Salute sul lavoro: un approccio integrato tra medicina del lavoro, sorveglianza sanitaria e gestione del lavoro notturno

La Medicina del Lavoro, anche nota come Medicina Occupazionale, costituisce una specializzazione dedicata alla salvaguardia della salute dei lavoratori, affrontando la prevenzione, diagnosi e cura delle malattie professionali derivanti dall’attività lavorativa e dalle condizioni ambientali.

Gli obiettivi includono la promozione della salute, l’adattamento dell’ambiente di lavoro alle esigenze di sicurezza e salute, nonché la creazione di una cultura aziendale favorevole alla salute e alla sicurezza, con riflessi positivi sulla produttività.

In questo contesto, la Sorveglianza Sanitaria assume un ruolo fondamentale, consistendo in atti medici mirati a tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori in relazione all’ambiente di lavoro e ai rischi professionali.

Il Medico Competente, designato dal Datore di Lavoro, è responsabile di condurre diverse tipologie di visite, valutando l’idoneità dei lavoratori e monitorando il loro stato di salute nel tempo, con esiti allegati alla loro documentazione sanitaria.

Il lavoro notturno, inserito tra i potenziali rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori, implica condizioni di stress per l’organismo, alterando il ritmo sonno/veglia e influenzando funzioni biologiche come temperatura corporea, produzione di urina e secrezioni ormonali.

Ciò può causare disturbi del sonno, problemi digestivi, stress e aumento di peso a breve termine, mentre a lungo termine si possono verificare malattie gastroenteriche, effetti sulla sfera psicoaffettiva e malattie cardiovascolari.

La definizione di lavoro notturno è fornita dal Decreto Legislativo n. 66 dell’8 aprile 2003, che attua le direttive 93/104/CE e 2000/34/CE riguardanti l’organizzazione dell’orario di lavoro.

Il periodo notturno è considerato quello di almeno sette ore consecutive che comprendono l’intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino.

Un lavoratore notturno è colui che svolge normalmente almeno tre ore di lavoro durante il periodo notturno o, secondo le disposizioni del contratto collettivo di lavoro (CCNL) applicato, qualsiasi lavoratore che dedichi almeno una parte del suo orario notturno.

In mancanza di regolamentazione collettiva, viene considerato lavoratore notturno chi svolge almeno tre ore di lavoro notturno per un minimo di ottanta giorni lavorativi all’anno, con un adeguamento per il lavoro a tempo parziale.

I contratti collettivi di lavoro stabiliscono anche i requisiti per escludere alcuni lavoratori dall’obbligo di effettuare lavoro notturno.

Tuttavia, il Decreto Legislativo 66/2003 vieta il lavoro notturno dalle 24:00 alle 6:00 per le donne in stato di gravidanza e fino al compimento di un anno di età del bambino.

L’articolo 11 del decreto esenta anche dalla prestazione di lavoro notturno le seguenti categorie:

  • La lavoratrice madre di un figlio di età inferiore a tre anni o il lavoratore padre convivente con la stessa.
  • La lavoratrice o il lavoratore unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a dodici anni.
  • La lavoratrice madre adottiva o affidataria di un minore nei primi tre anni dall’ingresso del minore in famiglia, o il lavoratore padre adottivo o affidatario convivente con la stessa.
  • La lavoratrice o il lavoratore con a carico un soggetto disabile ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modifiche.

Secondo la normativa, l’orario di lavoro per i lavoratori notturni non può superare legalmente le otto ore in media nelle ventiquattro ore, salvo determinazione diversa da parte dei contratti collettivi, anche aziendali, che possono individuare un periodo di riferimento più ampio su cui calcolare il limite di media sopra citato.

Il lavoro notturno è considerato tra le attività definitivamente “usuranti“, conferendo ai lavoratori il diritto di richiedere la “pensione anticipata” presso l’INPS.