Ansia da prestazione

A cura di: Melania Di Pietrangelo

Nel seguente articolo si cercherà di parlare di un problema molto diffuso che può diventare un vero e proprio nemico per chi arriva a soffrirne, poiché corrisponde ad una preoccupazione eccessiva e sproporzionata che può nascere di fronte ad eventi che si caratterizzano per una certa importanza. Una preoccupazione che può bloccare e limitare il proprio operato e che può diventare ansia da prestazione.

Importante è conoscere l’ansia da prestazione, partendo dal presupposto che provare ansia entro certi limiti consente di avere una buona performance, essa, però, può smettere di ricoprire la sua funziona adattiva e assumere caratteri patologici.

Introduzione

L’ansia da prestazione consiste nella paura del manifestarsi di una difficoltà in vari ambiti, da parte di un soggetto che ritiene necessario il successo o il raggiungimento di uno scopo in queste situazioni.

Il tema dell’ansia da prestazione ricopre dunque un’importanza notevole, dal momento che si parla di un meccanismo che sembra manifestarsi quando le proprie aspettative rispetto a determinati risultati e situazioni arrivano a causare stress eccessivo.

Questo meccanismo può interessare, come accennato, varie aree della propria vita, anche in giovane età, per esempio a scuola. In questo caso specifico gli studenti possono arrivare a sperimentare sintomi specifici dell’ansia da prestazione in vista di un esame o di un’interrogazione e questo può portare a dinamiche che possono anche portare a problematiche in termini di benessere psicologico e fisico.

Importante diviene dunque provare a gestire le proprie emozioni, partendo da un presupposto: “non sono le emozioni negative il problema, ma l’intensità delle stesse, e che queste estremizzazioni sono causate dai pensieri disfunzionali” (Di Pietro, Dacomo, 2007).

1. L’ansia

L’American Psychiatric Association (1994) descrive l’ansia come l’anticipazione apprensiva di un pericolo o di un evento negativo futuro, accompagnata da sentimenti di disforia o da sintomi fisici di tensione. Gli elementi esposti al rischio possono appartenere sia al mondo interno che a quello esterno (APA, 1994; cit. in: Franceschina et al., 2004, p. 213).

Quanto detto mette in rilievo come l’ansia riguardi qualcosa che si teme possa accadere e questo solitamente accade dopo aver fatto una specifica valutazione, quella del rischio e del pericolo.

Una volta attivata tale valutazione, si viene a creare un circolo vizioso che tende a rinforzare gli attacchi di ansia. I sintomi dell’ansia possono a loro volta essere interpretati come segnali dell’effettiva esistenza di un pericolo e possono condizionare il comportamento dell’individuo, accrescendo il senso di vulnerabilità e rinforzano l’iniziale reazione ansiosa (Wells, 1999).

A tal proposito va specificato che avere l’ansia è naturale, poiché questa non è che quel mezzo che, come si è visto, consente di essere preparati per affrontare varie situazioni che possono essere percepite come minacciose. Questo è funzionale, finché l’ansia non diventa patologica, ovvero finché non va oltre certi limiti, come intensità e durata.

1.1 Ansia funzionale e disfunzionale

Se l’ansia rientra in un range accettabile, consente di attivare una serie di meccanismi al fine di proteggerci e cercare soluzioni. Al contrario può diventare un nemico.

Volendo tornare all’ansia da prestazione e all’esempio degli studenti, è chiaro come in questo caso specifico un’ansia ottimale sia in grado di aiutare lo studente a studiare gradualmente per essere il più preparato possibile al fine di superare il suo esame. In tal caso l’ansia è funzionale.

Se invece supera i livelli ottimali, diventa patologica ed è qui che si parla proprio di ansia da prestazione.

Quell’ansia che può arrivare a bloccare lo studente che quindi andrà in crisi e sperimenterà specifici sintomi tipici di quest’ansia, come sudorazione, nervosismo, tachicardia.

