Psicologia del benessere: come e cosa monitorare e migliorare attraverso la valutazione funzionale 

Analisi Funzionale del Comportamento Basi Teoriche e Campi di Applicazione

A cura della Dott.ssa Eleonora Vittori

Steve de Shazer, uno dei maggiori esponenti delle terapie brevi centrate sulla soluzione di un problema, ha formulato quanto segue: 

Se non è rotto, non aggiustarlo. Se qualcosa funziona, fallo di nuovo. Se non funziona, fai qualcosa di diverso” 

(de Shazer et al.,2007) 

È questa un’affermazione piuttosto chiara e intuitiva e personalmente credo calzi discretamente con l’analisi funzionale del comportamento uno strumento di utilizzo clinico attraverso cui è possibile individuare, come saggiamente scrive de Shazer, ciò che funziona e ciò che invece deve essere ristrutturato a favore del benessere psicofisico. L’analisi funzionale possiede caratteristiche sia descrittive che correttive: descrittive perché, in primo luogo, si parte dall’individuazione dell’antecedente, ovvero di ciò che presumibilmente o con un buon grado di certezza ha scatenato una reazione psicofisica, poi si passa alla descrizione topografica del comportamento e/o di una reazione potenzialmente problematici per il soggetto, e infine a riportare le conseguenze dei su scritti agiti. Possiamo inoltre definire l’analisi funzionale correttiva perché analizzare le cause scatenanti e le conseguenze delle nostre reazioni ci permette di essere più consapevoli e capaci di poterci ristrutturare, affinché si possano limitare reazioni disfunzionali e promuovere nuove modalità comportamentali più adeguate al contesto. 

Questo strumento è largamente utilizzato nella terapia ABA, volta alla riabilitazione comportamentale nei bambini autistici, che ha lo scopo di scoraggiare condotte disfunzionali e d’implementare e/o insegnare modalità di agito maggiormente inclusive e adeguate al contesto. 

Rendi cosciente l’inconscio, altrimenti sarà l’inconscio a guidare la tua vita e tu lo chiamerai destino”.

Carl Gustav Jung

1. Alcuni contributi storici 

Come accennato nell’introduzione questo è uno strumento di utilizzo clinico, il che ci dovrebbe spingere a pensare che non appartiene esclusivamente al tecnico o all’analista del comportamento, ma anche a uno psicologo o terapeuta che, per motivi di formazione e soprattutto deontologici, crede nel dato concreto e visibile e intende trasmettere tale principio alla sua utenza. 

Prima però di approfondire tale assunto è bene fare un salto indietro, a quando nella storia della psicopatologica s’incontrarono due titani del trattamento: il comportamentismo e il cognitivismo

1.1. La Teoria Comportamentista

Occupando i laboratori di psicologia intorno al 1960, il paradigma d’origine comportamentista basava le proprie ricerche sull’identificazione di alcuni meccanismi sottesi all’apprendimento umano, per lo più innati, partendo dal presupposto che la conoscenza di tali circuiti potesse portare alla gestione/modifica del comportamento, unica variante osservabile nel e dall’ambiente circostante. 

Sebbene il comportamentismo abbia radici più antiche nella storia della psicologia, ai fini dell’argomento trattato mi soffermerò sul contributo scientifico del fisiologo Ivan Pavlov e dello psicologo statunitense Burruhs Skinner. 

L’esperimento di Pavlov si svolse intorno al 1927, quando il fisiologo pensò di presentare uno stimolo neutro (suono di una campanella) immediatamente prima di uno stimolo piacevole e fisiologicamente eccitante (cibo) per il cane con cui stava lavorando. Dopo una frequente esposizione a tale associazione, il cane cominciò a produrre saliva al solo ascolto della campanella, a dimostrazione che uno stimolo inizialmente neutro possa diventare saliente (condizionato) se associato a qualcosa di piacevole. 

