L’IMPACT DEFENSE MODEL: IL “DOVERE” DI DIFENDERSI?

IMPACT DEFENSE MODEL DIFENDERSI

a cura della Dott.ssa Rebecca Farsi

Introduzione

L’espressione mental defeat – è stata coniata da Anke Ehlers nel 1997 –  per indicare un contesto di aggressione nel quale la vittima mostra atteggiamenti di arrendevolezza e passività incompatibili con l’autodifesa. Si tratta di uno stato emotivo riscontrato soprattutto nelle aggressioni a carattere sessuale, nelle quali la sua presenza si rivela predittore positivo per lo sviluppo del PTSD, oltre che un fattore di rischio suicidario e un ostacolo alla buona riuscita della terapia.

Mental defeat is defined as the perceived loss of all autonomy, a state of giving up in one’s own mind all efforts to retain one’s identity as a human being with a will of one’s own. People who experience mental defeat differ in how they describe this experience.

(Ehlers, Maercker, Boos, 2008, p. 45).

Interrogate sulla propria condizione durante l’aggressione, le vittime si descrivono simili a pupazzi immobili e totalmente incapaci di muoversi. Meri oggetti nelle mani del carnefice.

Per Quale Motivo?

Di fronte all’aggressore il corpo diventa ostaggio del c.d. freezing, – una condizione anestetizzante che blocca le attività motorie e rende impossibile l’autodifesa (Porges, 2014; Van der Kolk, 2014).

A tutto questo si aggiunge uno stato di marcata dissociazione. Pur presente, la vittima è distante da se stessa. Si guarda dall’esterno. Come se quanto sta vivendo riguardasse qualcun altro. Se ne origina una condizione di “morte apparente”- che coinvolge la dimensione corporea ed emotiva, paralizzandone letteralmente le funzioni.

L’Impianto Fisiologico del Freezing

Il freezing è determinato dall’attivazione del sistema dorso ventrale, una porzione del nervo vago che entra in funzione in tutti i casi in cui, essendo impossibili sia l’opzione della fuga sia quella dell’attacco, il sistema simpatico subisce una neutralizzazione funzionale causando un blocco psicomotorio (Porges, 2014). Questa sorta di immobilità cataplettica viene utilizzata come strategie di difesa da alcune specie di animali che, di fronte ad un pericolo estremo e inevitabile, cercano di sfuggire alle fauci del predatore fingendosi morti. Nella speranza che cibarsi di una preda uccisa da qualcun altro possa suscitare nell’aggressore una sorta di disgusto.

Questa strategie di difesa, dalla forte base filogenetica, implica l’attivazione di un substrato neurofisiologico arcaico posto nel rettiliano, provocando una totale disconnessione tra le strutture corticali superiori e quelle inferiori limbiche

[…] dalle quali giungono ai centri della coscienza i segnali emotivi e quelli dolorosi, e dalle quali prendono origine le risposte motorie di fuga, attacco o richiesta di aiuto.

(Liotti, Farina, 2011, p. 119)

A questo stato di immobilità si collegano una serie di conseguenze neurofisiologiche a cascata riscontrate frequentemente nelle esperienze traumatiche. si ricordano tra queste:

  • iperproduzione di oppioidi endogeni, da cui il depotenziamento della nocicezione e l’innalzamento della soglia del dolore ( Caretti e Craparo, 2008);
  • iperproduzione di endorfine che agisce sulla sostanza grigia periacquaduttale  situata nel mesencefalo, e favorisce l’attivazione di una zona del cervelletto, detta piramide, in grado di modulare negativamente le condizioni di difesa per agevolare stati di immobilità, incoscienza e dissociazione (Anastasi, 2006; Burt, 1996);
  • brusca riduzione del tono muscolare, che rende difficoltoso il movimento e la coordinazione,  e con esse la possibilità di fuga;

Sotto il punto di vista cognitivo il freezing comporta il totale switch off delle seguenti aree:

  • lobi frontali,  coinvolti nelle competenze di problem solving e decision making;
  • ipotalamo, che cessa la sua funzione mediatrice tra l’amigdala e la corteccia cerebrale, da cui una degradazione della capacità percettiva ( Ademac, 1991);
  • memoria di lavoro, indispensabile per assimilare dati di nuova emissione e rielaborare quelli già immagazzinati ( Ademac, 1991; Squire e Zola-Morgan, 1991).
  • corteccia prefrontale dorso laterale, importante per il mantenimento dello stato di coscienza, il cui blocco determina l’amplificazione di percezioni dissociative e la disattivazione dei sistemi neurofisiologici corticali ( Lanius et al. 2001);
  • funzione corticale, coinvolta nell’esperienza di stati mentalizzanti, riflessivi e di consapevolezza del Sé ( Perry, 1997). 

