L’Assistente Sanitario nel Sistema di Tutela della Salute all’Interno dei Penitenziari tra Prevenzione, Sensibilizzazione ed Informazione

a cura delle Dott.sse Raffaella Passaro e Beatrice Ginestra
Abstract
L’area della Sanità Penitenziaria, attualmente, rappresenta ancora una grande sfida per la Sanità Pubblica. Per quale motivo? Senza dubbio per assicurare “equità nelle cure” e, di conseguenza, “equità di salute”, per considerare e garantire quest’ultima sia a livello individuale, nello specifico setting penitenziario (per setting s’intende uno specifico contesto, come in questo caso), sia a livello collettivo al rientro nelle rispettive comunità.
L’elaborato è volto ad analizzare i diversi fattori di rischio presenti all’interno di questo particolare contesto e che favoriscono l’insorgenza e la diffusione di determinate patologie diffusive-infettive, tali da determinare una maggiore prevalenza delle stesse tra i detenuti, rispetto alla popolazione generale.
L’analisi di tale argomento è stata attuata mediante lo studio di articoli e di dichiarazioni a livello mondiale, secondo un percorso ad imbuto che arriva sino al livello nazionale, nel quale si sono utilizzate le c.d. keywords “diritto alla salute”; “right to health”; “equità di salute”; “tutela della salute”; “health equity”; “health in prisons”; “health inequalities”.
L’elaborato è stato suddiviso in cinque parti: in ordine, una breve introduzione cui segue la parte in cui si definisce il concetto di tutela della salute in ambito penitenziario e le normative di riferimento, con le rispettive attività medico-sanitarie previste ed erogate dal Sistema Sanitario Nazionale; ancora a seguire, dapprima, l’enumerazione dei fattori di rischio e, dopo, la definizione della figura professionale dell’Assistente Sanitario nelle attività di prevenzione e promozione della salute nel contesto penitenziario, mediante l’utilizzo di strumenti e metodi caratterizzanti la professione; a chiudere, la conclusione dell’elaborato nella quale si intende affermare come la figura professionale dell’Assistente Sanitario possa contribuire, mediante la messa in atto di attività di prevenzione e promozione della salute e con azioni concrete tese a garantire la “tutela della salute”, nel suo concetto più ampio, a superare la sfida per la Sanità Pubblica rappresentata dalla Sanità Penitenziaria.
Introduzione
Perché si parla di salute in ambito penitenziario? In primis, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) riconosce che la tutela della salute in carcere è un valore anche per la salute della popolazione generale ed ha emanato, in tal senso, nella rivista “Health in Prisons OMS/Europe”, delle direttive con cui ha sancito l’esigenza di garantire al detenuto le stesse cure mediche e psico-sociali che sono assicurate a tutti gli altri membri della comunità.
Da tali direttive discendono due fondamentali principi che devono essere perseguiti dai servizi sanitari:
- “la garanzia “dell’equità del diritto” alla salute senza discriminazione alcuna, di censo, provenienza territoriale o condizione di detenzione, valevole per tutti i cittadini;
- la garanzia “dell’equità delle cure”, cioè la “garanzia dell’accesso” a cure uguali per tutti” (Fadda, 2012).
Sanità Penitenziaria, Tutela e Promozione della Salute
La Costituzione della Repubblica italiana ha sancito due articoli che stabiliscono il principio in base al quale lo Stato è tenuto a garantire la tutela della salute della popolazione detenuta: l’articolo 27
[…] le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato” e l’articolo 32 “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.
Specificamente, si parla oggi di Sanità penitenziaria in quanto, con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) del 01/04/2008, tutto ciò che riguardava la salute in ambito penitenziario è stato trasferito al Sistema Sanitario Nazionale (SSN);
Tale passaggio non ha però comportato la totale perdita di ruolo dell’Amministrazione Penitenziaria nel campo della salute e della sua tutela, avendole anzi, la riforma attribuito un compito organizzativo e di raccordo, di “garante” della qualità del servizio reso dall’amministrazione sanitaria, che non deve essere di livello inferiore a quello reso al cittadino libero”
– Fadda, 2012.