Skinner, attraverso il suo esperimento denominato “Skinner Box”, apportò valore aggiunto al comportamentismo. All’interno di una gabbia dotata di una leva che somministrava cibo, l’animale in esame, muovendosi, inizialmente abbassava casualmente la leva e scopriva che la stessa erogava cibo. Dopo una serie di tentativi, l’animale si recava in tempi più brevi alla leva; imparava così che il suo comportamento sarebbe stato premiato e, quindi, rinforzato da una conseguenza piacevole. Tale conseguenza è definita da Skinner rinforzo positivo. 

Sugli approfondimenti teorici e pratici di Pavlov e Skinner, oggi si basano molti dei programmi di riabilitazione ABA: ad esempio, il condizionamento di nuove attività s’ispira al condizionamento, definito classico, d’impronta pavloviana e la consegna di un rinforzo a seguito di un comportamento corretto è nello stile del condizionamento, definito operante, di Skinner. 

1.2. La Teoria Cognitivista

Ciò che però limitava il paradigma precedente era il mancato approfondimento dei meccanismi cognitivi sottesi all’apprendimento come l’attenzione, la memoria, la percezione e il pensiero. 

In soccorso al comportamentismo vennero dunque le nuove teorie cognitiviste tra il 1962 e i primi anni del 1970, intente a indagare i fenomeni della vita mentale non direttamente osservabili ma radice dell’agito comportamentale. Essi elaborarono l’esistenza di una serie di sistemi di regolazione comportamentale basati su motivazioni innate come mangiare, dormire o mantenersi vicini alla figura di attaccamento e motivazioni di origine emotiva, con la funzione di monitorare il grado di successo e/o insuccesso rispetto a un obiettivo prefissato. Tali sistemi confluiscono in schemi cognitivi, intesi come una sintesi integrativa tra i nostri sistemi interni, le nostre esperienze interpersonali e l’ambiente in cui viviamo. Essi, introducendosi nei sistemi di memoria, orientano la maggior parte dei nostri comportamenti. 

Come per il comportamentismo, a contribuire alle ricerche cognitiviste vi furono gli approfondimenti di Aaron T. Beck: egli, prendendo in esame pazienti con depressione, elaborò la triade cognitiva, un insieme di pensieri automatici negativi sulla visione del mondo, degli altri e di sé stessi e che mantiene uno stato d’animo e conseguentemente comportamentale, tipico della depressione. Di buon grado furono anche le teorizzazioni di Albert Ellis il quale spiegò che l’invalidazione e il mantenimento di un disturbo potevano essere sciolti attraverso una riflessione critica su i propri schemi mentali, che decostruisca quelli disfunzionali e sviluppi nuovi approcci, nuovi punti di vista. È così che una persona potrebbe rinnovare sé stessa, a partire dalla mente fino ad arrivare all’agito. 

1.3. Nasce la Terapia Cognitivo-Comportamentale

Non dubitare mai che un piccolo gruppo di cittadini coscienziosi e impegnati possa cambiare il mondo. In effetti, è l’unica cosa che è sempre accaduta
(Margaret Mead)

Ed è proprio grazie all’unione di questi due paradigmi che nell’ambito della terapia psicologica si fece spazio, intorno ai primi del 1970, un nuovo approccio d’intervento, la terapia cognitivo-comportamentale

È come se, a partire da quel momento, divenne possibile prendersi cura di una persona come fosse un albero: non bastava sfoltire la ricca “chioma” dei suoi comportamenti per poter vivere al meglio, era anche necessario porre l’attenzione alle radici (processi cognitivi), riconferire loro il giusto equilibrio e, di conseguenza, la giusta stabilità al tronco dell’albero. 

Nella prospettiva di questa terapia, oggi molto valida ed efficace nel trattamento di molti disturbi mentali, si parte da tre concetti fondamentali, come la definizione dell’obiettivo, che delinea altresì le aspettative del cliente e che può essere aggiornato o revisionato in base alle esigenze, l’auto-osservazione, attraverso cui il cliente viene invitato a esplorare il suo stato interno e i comportamenti conseguenti e l’applicazione vera e propria delle tecniche cognitive e di quelle comportamentali, finalizzate all’approfondimento e al miglioramento mirato. 

