Sindrome di Asperger: storia e caratteristiche

asperger

a cura della dr.ssa Eloisa Ticozzi

ABSTRACT

La sindrome di Asperger (SA) è un disturbo del neurosviluppo, incluso nei disturbi dello spettro autistico. La prevalenza di questo disturbo è stimata a 1-10 casi su 10000 con un rapporto maschi /femmine di 5 a 1 (Wing L., 1981).

La definizione di Sindrome di Asperger trova le sue radici nell’Austria degli anni ‘40, a opera dello psichiatra Hans Asperger (Asperger H., 1944) che stava curando dei bambini con sintomi di disadattamento; tuttavia questa sindrome ebbe una classificazione più nosografica e stabile in periodi successivi. Questa patologia è stata osservata all’inizio nei maschi, ma in seguito sono stati riportati in letteratura casi nelle donne.

In linea generale, alcune caratteristiche sono comuni all’autismo ma queste si combinano in maniera atipica e particolare; la sindrome è caratterizzata principalmente da compromissione qualitativa dell’interazione sociale, compromissione qualitativa della comunicazione verbale e non verbale, attività ristrette e ripetitive, difficoltà motorie (mancata coordinazione oculo-motoria, posture bizzarre, andatura rigida) ma con un livello cognitivo nella norma o alto (in alcuni casi).

La designazione attuale (DSM5) non classifica più la sindrome di Asperger nei disturbi pervasivi dello sviluppo ma come “disturbo dello spettro autistico”. La teoria eziopatogenica che spiega maggiormente la sindrome di Asperger è la Teoria della mente (TOM) (Wellman HM, 1990) che associa un sentimento o un’idea a un comportamento da essi scaturito, attraverso la capacità di decodificare  la comunicazione verbale e non verbale, come le espressioni del volto o il tono della voce.

L’ipotesi dei neuroni specchio, analizzata intorno agli anni ’90, non ha spiegato in modo esaustivo e sufficiente la base fisiologica e mentale dell’autismo e della sindrome di Asperger. La Teoria della mente può essere spiegata anche in termini affettivi, tramite il legame di attaccamento in quanto il rapporto caregiver/madre e bambino avviene in uno scambio di affetti e di gesti (Liverta Sempio et al., 2006) nella comprensione mentale reciproca, fin dai primissimi mesi.

Viene presa in considerazione anche lo studio dell’Ipersistematizzazione: la mente femminile è più incline all’empatizzazione, risponde con più partecipazione ai bisogni altrui, ha la capacità di fornire un’emozione più adeguata alla situazione contingente, mentre la mente dell’uomo è più incline alla sistematizzazione e all’analisi di più strutture mentali per prevedere un comportamento futuro. I pazienti con SA sono più inclini a incasellare e ad agire secondo regole fisse e già conosciute (Baron Cohen S.,2005).

Ogni adulto con SA rappresenta una sfida in quanto i sintomi possono essere sovrapponibili con altri disturbi, per la bassa specificità dei criteri proposti e per la grande difficoltà a volte di interpretazione da parte del clinico. Dal punto di vista terapeutico non esistono linee guida per i pazienti adulti: in letteratura i casi riportati sono pochi, e ognuno evidenzia la necessità di attuare una terapia sintomatica e personale. Tuttavia la sindrome di Asperger può essere supportata dalla terapia cognitivo comportamentale, dal metodo ABA, dalla psicomotricità e dalle terapie farmacologiche (se coesistono sintomi psichiatrici) (D’Angelo Guido, 2013).

INTRODUZIONE

Con l’introduzione del DSM 5 (2013), si apportano delle modifiche all’inquadramento nosografico di tali disturbi: la sindrome di Asperger, il Disturbo Autistico, il Disturbo Pervasivo Non Altrimenti Specificato sono inseriti all’interno di un’unica categoria diagnostica definita Disturbi dello Spettro Autistico. L’autismo è un insieme di condizioni cliniche e comportamentali che si possono inserire in un’unica dimensione categoriale. Per poter esprimere i disturbi dello spettro autistico, sono stati inseriti e usati alcuni specificatori clinici (come il livello di sviluppo, livello di gravità, età cronologica) e caratteristiche associate (disturbi genetici, epilessia, disabilità intellettiva). In particolare i pazienti affetti da SA possiedono caratteristiche comuni a quelle dell’autismo ma queste si combinano in maniera particolare.