Tutto si paralizza, in prospettiva di un contrattacco considerato già in partenza impossibile. La vittima si offre all’aggressore in un resa assoluta che in apparenza può lasciare interdetti.

Perché lo fa?

1. Largo alla Reazione:  l’Impact Model Mugging

L’unico modo per contrastare questa paralisi reattiva è favorire il ripristino della “motivazione a difendersi”. La sensazione di sentirsi in trappola, tipica di un panico pervasivo, deve essere sostituita da un istinto autoconservativo che mobiliti le risorse psicofisiche autodifensive.   

È proprio questa la finalità che ha ispirato molte strategie fondate sul potenziamento della risposte attacco-fuga, tra cui l’Impact Model Mugging, nato in California nel 1971 e rapidamente diffusosi in tutti gli Stati Uniti. 

L’evento propulsore della tecnica è stata l’esperienza di stupro subita da un’insegnante di Karate che, di fronte al proprio aggressore, si mostrò incapace di utilizzare quelle mosse di autodifesa che insegnava agli altri, e nelle quali si mostrava assolutamente abile.  Invece nulla. Proprio quando ne avrebbe avuto più bisogno, le sue funzioni esecutive si immobilizzarono totalmente, costringendola ad uno stato di blocco motorio-cognitivo, che impedì la difesa ( Van der Kolk, 2014).

Non c’è da stupirsi. Molte vittime di stupro dichiarano di aver sperimentato stati di passività in grado di congelare corpo e psiche. Principalmente a causa di un’angoscia frammentante che, di fronte ad uno stress sopraffattivo, può tramutarsi in una trappola mortale, facendo venir meno quella necessaria connessione tra i centri del sistema limbico arcaico – che controllano il sistema attacco fuga- e il sistema corticale superiore, sul quale poggia la corretta pianificazione degli stessi.

Ovvio come in una situazione di pericolo sia difficile mantenere la concentrazione, la calma e il classico sangue freddo per affrontare le difficoltà. La mente emotiva prende il sopravvento su quella razionale e l’istinto di sopravvivenza mette in moto una serie di condotte reattive che, condividendo ben poco con la capacità di ragionamento, sono molto più affini alle competenze istintuali non apprese, e non giocano sempre a favore della vittima. Ma pur sotto condizioni di pressione ed estremo pericolo è necessario conservare un residuo di agency, di da cui la possibilità di avere accesso ai propri stati mentali, mantenendo un’autoconsapevolezza che renda possibile una reazione “disperatamente” razionale.

2. Ripristinare l’Ora Zero

L’Impact Model Mugging mutua il linguaggio militare quando asserisce che, nel momento preciso dell’attacco, ogni risorsa psicofisica deve essere tramutata in “energia positiva utile al combattimento” ( Rousseau, 2019). Le vittime devono imparare a difendersi con ogni parte del corpo, sotto la guida di una mente in grado di mantenere quanto più possibile il controllo pur nell’incombere della minaccia:

[…] una studentessa raccontò di aver combattuto con successo contro un aggressore maschio gigantesco che era finito steso per terra ( difeso dai suoi colpi soltanto da una tuta imbottita molto resistente) e di aver tenuto, durate il fronteggiamento, le braccia alzante, secondo la mossa di karate, scandendo chiaramente e in tono calmo, no.

(Van der Kolk, 2014 p. 250)

Pur coinvolta in una situazione potenzialmente distruttiva, la psiche deve preparare una strategia di difesa consapevole, evitando agiti passivizzanti e stati di siderazione. Anche il corpo deve inserirsi in un prospettiva agente e reattiva, sbloccandosi da una condizione dissociativa che indebolisce l’azione finalistica e depaupera le capacità motorie, impedendo la difesa. Dunque psiche e soma devono agire in sinergia, costruendo un feedback propulsivo in cui l’azione dell’uno potenzia la reazione dell’altro.