2. Un Esempio Applicativo: l’ABC

Evidenze scientifiche dunque dimostrano che le dinamiche mentali e i comportamenti che potrebbero conseguirne sono soggetti a modifiche e miglioramenti e in casi cronici o di forte a necessità particolari, certamente intraprendere un percorso psicologico al fianco di un professionista è la scelta migliore. Da questo affiancamento, con il tempo necessario, per il cliente potrebbe divenire possibile interiorizzare le strategie restituite dallo psicologo tanto da poterne usufruire autonomamente. 

Una delle strategie cognitivo comportamentali ispirata alla valutazione funzionale, che può essere suggerita e applicata potenzialmente in qualsiasi contesto quotidiano, è il modello dell’ABC

L’acronimo definisce quanto segue: antecedenti, ovvero tutto l’insieme di quelle dinamiche che precedono immediatamente o in maniera differita un comportamento; comportamenti (behavior) e dunque tutto ciò che concerne azioni (urlare, piangere, saltare, ecc..); convinzioni e credenze (beliefs) relative agli schemi cognitivi sopra descritti; ai piedi dello schema troviamo infine le conseguenze, relative alle reazioni emotive e comportamentali. 

Innanzitutto sarebbe bene inquadrare un contesto all’interno del quale, con una certa frequenza, durata e intensità, si verificano tutti gli eventi in antecedenza. Questi ultimi possono essere esterni come ad esempio una richiesta da parte di altri, oppure interni come ad esempio un fastidio fisico o un pensiero automatico. A tali dinamiche contribuisce l’insieme degli script (schemi) cognitivi e la motivazione della persona. Come già descritto entrambi questi due elementi governano i nostri pensieri e i conseguenti comportamenti, orientandoci verso mete e obiettivi. Strettamente legati alla motivazione sono i cosiddetti rinforzi, ovvero tutto ciò che per la persona è piacevole ricevere a seguito di uno sforzo o semplicemente per soddisfazione personale e che può essere di diversa natura (sociale, alimentare, economico, ecc. La natura dei rinforzi può essere altresì negativa o positiva, quando ci spinge ad allontanarci da una situazione sgradevole o sgradita nel primo caso o ci spinge ad agire nel secondo. Questo tipo di valutazione funzionale colloca la persona in una posizione di responsabilità rispetto alle variabili causa- effetto, rendendola maggiormente consapevole. Inoltre restituisce all’individuo la possibilità di riflettere e agire su quanto mantiene i comportamenti disfunzionali, a favore di altri maggiormente adattivi e salutari per sé stessi e, di conseguenza, per quanto lo circonda. 

L’ABC predispone diversi modelli, in modo che si possano utilizzare a seconda delle esigenze dell’utenza. Alcuni sono completamente vuoti, altri invece contengono esempi esplicativi di ciò che potrebbe aver preceduto un comportamento, la descrizione topografica e operazionale dei comportamenti e le possibili conseguenze che hanno estinto o mantenuto il comportamento. Tuttavia in generale si presenta con tre colonne. Le tabelle 2.1 e 2.2 riportano un paio di esempi di modelli ABC di cui il primo può essere riempito in autonomia, analizzando l’evemto scatenante, il sistema cognitivo e gli effetti dell’elaborazione cognitiva, mentre il secondo elenca degli elementi da spuntare durante la messa in atto di un comportamento problema. 

Tabella 2.1 ABC cognitivo da riempire in autonomia

Evento attivante Sistema di convinzioni Conseguenze 
Cos’è successo?
Dove mi trovavo?
Chi c’era? 
Cosa ho pensato? Come ho reagito?
Cosa ho fatto? 