Tale normativa permette di assicurare uguaglianza in materia di assistenza sanitaria tra detenuti e cittadini liberi, tanto con riferimento alla volontà degli interventi sanitari, e quindi, al diritto di poter accettare o rifiutare qualsiasi trattamento attraverso il consenso informato, a meno che non si tratti di un trattamento sanitario obbligatorio, quanto con riferimento alla garanzia della dignità della persona, della continuità terapeutica dall’ingresso fino all’immissione in libertà, dell’attività di prevenzione del rischio e della possibilità che l’assistenza sanitaria sia disponibile, accessibile, accettabile e di qualità – Availability, Accessibility, Acceptability and Quality of services, i quattro imperativi del diritto alla salute (World Health Organization – 2023)
La tutela della salute in carcere è, di fatto, un diritto del soggetto, perché finalizzata a stimolare la persona detenuta a considerarsi non esclusa dalla comunità sociale. I detenuti conservano l’iscrizione al SSN per tutte le forme di assistenza sanitaria, che sia preventiva, di diagnosi, di cura o di riabilitazione previste dai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e sono esclusi dal sistema di compartecipazione (esenzione ticket con codice F01). Questo riguarda anche gli stranieri, limitatamente al periodo di detenzione. All’interno della realtà penitenziaria, devono essere assicurate obbligatoriamente prestazioni sanitarie comprendenti attività mediche di base, attività specialistiche ed attività farmaceutiche, azioni di educazione alla salute, di prevenzione, di sostegno del disagio psichico/sociale, di garanzia della salute mentale e dell’identificazione dei bisogni di salute, dell’assistenza alla gravidanza e maternità e dell’assistenza pediatrica.
Come sopra accennato, vengono attuati interventi di prevenzione e di promozione della salute: i primi per ridurre o eliminare i fattori di rischio che provocano le malattie e per migliorare la prognosi delle stesse attraverso la diagnosi precoce; i secondi, invece, per promuovere, da parte delle persone, l’acquisizione di comportamenti utili a migliorare la qualità della vita
La promozione della salute è tra gli obiettivi di salute dei Livelli Essenziali di Assistenza previsti dal DPCM 1.4.2008 ed è mirata all’assunzione di responsabilità attiva nei confronti della propria salute da parte dei detenuti. La promozione della salute è anche indicata nel DPCM, tra le “Azioni programmatiche e gli interventi prioritari” e, sulla base delle conoscenze epidemiologiche e delle condizioni di rischio, deve essere attivata attraverso interventi educativi e di responsabilizzazione e di miglioramento del contesto.
(AUSL Modena, 2024).
Fattori di Rischio
All’interno di questo specifico setting, emergono criticità che necessitano di una immediata gestione, quali il sovraffollamento e la promiscuità, l’alta incidenza di tossicodipendenti e la considerevole presenza di extracomunitari. La prima criticità consiste nella presenza in ogni stanza di detenzione di più detenuti del consentito, molto spesso, in verità realmente stipati. È indubbio che il sovraffollamento sia causa di promiscuità che, a sua volta, causa l’incremento di condizioni igieniche precarie e, data le possibili “devianze”, l’aumento di patologie contagiose. Inoltre, l’alta incidenza di tossicodipendenti, all’interno delle strutture penitenziarie, determina la presenza e la circolazione di un gruppo di patologie diffusive – infettive, legate all’assunzione di sostanze, come l’infezione da Virus dell’immunodeficienza umana (HIV), da Virus dell’epatite C (HCV) e da Virus dell’epatite B (HBV). L’alta presenza di extracomunitari, di contro, genera la ripresa di una patologia (provocata dal batterio Mycobacterium Tubercolosis) a trasmissione aerea: la tubercolosi (TBC).
La prevalenza di malattie infettive tra i detenuti, infatti, risulta superiore rispetto alla popolazione generale e questo fenomeno è favorito da alcuni fattori di rischio di trasmissione, quali: l’uso di droghe con somministrazione in endovena, a causa dello scambio di aghi non sterili, lo scambio di taglienti non sterili, i rapporti sessuali non protetti, i tatuaggi e i piercing auto praticati con strumenti non sterili. Ma, oltre ad un’elevata prevalenza di HIV, HCV, HBV e TBC, alcuni studi suggeriscono che, negli istituti carcerari, il cancro cervicale è, tra le donne, la patologia oncologica più ricorrente, per l’elevata prevalenza di infezione da HPV – Human Papilloma Virus (il virus è causa necessaria nello sviluppo del cancro cervicale, trasmissibile per via sessuale):
[…] le prove disponibili suggeriscono che le donne incarcerate sono maggiormente a rischio di cancro cervicale, ma è meno probabile che siano state sottoposte a screening per questa malattia
(Escobar & Plugge, 2020).