CARATTERISTICHE DELLA SINDROME DI ASPERGER

La sindrome di Asperger si presenta con le seguenti caratteristiche:

  • Compromissione qualitativa dell’iterazione sociale: i pazienti Asperger cercano la relazione e l’avvicinamento agli altri ma con modalità inappropriate. Non riescono a comprendere le emozioni altrui, le convenzioni sociali e le aspettative dell’ambiente intorno .Fanno molta difficoltà a comprendere il linguaggio comune.
  • Compromissione qualitativa della comunicazione verbale e non verbale: il linguaggio nell’infante Asperger è generalmente di sviluppo normotipico, ma in seguito non riesce a comprendere i messaggi non verbali comunicati dagli altri. Spesso pazienti con Asperger si presentano con bizzarrie o logorrea.
  • Interessi ripetitivi, ristretti e stereotipati: gli interessi o hobby pervadono la vita dei bambini e degli adulti Asperger. A volte desiderano conoscere in modo pervasivo ogni singolo aspetto dell’hobby.
  • Difficoltà motorie: esprimono una goffaggine motoria, mancata coordinazione oculomotoria, andatura rigida, posture bizzarre e scarsa capacità di  manipolazione.

Il livello cognitivo è nella norma o anche più alto della popolazione normodotata.

CRITERI DIAGNOSTICI PER IL DISTURBO DELLO SPETTRO AUTISTICO SECONDO IL DSM-5 (2013)

A) Difficoltà nella interazione sociale e nella comunicazione sociale in molteplici contesti

  1. Difficoltà della reciprocità socio-emotiva (incapacità di rispondere a interazione sociali, fallimento della socializzazione) come manifestato dai seguenti fattori
  2. Difficoltà dei comportamenti comunicativi  non verbali e verbali per l’interazione sociale
  3. Difficoltà della gestione e dello sviluppo delle relazioni

B) Pattern di comportamenti o interessi ripetitivi come manifestato da almeno due dei seguenti fattori

  1. Movimento goffo , uso degli oggetti ripetitivi e stereotipati, ecolalie
  2. Insistenza nella sameness (immodificabilità), abitudini quotidiane mai alterate e ripetitive
  3. Interessi molto limitati e poco intensi, fissi
  4. Ipo o Iper-attività per stimoli sensoriali.

C) I sintomi devono presentarsi nel periodo precoce di sviluppo;

D) I sintomi causano disfunzione in ambito sociale e/o lavorativo

E) Queste alterazioni non sono spiegate da una disabilità intellettiva o ritardo globale dello sviluppo

CAPITOLO 1

1.1 LA STORIA DELLA SINDROME DI ASPERGER

Kraepelin aveva notato sintomi di isolamento in alcuni infanti e aveva denominato questa condizione come “Dementia Praecox”, associandola alla schizofrenia. Kanner nel 1943 separa gli aspetti clinici della schizofrenia rispetto all’autismo chiamandolo Autismo infantile. L’autismo infantile si presentava con comportamenti stereotipati, isolamento, annullamento quasi totale dell’interazione sociale e alterazione del linguaggio.

Hans Asperger nel 1944 prese in studio un gruppo di bambini che presentavano condizioni in parte simili ai pazienti autistici, in parte differente, in quanto avevano un eloquio fluente, difficoltà nella motricità fine che in quella complessa e pensiero astratto molto sviluppato: definì questo disturbo “psicopatia autistica” (Czech, 2019). Nel 1981, fu chiamato questo disturbo come Sindrome di Asperger dalla pediatra inglese Lorna Wing e studiato nella sua autonomia e nella propria identità nosografica (Wing L.1981). Questa pediatra aveva notato in alcuni di questi bambini un’intelligenza molto sviluppata e articolata, soprattutto nei confronti della scienza, della matematica o/e della musica e si pensò a un “Autismo ad alto funzionamento”.