Quanto detto mette in evidenza che l’ansia quindi può avere più livelli e ciò sembra essere confermato dalla “legge di Yerkes-Dodson”, elaborata nel 1908 dagli psicologi Robert M. Yerkes e John Dillingham Dodson.

Un individuo può dunque sperimentare uno stato in cui l’ansia sembra essere nulla fino a quello stato in cui sembra diventare eccessiva.

2. Sintomi dell’ansia da prestazione

Quanto riportato finora mette al centro il soggetto e la sua capacità di riuscire a cercare e trovare il livello ottimale per sé, affinché possa rendere la sua ansia il più funzionale possibile, per evitare che sfoci in ansia da prestazione, che come detto, può riguardare diversi ambiti.

Riguardo i sintomi che un soggetto arriva a sperimentare nel caso di un’ansia da prestazione, va detto che il momento in cui questa si sperimenta è soggettivo, poiché appunto ogni individuo reagisce a proprio modo anche se si è inseriti in contesti simili.

Il disagio che ne deriva, però, si manifesta attraverso specifici sintomi fisici e psicologici, quali:

  • sudorazione
  • palpitazioni
  • difficoltà a livello di concentrazione
  • problematiche a livello mnemonico
  • tremori
  • tensione a livello muscolare
  • bocca secca
  • sensazione di nausea

Dunque si parla di diverse risposte dell’organismo, che si attivano in uno specifico modo. Questi sintomi possono essere manifestati diversamente, a livello d’intensità e frequenza. Possono comparire, per esempio, due o tre volte al mese e nei casi più importanti possono comparire anche più volte al giorno, insieme ad altri sintomi come una stanchezza cronica a livello mentale. Generalmente i sintomi tendono ad essere più presenti ed evidenti all’avvicinarsi dell’evento che si teme. Una situazione che il soggetto percepisce come difficile da gestire e affrontare.

3. Ansia da prestazione: ambiti in cui si manifesta

3.1 Contesto scolastico

Volendo tornare all’ansia da prestazione a scuola, bisogna aggiungere che è molto diffusa, soprattutto all’Università, ma sembra prendere piede anche in età adolescenziale o ancora prima, nei bambini che frequentano le elementari. Il malessere si sperimenta in prossimità di esami o interrogazioni, laddove c’è la paura di andare incontro ad un insuccesso o ad un fallimento, fino a deludere le aspettative prefissate.

Volendo far riferimento alla situazione italiana, sembra che nel 2020, il 20% degli studenti abbia sofferto di disturbi d’ansia da prestazione. Questo è quanto si evince da un rapporto dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza.

Sicuramente la pandemia e le lezioni svolte secondo una didattica a distanza hanno influito molto su questa situazione.

3.2 Contesto lavorativo

Per quanto riguarda l’ansia da prestazione associata al lavoro, sicuramente può essere attribuita a vari aspetti e cause: presentarsi quando si dà inizio ad una nuova attività o esperienza o quando si riceve una promozione di lavoro. In tal caso alla base può esserci la paura di non essere in grado di ricoprire il nuovo ruolo o di non riuscire a portare avanti le varie mansioni.

3.3 Ambito sportivo: ansia da competizione

Esiste anche l’ansia da prestazione nello sport che può essere sperimentata sia dai professionisti che dai dilettanti e questo è naturale dal momento che in tale ambito esiste una forte competizione e la presenza di giudici che appunto sono chiamati a valutare le varie performance. In tal caso gli atleti possono risentire di tutto questo fino a sperimentare i sintomi tipici dell’ansia da prestazione, con il rischio di compromettere anche la riuscita delle varie prove. Tale ansia può prendere anche il nome di ansia da competizione.

L’ansia da competizione è stata identificata da vari ricercatori come una delle tematiche più studiate nel campo della psicologia sportiva” (Ong e Chua, 2021). Nello specifico si parla di quello specifico stato di ansia che si sperimenta come risposta a  una situazione legata all’ambito sportivo, percepita dal soggetto come stressante.

