Tesi Online Gratuita: dall’Anosognosia alla Negazione di Malattia. I possibili fattori protettivi del rischio suicidario nei traumi cranio-encefalici.

TESI ONLINE GRATUITA Dall’anosognosia alla negazione di malattia. I possibili fattori protettivi del rischio suicidario nei traumi cranio-encefalici.

A cura della Dott.ssa Valentina Volo

Un estratto della tesi:

ANOSOGNOSIA E TRAUMA CRANIO-ENCEFALICO

1.1 Anosognosia: caratteristiche

Sono diversi i danni che conseguono a lesioni cerebrali, da deficit fisici a deficit cognitivi, amplificati da disturbi comportamentali ed emotivi importanti che accompagnano tutto il decorso di malattia. Risulta quindi sempre più necessario concentrarsi anche su aspetti meno “tangibili” ma profondamente influenti nella riabilitazione e nella prognosi di malattia.

Può accadere, infatti, che la gravità di tali deficit sia anche sostenuta da un’altra particolare condizione, ossia quella in cui il paziente non riesce a cogliere consapevolmente l’entità delle sue difficoltà.
In neuropsicologia questa condizione viene definita anosognosia e si rifà proprio alla mancanza di consapevolezza di malattia. In particolare,

all’inconsapevolezza delle conseguenze funzionali delle condizioni mediche

(Wilson, Sytsma, Barnes & Boyle, 2016).

Nonostante si faccia risalire la scoperta dell’anosognosia a Babinski nei primi anni del novecento, ad oggi è ancora aperto il dibattito su cosa sia realmente la consapevolezza. Da alcuni autori viene definita come

quell’attributo dell’umano che realizza la posizione del sé all’interno dell’ambiente sociale

(Stuss & Benson, 1986),

oppure come

la capacità percepire il ‘sé’ in termini relativamente oggettivi mantenendo un senso di soggettività

(Prigatano, 1991).

In entrambe queste definizioni possiamo cogliere quanto la consapevolezza possa essere un prodotto finale di due percezioni: quella del sé soggettivo e quella della realtà oggettiva. Interagendo, questi due aspetti ci consentono di integrare le informazioni provenienti dall’esterno alle nostre informazioni interne, rendendoci appunto consapevoli del nostro funzionamento e degli esiti delle nostre azioni, scelte ed emozioni (O’callaghan, Powell & Oyebode, 2006).

A questo punto si potrebbe però obiettare che non sempre, a prescindere dalla presenza o meno di una lesione cerebrale, si è consapevoli di ogni aspetto della propria vita, basti pensare ad esempio alla componente implicita della nostra memoria o a tutto quello che facciamo “automaticamente”.
Risulta infatti complesso distinguere, in un soggetto neurologicamente indenne, quali siano i processi di cui è pienamente consapevole e quali invece sfuggono alla sua consapevolezza, ciò si potrebbe spiegare considerando questi due aspetti come componenti di un sistema in cui esplicito e implicito si integrano.

È quindi possibile considerare la consapevolezza come un sistema integrato che si articola però in diverse sottocomponenti indipendenti, e di conseguenza danneggiabili selettivamente, a seconda dei domini coinvolti dalla lesione (Vallar & Papagno, 2018). L’anosognosia infatti può colpire selettivamente solo alcuni domini cognitivi oppure manifestarsi a livello più generale.

Per quanto riguarda le manifestazioni più selettive, si potrebbe verificare ad esempio anosognosia per i disturbi visivi, oppure anosognosia per l’emiplegia, dove il paziente nega, anche davanti all’evidenza, di avere delle compromissioni fisiche.
La particolarità di questo disturbo specifico è che può evolvere anche in somatoparafrenia o emisomatoagnosia. L’inconsapevolezza per l’emiplegia può aiutarci meglio a comprendere i meccanismi alla base dell’anosognosia: quando un paziente emiplegico, quindi con un palese deficit motorio, prova a muovere l’arto senza ottenere il risultato sperato, la discrepanza tra intenzione (realtà soggettiva) e conseguenza (realtà oggettiva) gli dovrebbe consentire di riconoscere la presenza dell’emiplegia. Se questa discrepanza non viene colta, quindi se il soggetto non coglie le conseguenze delle proprie intenzioni, si verifica anosognosia.

Ma non è insolita anche, soprattutto dopo i traumi cranici o nelle demenze, un’inconsapevolezza selettiva per i deficit di memoria e domini più prettamente cognitivi.
In ogni caso, comunque, benché queste dissociazioni tra domini siano ben evidenti, raramente l’anosognosia ne coinvolge uno solo senza interessarne altri, anche solo in forma più lieve (Grossi & Trojano, 2013).

Riassumendo, l’integrazione tra soggettivo e oggettivo può risultare compromessa, non rendendo consapevole il soggetto del proprio funzionamento. Come sottolineato da Prigatano e Sherer (2020) la compromissione dell’auto-consapevolezza è il risultato diretto di un disturbo cerebrale che influenza il funzionamento cognitivo e la capacità di “sperimentare soggettivamente” l’entità del danno, nonché la disabilità che ne consegue.
Non a caso, infatti, l’anosognosia rappresenta il più grande ostacolo alla riabilitazione, compromettendone l’efficacia (Grossi & Trojano, 2013).

È importante, a questo punto, sottolineare che la particolarità dell’anosognosia sta proprio nella sua difficoltà di valutazione e trattazione, perché se fino ad ora ci si è concentrati su una spiegazione più organica collegandola ai vari domini cognitivi, non bisogna dimenticare che l’inconsapevolezza è anche vista da alcuni autori come un meccanismo di difesa. In un’ottica dinamica, infatti, l’anosognosia potrebbe essere letta anche come una processo protettivo contro le conseguenze della disabilità (Langer, 1999)…