Nel 1993 l’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’Associazione americana di Psichiatria identificò questo disturbo atipico nei disturbi Pervasivi dello Sviluppo (DSM-IV). Successivamente nel DMS-5 venne classificato come disturbo dello spettro autistico. Fu proposta l’eliminazione dei vari sottotipi di autismo: il disturbo pervasivo dello sviluppo, NAS, disturbo disintegrativo, sindrome di Rett. Anche la stessa Sindrome di Asperger rientra nel manuale ma con una differente gravità. Per sindrome di Asperger si intende un disturbo dello sviluppo caratterizzato da difficoltà nelle interazione sociali, schemi limitati di interessi, hobby a volte pervasivi, senza compromissione intellettiva  e linguistica.

1.2 INCIDENZA DELL’AUTISMO NELLA POPOLAZIONE

In uno studio statistico condotto dal Center of Disease Control and Prevention (Lai et al, 2018) negli USA 1 bambino su 59 ha diagnosi di disturbo di spettro autistico (ASD) .Tale studio compara i dati raccolti dal 2000 al 2014. Riguardo alla sindrome di Asperger, è molto più complesso svolgere una stima precisa; forse riescono ad essere diagnosticati solo il 50% dei bambini con sindrome di Asperger, alcuni infatti nascondono il disturbo attraverso strategie adattive che possono confondere il clinico che si direziona verso altre diagnosi (Moscone et al 2019).

In Italia non esistono dati epidemiologici nazionali certi rispetto all’autismo: l’ISTAT tra il 2016 e il 2017 ha registrato una percentuale di alunni con disabilità nelle scuole italiane che sono il 3% sul totale dei bambini della scuola primaria e il 4% nella scuola secondaria di primo grado.

1.3 DIFERENZE FRA AUTISMO E SIDNROME DI ASPERGER

L’autismo viene considerato in due forme distinte in linea generale: a basso funzionamento e ad alto funzionamento. La sindrome di Asperger rientra nell’area ad alto funzionamento, anche se si è dimostrato che in realtà si tratta di due fenotipi distinti.

Un gruppo di ricercatori alla Yale University ha dimostrato come pazienti con Asperger e autistici ad alto funzionamento avessero dei profili neuropsicologici diversi (Klin et al.,1995); un altro studio invece non ha notato particolari differenze di comportamento e di neuropsicologia (Ozonoff et al., 2000). In alcuni paesi esiste una sostanziale differenza clinica, in quanto la sindrome di Asperger non permette l’accesso a certi servizi come l’assistenza scolastica o l’indennità statale; tuttavia in altri paesi la loro designazione sembra interscambiabile. La sindrome di Asperger (e/o autismo ad alto funzionamento) e l’autismo a basso funzionamento sono sostanzialmente diversi per quoziente intellettivo: gli Asperger possiedono un’intelligenza nella norma o superiore (qi >85) (Baio et al., 2018).

Nell’autismo a basso funzionamento si trova un ritardo nel linguaggio, produzione e comprensione linguistica, stereotipie e comportamenti ripetitivi; negli Asperger la probabilità di ecolalie è minore ma la voce e più monotona, ci può essere l’uso frequente di frasi di libri o di film a volte fuori dal loro contesto di riferimento oppure in discorsi inusuali (Moscone , 2019).

Nell’autismo a basso funzionamento gli interessi sono ristretti e di tipo sensoriale; nell’autismo lieve è abbastanza frequente la scelta di almeno una materia scolastica come passione o hobby, sviluppando una  particolare predisposizione o “genialità” in quel campo.

Nell’ambito della socializzazione nell’autismo a basso funzionamento coesiste una mancanza di iniziativa e una diffidenza verso l’altro; gli Asperger possono riuscire ad avviare una interazione, ma hanno difficoltà a gestire i rapporti nella loro complessità.

Nell’autismo a basso funzionamento ci può essere comorbidità con l’epilessia, il ritardo mentale e il disturbo del linguaggio; nell’autismo lieve e nel disturbo di Asperger c’è comorbidità con la sindrome ansiosa, la depressione, il disturbo bipolare e l’adhd (Soldateschi M. et al., 2016)

CAPITOLO 2

2.1 LA TEORIA DELLA MENTE IN TERMINI AFFETTIVI E L’ORIGINE DELLA SINDROME DI ASPERGER

La teoria della mente è la capacità di attribuire stati mentali (pensieri, credenze, fantasie) a sé e agli altri, assegnando un significato o un valore alle menti per riuscire a predire i comportamenti futuri (Premack et al., 1978). La teoria della mente è un’abilità sia cognitiva che affettiva, che si sviluppa a partire dal legame tra caregiver/madre e bambino nei primissimi anni di vita, in cui ha un valore simbolico e concreto il legame affettivo.