Tabella 2.2: ABC guidato in caso di comportamenti problema per analisi funzionale

Antecedente Comportamento Conseguenze 

Interruzione di attività piacevole
Accade qualcosa d’inatteso, ecc.. 

Piangere
Urlare
Arresto fisico
Ecc… 


Rimprovero
Mantenimento richiesta
Ignorato
Ecc.. 

2.1 Dove e come applicare la valutazione funzionale con l’ABC 

Tornando dunque allo psicologo che crede nel dato concreto e nella volontà e coscienza della propria utenza, è possibile per il professionista diffondere e generalizzare l’uso dell’analisi del comportamento a qualsivoglia contesto quotidiano, clinico e non. 

Questo perché in letteratura sono presenti soprattutto dati relativi alla clinica ma quello 

dell’ABC potrebbe diventare uno sistema d’analisi logica degli eventi, siano essi causati da fattori esterni o causati da fattori interni. 

Un esempio pratico potrebbe prendere in esame le dinamiche che corrono all’interno di un rapporto di coppia. Prendiamo Luca e Chiara (nomi di fantasia), fidanzati da circa due anni (dinamica di fantasia). Prendiamo in esame un evento e analizziamone in un secondo momento le suddette dinamiche. 

Una sera dopo aver fatto l’amore Chiara inizia a rattristarsi. Il suo viso si rabbuglia e assume i tratti caratteristici della tristezza (labbra leggermente e occhi rivolti leggermente verso il basso, sospiri profondi, ecc..). Luca riesce a percepire lo stato d’animo della sua fidanzata e le chiede cosa l’abbia rattristata. Chiara risponde prontamente: “nulla, lascia stare..” , ma questa risposta non soddisfa il fidanzato, che le chiede nuovamente cosa l’abbia turbata. All’ulteriore tentativo Chiara si esprime apertamente, confessando che la sua generale difficoltà a raggiungere l’orgasmo durante i rapporti possa portare Luca a stancarsi di lei e questo la rattrista. A quel punto il fidanzato tenta dolcemente di infonderle sicurezza, abbracciandola e dicendole che per lui ciò che conta è godersi l’intensità di quel momento insieme, a prescindere dal 

raggiungimento o meno dell’orgasmo. Chiara si rasserena e riprendono l’effusioni affettuose tra i due. 

Come vedete, è possibile individuare i tre momenti prendendo in esame il sistema cognitivo- comportamentale di Chiara. Potremmo analizzare l’evento in questo modo: 

  • Evento attivante: Una sera dopo aver fatto l’amore Chiara inizia a rattristarsi. 
  • Sistema di convinzioni di Lucia: “Luca potrebbe pensare che non mi piace abbastanza e potrebbe lasciarmi…non riesco a dimostrargli che mi piace fisicamente..” 
  • Conseguenze: tristezza e ansia, si mette seduta sul letto e assume una posizione di chiusura(gambe piegate, braccia sulle ginocchia e testa sulle braccia) 

Analizziamo adesso la situazione, passando alla prospettiva di Luca. 

  • Antecedente: Chiara appare triste e si chiude in se stessa, 
  • Convinzioni: “la vedo triste.. penso ci sia qualcosa chela turba.. vorrei aiutarla..”.
  • Conseguenze: preoccupazione, cerca il dialogo diretto con Chiara e prova ad avvicinarsi a lei con calma 

Nella migliore delle ipotesi, Chiara esprimerà apertamente le sue emozioni e i sui pensieri e Luca sarà in grado di accoglierla, comprenderla e rassicurarla. In questo caso possiamo dire che Luca e Chiara hanno gestito in maniera piuttosto funzionale la dinamica creatasi, dal momento che lei decide di parlare chiaramente al suo fidanzato e lui ha accolto il suo turbamento rassicurandola. I loro comportamenti di reciproco ascolto, hanno portato a ristabilire l’equilibrio. 