È fondamentale, pertanto, in virtù del fatto che la maggior parte dei prigionieri tornerà nella comunità dopo aver terminato le loro condanne, adottare misure preventive per garantire un buono stato di salute (e quindi equità di salute) durante la reclusione nonché una effettiva protezione contro la trasmissione di malattie infettive al rientro nelle rispettive comunità, così come previsto dalla Dichiarazione di Mosca sulla Salute carceraria come parte della Sanità Pubblica (OMS, 2003).
Per quanto prima esposto, la salute carceraria è considerata una delle principali componenti della Salute pubblica.
L’Assistente Sanitario come “Promotore di Salute”
Le ipotesi di intervento sopra richiamate rientrano nel campo professionale della figura dell’Assistente Sanitario (di seguito A.S.) che, come operatore sanitario addetto alla prevenzione, alla promozione ed alla educazione alla salute, può contribuire fattivamente con attività di prevenzione primaria, secondaria e terziaria: si pensi alle vaccinazioni, al controllo e alla sorveglianza sanitaria delle malattie infettive, nonché all’attività di screening per le patologie oncologiche e alla gestione, in raccordo con le ulteriori figure sanitarie, dell’indagine epidemiologica intramuraria. Tuttavia,
[…] per migliorare lo stato di salute delle persone detenute, accanto alla disponibilità di trattamenti e vaccinazioni, sarebbe necessario adottare misure preventive che includano l’offerta di informazione, l’educazione, campagne di screening e campagne contro i comportamenti a rischio, adattate al particolare contesto dell’ambiente carcerario.
(Sabina Gainotti, Carlo Petrini, 2019).
Considerato che le attività di educazione alla salute rientrano senza dubbio nelle azioni di prevenzione primaria, l’A.S. può di certo concorrere all’espletamento di tali attività, utilizzando strumenti e metodi caratterizzanti la sua professione, così come di seguito:
- il colloquio: è una comunicazione interpersonale guidata dall’operatore che, a monte, si prefigge uno specifico obiettivo. Mediante tale strumento, nel pieno rispetto del vissuto e dell’esperienza dell’utente (detenuto), senza pregiudizio e con astensione da qualunque giudizio, l’A.S. deve rilevare eventuali esposizioni a fattori di rischio e mobilitare le risorse del detenuto stesso, per far fronte ad uno degli ostacoli che si riscontrano più spesso nella Sanità Penitenziaria ovvero atteggiamenti di rifiuto dell’interessato nell’esprimere un proprio bisogno o nel sottoporsi ad accertamenti sanitari, al fine di non apparire debole rispetto agli altri. Pertanto, utilizzando un approccio “empowering”, l’operatore deve costruire un percorso di crescita con il detenuto, per fargli sviluppare nuove competenze e permettergli di compiere la scelta più idonea in termini di salute, in particolar modo qualora le politiche sanitarie permettessero di integrare attività di screening negli Istituti penitenziari (previste per specifici gruppi a rischio).
- diagnosi di comunità: mediante tale azione, l’A.S. identifica e quantifica la problematica insorgente, i gruppi e i fattori di rischio, individuando l’intervento più idoneo da attuare e sulla base delle risorse disponibili:
- 1. individua il gruppo a cui è destinato l’intervento educativo;
- 2. effettua diagnosi di comunità per valutare eventuale esposizione a determinati fattori di rischio;
- 3. pone diagnosi educativa, analizzando il bisogno emergente, ad es. informare sulle possibilità di trasmissione delle infezioni, le modalità di trasmissione e i rischi a cui si va incontro;
- 4. definisce gli obiettivi in base al bisogno analizzato; gli obiettivi devono essere misurabili nel tempo, in uno specifico range temporale;
- 5. valuta le risorse disponibili negli Istituti penitenziari (per tale motivo si dovrebbe porre attenzione anche alle politiche sanitarie);
- 6. effettua planning dell’intervento, cercando di evitare fattori che potrebbero peggiorarne l’esito, ad es. fare attenzione a non stigmatizzare;
- 7. attua l’intervento, anche in collaborazione con altri Professionisti della sfera sanitaria e sociale;
- 8. valuta l’intervento nel range temporale stabilito, per stimare l’efficacia dello stesso mediante questionari ma, anche, nei casi in cui fosse possibile, tramite l’osservazione di comportamenti successivamente messi in atto o la verifica dell’adesione alle prestazioni erogate.