Come Riuscirci? I Passi dell’Addestramento

Prima di tutto è necessario lavorare con la parte motivazionale, cercando di rafforzare il potenziale organizzativo e direzionante della reazione difensiva. La vittima deve soppiantare la convinzione dell’inevitabilità dell’attacco. Non deve sentirsi in trappola, per non trasmettere questa certezza alla dimensione somatica indebolendola a sua volta. È invece necessario pianificare modalità e timing della difesa, cercando di intuire, pur in un breve lasso di tempo, il miglior modo per contrattaccare. In poche parole per mantenere attivo il sistema simpatico e concedersi una possibilità di salvezza.

Lavorare sulle Competenze: le Fasi della Strategia  

Nelle sessioni di addestramento in palestra, l’Impact Model Mugging fa leva sulla riproduzione realistica di un’aggressione attraverso l’impiego di strategie simulative in cui una “finta vittima”  e un finto assalitore vengono chiamati a confrontarsi.

Per quanto si tratti di lezioni svolte in gruppo, nelle prime fasi è importante che la lotta simulata venga sempre condotta contro gli istruttori- debitamente protetti da tute imbottite- e mai contro i compagni di corso. E non soltanto per ragioni di sicurezza. Misurarsi con soggetti la cui  capacità di difesa è nettamente superiore alla propria contribuisce ad una riproduzione più realistica del contesto di attacco e riflette la dimensione di inferiorità- fisica ed emotiva- percepita dalla vittima nel confronto con l’aggressore.

L’addestramento prevede una serie di fasi operative:

  • Step della psicoeducazione

In primo luogo qualche lezione educativo-informativa, volta ad identificare tutti i contesti a maggior rischio di aggressione  e ad evitarne il più possibile la frequentazione; ovviamente si tratta di seguire regole prudenziali piuttosto comuni e generalmente ben conosciute ( non recarsi in luoghi pericolosi da soli, non intrattenersi con gli sconosciuti, evitare di salire nei mezzi pubblici durante le ore notturne) che tuttavia non è sempre possibile seguire. E in questi casi, niente panico è la parola d’ordine: dopo aver preso coscienza di ciò che sta rischiando, la vittima deve fare appello a tutte le risorse psicofisiche con le quali può contrastare l’avversario.
Come?

  • Step dell’organizzazione

Prendere un respiro subito prima di iniziare la difesa è il passo fondamentale per non cadere nell’angoscia paralizzante: un buon controllo respiratorio consente un livello di ossigenazione cerebrale indispensabile a mantenere la lucidità del pensiero e la velocità dell’azione; favorisce l’attività del sistema attacco fuga e la mobilitazione  dell’apparato muscolo-scheletrico; determina il velocizzarsi della circolazione sanguigna e un incremento della produzione ormonale- in particolare di adrenalina- in grado di preparare l’organismo al contrattacco, esaltandone le prestazioni di scatto e mobilità (Anastasi, 2006; Burt, 1996; Porges, 2014). Così, quella stessa adrenalina che nel freezing costituisce un elemento passivizzante, può tornare a svolgere una funzione vantaggiosa per la difesa, ponendo tutte le risorse al servizio dell’istinto autoconservativo (Rousseau, 2019) .  

  • Step comportamentale

È necessario incanalare l’angoscia in una direzione rielaborante che si rispecchi nella postura e nell’atteggiamento: per questo la vittima deve sforzarsi di mantenere una posizione eretta, un tono di voce deciso e uno sguardo che non interrompa il contatto oculare con l’aggressore, facendogli intuire di avere la situazione in pugno.

  • Step di difesa fisica

Il metodo mutua dalle arti marziali le proprie tecniche di autodifesa. Mosse semplici e dirette, ma potenzialmente in grado neutralizzare l’aggressore mettendolo al tappeto.

Non si usano solo braccia e gambe

Durante l’addestramento l’allievo viene avviato all’esercizio del colpo d’occhio e della visione periferica, finalizzati a mantenere il controllo del contesto extra corporeo e ad impedire l’incursione di colpi a sorpresa. Per favorire l’autodifesa nelle situazioni più svantaggianti è inoltre prevista la simulazione di combattimenti svolti a terra, al buio o di attacchi realizzati in gruppo. Previsto anche l’impiego del pepper spray, in grado di immobilizzare temporaneamente l’aggressore, e della c.d. difesa improvvisata, realizzata attraverso l’impiego di strumenti di fortuna- ad esempio ombrelli, penne chiavi- nel presupposto che, se ben impiegato, persino l’oggetto più impensabile possa servire ad uno scopo di autodifesa (Rousseau, 2019).

