Serial Killer: esplorazione nel Mondo Oscuro dei Crimini Seriali

Abbiamo spesso osservato il comportamento di alcuni serial killer e analizzato delitti che hanno acquisito una notevole risonanza mediatica, attraverso letture attuali o romanzi ispirati oppure incuriositi da serie televisive tematiche. Un viaggio nell’universo dei motivi, della psicologia, del modus operandi e di molto altro ancora degli assassini e dei crimini più famosi, sia quelli passati alla storia che quelli strettamente legati all’attualità.

Il termine “serial killer,” noto anche come “omicida seriale” in italiano, si riferisce a un individuo spesso affetto da disturbi mentali che commette una serie di omicidi, di solito con un modus operandi comune. Di solito, gli omicidi del serial killer avvengono in tempi diversi, con pause tra un omicidio e l’altro, definite come “periodi di raffreddamento.” Durante questi intervalli, l’individuo vive una vita apparentemente normale, un aspetto che mette in luce il suo elevato disturbo mentale.

La definizione di omicida seriale è relativamente recente, anche se il fenomeno in sé è sempre esistito, anche se non era classificato come tale. Solo all’inizio del XX secolo è emersa una nuova visione di questi crimini, ma inizialmente si credeva che il movente principale fosse di natura sessuale. Solo successivamente si è compresa la vera complessità della personalità e della psicologia dell’omicida seriale, e sono emerse numerose categorie e sottocategorie per identificarli.

L’FBI e la Classificazione degli Assassini Seriali

Durante il secolo scorso, il fenomeno dei serial killer è diventato sempre più evidente e impressionante, sia a causa dell’aumento dei casi, sia a causa della diffusione e dell’interesse che i mezzi di comunicazione hanno suscitato nel tempo. Fino agli anni ’80, il termine “serial killer” non esisteva ancora, e si utilizzava invece la definizione di “omicida multiplo” per indicare tutti i casi in cui un individuo commetteva più di un omicidio senza ulteriori distinzioni.

Solo a metà degli anni ’80, l’FBI ha coniato il termine “serial killer” per identificare questi individui, soprattutto negli Stati Uniti, dove il fenomeno era più diffuso. Tuttavia, la definizione fornita dagli agenti era piuttosto generica, poiché non erano ancora stati condotti studi approfonditi per suddividere ulteriormente i casi. Quindi, l’FBI ha ufficialmente definito il serial killer come:

“un individuo che uccide più di due persone in tempi e luoghi diversi senza una chiara motivazione, anche se spesso è presente un movente sessuale di sfondo.”

Oggi, sappiamo che la connessione tra sesso e omicidio è solo una delle caratteristiche fondamentali nella psicologia dell’omicida seriale, ma esistono molti altri motivi che portano queste persone ad uccidere in modo sadico e brutale.

FBI ha suddiviso gli assassini multipli in tre categorie:

  • Mass Murderer (omicida di massa): colui che uccide quattro o più persone nello stesso luogo e nello stesso momento in un’occasione singola;
  • Spree Killer (omicida impulsivo): colui che uccide due o più vittime in luoghi diversi e in tempi ravvicinati, spesso con una causa scatenante che collega i casi. Di solito, l’omicida non conosce le sue vittime ed è spesso identificato facilmente perché lascia tracce;
  • Serial Killer (omicida seriale): colui che uccide tre o più persone in luoghi diversi, lasciando periodi di “raffreddamento” emotivo prolungati tra un evento e l’altro. Il soggetto può agire casualmente o selezionare le sue vittime con precisione, crede di non poter essere catturato e si considera invincibile.

Una critica alla classificazione degli assassini seriali formulata dall’FBI sostiene che gli agenti hanno commesso un errore nel non specificare la durata delle “pause” tra un omicidio e l’altro, in modo da distinguere meglio i serial killer dagli assassini di massa e da quelli impulsivi. Inoltre, ha criticato il fatto che gli individui arrestati dopo aver commesso due omicidi non rientrassero nella definizione di serial killer. Secondo l’esperto, se non fossero stati catturati, avrebbero continuato ad uccidere, dimostrando così il loro carattere di serial killer.

Nuove Considerazioni sui Serial Killer

A cambiare completamente la definizione e la visione internazionale degli assassini seriali è stato uno psicologo, criminologo e scrittore italiano. Nel 1998, con il suo libro, ha proposto un nuovo modo di considerare i serial killer in modo più completo ed esteso. Ha affermato che un individuo può essere considerato un serial killer se presenta le seguenti caratteristiche:

  • L’individuo commette due o più omicidi in tempi e luoghi diversi o influenza altre persone a commettere omicidi al suo posto;
  • Il soggetto dimostra un desiderio e una volontà di uccidere in modo ripetitivo, indipendentemente dal successo degli omicidi;
  • Il periodo di “raffreddamento” tra un omicidio e l’altro può variare da poche ore a anni;
  • Il soggetto agisce di solito da solo, ma può anche operare in coppia o in gruppo;
  • Le motivazioni che portano l’individuo a commettere due o più omicidi possono essere molto diverse, ma in ogni caso è presente un fattore psicologico interno.

Grazie a questa spiegazione più soddisfacente, si è compreso che anche due omicidi (e non solo tre come sosteneva l’FBI) possono considerare un individuo come un serial killer. Il criminologo ha eliminato la categoria degli Spree Killer, includendoli nella definizione più ampia di serial killer. Inoltre, ha introdotto il concetto di “omicida per induzione,” cioè colui che induce qualcun altro a commettere omicidi al suo posto. In questo caso, entrambe le persone coinvolte sono considerate serial killer, sia colui che commissiona gli omicidi che colui che li esegue. Infine, la nuova definizione allarga la visione dell’omicida seriale non solo a coloro che commettono gli omicidi, ma anche a coloro che hanno l’intenzione di commetterli, anche se non ci riescono.

Infine, gli agenti speciali dell’FBI hanno introdotto una distinzione tra due possibili comportamenti all’interno del vasto concetto di serial killer:

  • Organizzato: quando l’assassino pianifica accuratamente i suoi crimini. Di solito, seleziona le sue vittime in base a legami simbolici che hanno con lui, anche se non le conosce personalmente;
  • Disorganizzato: quando il soggetto sente il desiderio di uccidere in modo improvviso e senza organizzazione. Sceglie quindi le sue vittime casualmente e lascia la scena del crimine senza preoccuparsi di cancellare le tracce. Gli assassini disorganizzati sono generalmente più facili da catturare rispetto a quelli organizzati.