La metacognizione, fin dai primi studi degli anni Settanta del Novecento, si riferisce classicamente alla consapevolezza che una persona ha dei propri processi cognitivi (Flavell, 1979), al monitoraggio attivo e alla regolazione dei processi cognitivi (Brown, 1987). Le teorie innatiste individuano già alla nascita una capacità di condividere le esperienze soggettive; successivamente, intorno ai 9-10 mesi, i bambini diventerebbero consapevoli di questa condivisione (Intersoggettività secondaria).

Alcuni studiosi (Tronick et al. 1998) ipotizzano che l’intersoggettività emerga nei primi 3-6 mesi di vita all’interno della comunicazione fra caregiver/madre e bambino, in cui hanno un ruolo fondamentale i rapporti che intercorrono in termine di affetto e di metacognizione per regolare i propri stati interni. Stern (2004) ipotizza la partecipazione del piccolo alla matrice intersoggettiva, a cui seguirebbe verso i 7-8 mesi la consapevolezza di possedere una mente per regolare i propri stati emotivi e per condividere stati soggettivi con gli altri, e con le persone dell’ambiente familiare. Fonagy e colleghi (2002-2007) asseriscono invece che prima del primo anno di vita, l’infante non percepisca la propria soggettività in relazione al mondo esterno, quindi non condividerebbe subito la sua emotività con le persone circostanti.

2.2 LA POSSIBILE SPIEGAZIONE NEUROBIOLOGICA

La teoria della mente ipotizza la difficoltà di associare uno stato mentale (un sentimento, un desiderio o un’opinione) ad un comportamento ad esso scaturito. Tutto questo si snoda attraverso la comunicazione non verbale come i gesti, l’aggrottamento delle sopracciglia, il movimento degli occhi, la mimica e il tono della voce. Tali capacità sono associate al circuito orbitofrontale mediale dell’emisfero destro, dall’amigdala e dai neuroni specchio, compreso l’opercolo nel giro frontale inferiore. L’abilità di ragionare su queste associazioni sono contenute nelle regioni frontali mediali di sinistra: questa teoria potrebbe spiegare meglio la sindrome di Asperger in cui le alterazioni maggiori sarebbero nell’emisfero di sinistra.  La “Disabilità di apprendimento dell’emisfero destro” è correlata maggiormente con un autismo a basso funzionamento.

2.3 LA TEORIA DELL’IPERSISTEMATIZZAZIONE

È stata elaborata anche la teoria dell’Ipersistematizzazione. Il cervello femminile è maggiormente predisposto all’empatizzazione (che è la capacità di identificare un altro stato mentale e di rispondervi con un’emozione adeguata, per predire e rispondere al comportamento altrui) e quello maschile più alla sistematizzazione (che è la capacità di analizzare un sistema nei termini delle regole che lo governano, con l’obiettivo di predirne i comportamenti futuri), Baron-Cohen et al. hanno dimostrato che i pazienti con Sindome di Asperger sono maggiormente predisposti alla sistematizzazione che all’empatizzazione.

CONCLUSIONI

La sindrome di Asperger presenta sintomi sovrapponibili ad altri disturbi e rende la sua diagnosi insidiosa. Non esiste una terapia farmacologica mirata ed efficace in quanto ogni persona con Sindrome di Asperger presenta caratteristiche personali e atipiche, che possono variare singolarmente a causa di molte variabili, come l’istruzione, il livello socio-economico, l’area geografica, la provenienza familiare. Tuttavia la sindrome di Asperger può essere supportata da una psicoterapia di tipo cognitivo-comportamentale, dal metodo ABA, dalla psicomotricità e dalla terapia farmacologica se concorrono disturbi psichiatrici (D’Angelo Guido, 2013).

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