La vittima deve cercare di trarsi in salvo senza mettersi in pericolo. Usando la testa più dell’istinto.

Al termine dell’addestramento l’allievo avrà sviluppato competenze da spendere in ogni contesto di aggressione, ma soprattutto disporrà di quella mentalità difensiva che attraverso un’adeguata fiducia nel Sé e nelle proprie risorse ripristini il locus of control interno e imponga l’autotutela COME UN DOVERE.

Mai Arrendersi

L’Impact Model Mugging impedisce di arrendersi quando tutto sembra perduto. È la voce che spinge a proteggersi anche quando si è convinti che non ne valga la pena. Nella certezza che esista sempre un modo per difendersi da un sopruso, e che rimanere paralizzati di fronte all’aggressore non sia certo il modo migliore per riuscirci.

Ormai praticati in tutti gli stati americani, i corsi di Impact Mental Mugging si stanno velocemente diffondendo anche in ambito europeo, sotto la spinta di un’esigenza di autodifesa che coinvolge soprattutto il genere femminile. L’obiettivo è potenziare la capacità di difesa delle donne e di tutti i soggetti vulnerabili. Si tratta inoltre di corsi che non richiedono particolari prerequisiti di preparazione atletica e possono essere attuati da chiunque, indipendentemente dall’età, dal grado di allenamento e della struttura fisica. L’augurio è che la necessità di difendersi subisca una netta diminuzione, fino a scomparire. Ma nel rispetto di una prospettiva meno utopica e più contingente, la vittima deve essere messa in grado di difendersi utilizzando tutte le strategie possibili. Compresa quella dell’attacco.


Bibliografia e Risorse Informatiche

Anastasi, H. et al., ( 2006) Trattato di anatomia umana, vol. 3, 4ª edizione, Milano, Edi.Ermes, 2006, p. 74;

Burt, A.M. ( 1996) Trattato di neuroanatomia, Padova, Piccin, PP. 227-228;

Caretti, V., Craparo, G. (2008) La disregolazione affettiva e la dissociazione nell’esperienza traumatica, Astrolabio, Roma;

Ehlers, A. Clark, D., Dunmore, E., Meadows E., (1997) Predicting Response to Exposure Treatment in PTSD: The Role of Mental Defeat and Alienation, in Journal of Traumatic Stress, Vol. 11, No. 3, 199;

Ehlers, A. Maercker, A. Boos, A. ( 2000) Posttraumatic Stress Disorder Following Political Imprisonment: The Role of Mental Defeat, Alienation, and Perceived Permanent Change, in Journal of Abnormal Psychology 2000, Vol. 109. No. 1, 45-55

Lanius (2001) Neural correlates of traumatic memories in posttraumatic stress disorder: a functional MRI investigation IN American Journal of Psychiatry, n. 158, pp. 1920-1922;

Liotti, G., Farina, B. (2011) Sviluppi traumatici: eziopatogenesi, clinica e trattamento della dimensione dissociativa, Raffaello Cortina, Milano;

Perry, B.D. (1997) INCUBATED IN TERROR: Neurodevelopmental Factors in the ‘Cycle of Violence’ In: Children, Youth and Violence: The Search for Solutions (J Osofsky, Ed.). Guilford Press, New York, pp 124-148, 1997

Porges, S. W. (2014) La teoria polivagale. Fondamenti neurofisiologici delle emozioni, dell’attaccamento, della comunicazione e dell’autoregolazione, Giovanni Fioriti, Roma;

Rousseau, D. (2019), Model Mugging and the impact of trauma aware self defense, in https://sites.bu.edu/ Boston University, consultato in data 3 ottobre 2024.

Squire L.R., Zola Morgan, S. (1996) The medial temporal lobe memory sistem; in Science, n. 153, pp. 2380-2386;

Van der Kolk B. A. (2014) Il corpo accusa il colpo, tr.it. Raffaello Cortina, Milano.

Risorse informatiche

https://modelmugging.org/ consultato in data 23 NOVEMBRE 2024.