- il dispositivo gruppale: trattandosi di una comunità (e quindi di un insieme di individui che condividono fattori comuni e che costituiscono un gruppo riconoscibile), una delle strategie educative vincenti potrebbe essere quella di programmare, con un équipe multidisciplinare, interventi di educazione alla salute. Questi ultimi dovrebbero consistere nell’illustrazione dei fattori di rischio, collegabili alle abitudini sessuali devianti negli Istituti penitenziari, e delle conseguenze cui si potrebbe andare incontro, nell’indicazione di astensione dalla pratica sessuale nei soggetti consapevoli di essere affetti da eventuale infezione, in particolar modo, a tutela del benessere comune. Infine, nel caso in cui vi fosse la possibilità di erogazione di attività di screening, l’intervento di educazione alla salute dovrebbe mirare alla chiara esposizione dei benefici e dell’importanza di sottoporsi all’attività di prevenzione secondaria.
Gli esposti interventi di educazione alla salute possono attuarsi mediante il ricorso alla metodologia educativa della “Peer education” (educazione tra pari) la quale permette, in questo specifico caso, al detenuto/a opportunamente formato/a (educatore paritario) di intraprendere un’attività formativa con altre persone sue pari, simili per età, status, interessi ed esperienze vissute, al fine di potenziarne conoscenze ed atteggiamenti che portano a compiere scelte responsabili in termini di salute. La peer education favorisce lo sviluppo di un rapporto di educazione reciproca, riducendo la differenza tra sé e gli altri, per mezzo di un linguaggio comune, e consentendo il passaggio da una comunicazione unidirezionale ad una comunicazione bidirezionale, attraverso un processo comunicativo che si basa sulla fiducia e che permette il rinforzo di modelli positivi.
In questo specifico setting, può risultare una strategia vincente perché composta da validi punti di forza, quali l’assenza di un rapporto gerarchico, che rende più credibile il passaggio di informazioni. Allo stesso tempo, viene meno anche il “giudizio”, permettendo al detenuto di esporre le proprie esperienze e problematiche, senza filtri, creando un rapporto di alleanza e reciproca collaborazione. - Alfabetizzazione sanitaria: tale attività dovrebbe essere rivolta non solo all’individuo ed alla collettività per aumentarne le conoscenze in termini di salute, ma anche ai detentori del potere, al fine di far emergere il grande impatto che hanno determinate patologie nella popolazione (comprendente anche la comunità carceraria). Vero è che essa è una delle attività previste dal Piano Nazionale della Prevenzione il cui generico obiettivo è di certo intervenire efficacemente su tutti i determinanti di salute, ma lo specifico fine è di puntare
[…] su alleanze e sinergie intersettoriali tra forze diverse, secondo il principio della Salute in tutte le Politiche e conferma l’impegno nella promozione della salute, chiamata a caratterizzare le politiche sanitarie non solo per l’obiettivo di prevenire una o un limitato numero di condizioni patologiche, ma anche per creare nella comunità e nei suoi membri un livello di competenza, resilienza e capacità di controllo (empowerment) che mantenga o migliori il capitale di salute e la qualità della vita.
Ministero della Salute – PNP2020/2025
Conclusioni
Risulta chiaro che, in questo specifico settore, l’A.S. assuma un ruolo di “promotore di salute”. Egli, infatti, concorre a realizzarla attraverso processi di informazione, sostegno ed educazione, rivolti prioritariamente al detenuto, e l’invito ad interventi individuali e/o di gruppo. Quest’ultimo può realizzarsi mediante l’utilizzo di un approccio integrato per il raggiungimento del concetto di salute, che include anche la proposta motivazionale come sostegno nella gestione dei processi di cambiamento dei comportamenti a rischio: tutto ciò, supportato da un lavoro di potenziamento delle competenze di vita, c.d. life skills, e in un’ottica orientata all’empowerment.
