crescendo, il bambino imparerà a giocare e interagire con altri pari ed è qui che il gioco solitario diviene un gioco sociale. Nel momento in cui nasce il gioco sociale il bambino inizia a interagire, stabilendo delle regole che vengono accettate spontaneamente da tutti i giocatori. Queste regole sono ricche di fantasia, prive di finalità e sono molto importanti perché rappresentano l’impulso da cui scaturisce la regolazione emotiva, l’autoregolamentazione e l’autodeterminazione. Il gioco, inoltre, permette di sviluppare le competenze socio-emotive e relazionali, il linguaggio, la simbolizzazione e l’empatia.

Bibliografia

  1. Paglieri, Fabio. “Regole di gioco e norme sociali: crescere fra obbedienza e trasgressione,“.” Cittadini in crescita 2 (2006): 44-61.
  2. Capra, Luca, and Nicola Lovecchio. “Imparare giocando.” Formazione & insegnamento 19.2 (2021): 308-314.
  3. Mazzei Maisetti, Franca. “Gioco e fantasia.” Segni e comprensione 53 (2004): 88-98.