Attraverso l’ABC è altrettanto possibile analizzare i comportamenti problema (CP) talvolta messi in atto da bambini o ragazzi autistici. In questi casi potrebbe essere possibile: individuare e di conseguenza ridimensionare le dinamiche scatenanti; intervenire con le dovute e opportune accortezze durante il comportamento e/o cambiare le strategie di gestione conseguenti al comportamento laddove necessario. Tutto ciò al fine di individuare l’interevento comportamentale più adeguato che interrompa eventuali meccanismi di mantenimento e favorisca alternative cognitivo-comportamentali più funzionali, sia per il bimbo che per le figure che lo supportano. Facciamo un esempio. 

  • Antecedente: è stato detto “no” 
  • Comportamenti: pianto, urla, autolesione 
  • Conseguenze: contenimento fisico 

Infine questo paradigma di analisi può essere suggerito a quei genitori che decidono d’intraprendere percorsi di parent training, con l’obiettivo psicoeducativo di migliorare la comunicazione con il figlio e la gestione comportamentale dello stesso. Il paradigma d’analisi potrebbe assumere un forma ancora diversa comprendendo ad esempio anche fattori di vulnerabilità, ovvero tutte quelle variabili che in antecedente potrebbero accrescere la possibilità che si verifichino certi comportamenti e/o che sorgano determinati pensieri. Vediamo un esempio di proposta ai genitori, individuando già tutti gli elementi dell’analisi. 

  • Fattori di vulnerabilità: es. poche ore di sonno, stanchezza eccessiva, forte eccitazione, ecc. 
  • Antecedente: richiesta di andare a tavola, fare una gara di nuoto, vedere la mamma accudire il fratellino più piccolo, ecc.. 
  • Comportamenti (cosa ha fatto il bambino?): urla, pianto, gettarsi a terra, ecc.. 
  • Conseguenza (cosa ho pensato io? Cosa ho fatto? Cosa ho detto?): “poverina, perché la devo costringere?”, “non ne posso più.. ora gli do uno schiaffo!”, ecc.. 

Alla conseguenza potranno seguire le reazioni del bambino, dalle quali volendo è possibile generare ulteriori ABC come nel primo esempio e che potrebbero suggerire la possibilità di agire sugli antecedenti oppure sulle conseguenze, al fine d’intercettare e/o ridimensionare il picco comportamentale. 

Conclusioni

La valutazione funzionale dunque potrebbe, come probabilmente molti altri strumenti di meta cognizione, essere vista come un’estensione della mente umana, dal momento che il suo corretto utilizzo potrebbe essere funzionale al raggiungimento della consapevolezza dei propri limiti e delle proprie capacità, migliorando dove necessario e incrementando ciò che ,come diceva De Shazer, funziona già bene così. 

Sitografia

  1. Frasi, citazioni e aforismi sulla psicologia – Aforisticamente
  2. Frasimania.it

Bibliografia

  1. Beck A.T., Rush A.J., Shaw B. F., Emery G., “terapia cognitiva della depressione”, 1987
  2. Beck A.T., “cognitive –behavioral therapy disorders”, 1976
  3. Denny Menghini, Serena Tomassetti: “Il parent training, oltre la diagnosi”. Edizioni centro studio Erickson (2022)
  4. Claudia Perdighe, Francesco Mancini: “Elementi di psicoterapia cognitiva”- II edizione (2010)
  5. Carradori Giorgia, Sangiorgi Anna: “Analisi funzionale del comportamento-principi, metodi e tecniche” – Edizioni Centro studi Erickson (2017)
  6. Flavio Canistrà, Federico Piccirilli: “Terapia breve centrata sulla soluzione” – EPC editore (2021)
  7. Giovanni B. Cassano, Antonio Tundo: “Psicopatologia e clinica psichiatrica”- UTET S.p.a. (2006)
  8. Sabrina Fazio, “Psicologo. Manuale per l’abilitazione. Prepararsi all’esame di stato”