Se la salute è un ambito inevitabilmente multidisciplinare, l’adozione di un lavoro di èquipe e di rete diventa operativamente il fondamento delle azioni volte alla promozione, nell’ambito della quale la figura dell’A.S. può essere percepita come di raccordo tra il “dentro” e il “fuori”, che sensibilizza e attiva specifici interventi per garantire equità in termini di salute.
Per concludere, cito di seguito la frase dello scrittore Adriano Sofri che, a mio avviso, coglie pienamente il più ampio significato di Salute pubblica, come sopra riportato:
Può capitare a chiunque, anche a voi di finire in galera. Al contrario, è probabile che non vi capiti affatto. Tuttavia, anche se non andrete dentro, c’entrate. C’entriamo tutti.
All’uopo, di seguito riporto alcuni articoli del Codice Deontologico dell’Assistente Sanitario del 2012 che riaffermano quanto detto:
Art.2 Principi:
- 1. … omissis;
- 2. L’A.S. rispetta i diritti fondamentali dell’uomo e tutela e promuove la salute, intesa come stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e come fondamentale diritto della persona e interesse della collettività;
- 3. … omissis;
- 4. L’A.S. nella pratica della promozione della salute e della sanità pubblica assume i seguenti valori etici e principi fondamentali: a) portare beneficio: attenzione focalizzata sui miglioramenti della salute della popolazione non solo del singolo individuo (efficacia degli interventi nella realtà);
- b) … omissis;
- c) equità nella salute (giustizia sociale e distributiva);
- d) … omissis;
- e) empowerment individuale e di comunità, ossia il processo dell’azione sociale attraverso il quale le persone, le organizzazioni e le comunità acquisiscono competenza sulle proprie vite, al fine di cambiare il proprio ambiente sociale e politico per migliorare l’equità e la qualità di vita;
- f) …omissis;
- g) … omissis;
- h) … omissis;
- i) … omissis;
- j) omissis;
- 5. L’ A.S. si pone al servizio delle persone, delle famiglie, dei gruppi, delle comunità e delle molteplici aggregazioni sociali per contribuire alla diffusione di una cultura di prevenzione, allo sviluppo della promozione della salute ed al successo delle relative strategie;
- 6. …omissis;
- 7. …omissis;
- 8. l. d) coinvolgere i molti settori della società che sono implicati nell’assicurare la salute e la protezione da rischi infettivi, ambientali, economici e psico-sociali.
- 9. …omissis.
Art. 7 Responsabilità nei confronti della collettività:
- 1. L’A.S. deve impegnare la propria competenza professionale al servizio della collettività e deve contribuire allo sviluppo di politiche sanitarie e sociali a favore della salute.
- …
Bibliografia e Sitografia di Riferimento
- La tutela del diritto alla salute dei detenuti, Maria Laura Fadda, Rivista italiana di Medicina Legale, vol.34, fascicolo 2, 2012;
- Human Rights and Health. Fact Sheet. World Health Organization 2023. ;
- Interventi di prevenzione negli istituti penitenziari, AUSL Modena – Promozione della salute, ultimo aggiornamento 05-04-2024 ;
- Escobar N, Plugge E. Prevalence of human papillomavirus infection, cervical intraepithelial neoplasia and cervical cancer in imprisoned women worldwide: a systematic review and meta-analysis J Epidemiol Community Health 2020;74:95-102;
- Declaration, Prison Health as Part of Public Health. Adopted at Moscow October 2003. WHO (Regional Office for Europe);
- Principio di equivalenza delle cure e il diritto alla salute in ambito carcerario, Sabina Gainotti, Carlo Petrini Unità di Bioetica, Istituto Superiore di Sanità, 2019;
- Piano Nazionale della Prevenzione 2020/2025, Ministero della Salute;
- (Codice Deontologico dell’Assistente Sanitario approvato dal Consiglio Direttivo Nazionale nella seduta del 1.12.2012).