È stata concettualizzata per la prima volta nella teoria dell’ansia multidimensionale di Martens, Vealey e Burton, nel 1990” (Ong e Chua, 2021). Questa teoria parla dell’ansia da competizione come un costrutto che comprende una parte cognitiva e una parte somatica.

L’ansia cognitiva riguarda l’aspetto mentale dell’ansia e dunque prende in considerazione aspetti come il rimuginio. Tra le principali componenti dell’ansia ritroviamo appunto il rimuginio, una forma di pensiero ripetitivo, a livello astratto che, nel tempo, tende a mantenere e aggravare l’ansia.

Alla base ci sono pensieri con contenuti di eventi catastrofici che potrebbero accadere. “Rimuginare dà l’illusione di prevenire e controllare la situazione, ma allo stesso tempo questi pensieri sono vissuti come incontrollabili e intrusivi“(Borkovec et al., 2004).

Questo può portare a delle conseguenze in termini personali. “Alla lunga, chi rimugina si percepisce debole, fragile, insicuro, spaventato e costantemente soggiogato dalla pericolosità del futuro, di conseguenza il rimuginio si cronicizza e diventa disfunzionale e maladattivo” (Clark, & Beck, 2010).

L’ansia somatica sembra riguardare la parte fisiologica dell’ansia, considerando i vari sintomi corporei della stessa, come tensione e nervosismo.

La soluzione che fino ad oggi sembra essere la più efficace nella gestione dell’ansia da competizione è un percorso di supporto psicoterapeutico integrato con tecniche fisiche di rilassamento” (Ong e Chua, 2021).

4. Gestione dell’ansia da prestazione

Una gestione delle dinamiche appena esposte è necessaria per evitare l’insorgere di conseguenze che potrebbero essere negative e influire sul quotidiano o sul raggiungimento dei propri scopi: è importante riconoscere quanto prima il problema e attivarsi per risolverlo.

A tal proposito è importante innanzitutto chiedere aiuto e iniziare un percorso psicologico con professionisti che conoscono la problematica e le strategie utili per affrontarla. In tal senso sembra essere efficace la terapia cognitivo-comportamentale, ma l’importante è riuscire a trovare un terapeuta con il quale si può riuscire a instaurare una buona alleanza terapeutica affinché si lavori sulle proprie emozioni e sulle varie situazioni fonti di ansia.

Tra le discipline utili a tal proposito ritroviamo anche la meditazione e lo yoga: attraverso specifici movimenti infatti può essere favorito un rilassamento utile per gestire l’ansia. In tal senso la meditazione può avere un grande potere curativo che è evidente anche facendo riferimento a varie ricerche che affermano come fare meditazione significhi lavorare sul proprio umore, sulla propria mente e sul proprio corpo. “La meditazione è un uso positivo e creativo della mente che collega attivamente il mondo interno e il mondo esterno” (Roberto Assagioli).

Anche l’attività fisica sembra essere utile contro l’ansia da prestazione, soprattutto se si svolge senza alcun scopo, ma per il piacere di farlo. In questo modo si può scaricare la propria tensione e migliorare l’ansia. Questo accade perché grazie all’attività fisica si rilasciano le endorfine, ormone conosciuto per le sensazioni di benessere che si attivano.

La cura del sonno e del riposo, soprattutto se si tratta di ansia da prestazione scolastica o a livello lavorativo, risultano essere fondamentali: spesso si trascura il riposo proprio per svolgere al meglio i propri compiti, ma questo a lungo andare può portare a maggior ansia e stress. Da qui deriva l’importanza di riposare al meglio, provando a dormire almeno 8 ore a notte.

Conclusioni

È chiaro come l’ansia da prestazione possa diventare un ostacolo alla propria realizzazione. Per questo è importante fare qualcosa, intervenire, informare e parlarne. A tal proposito è importante porre al centro l’importanza delle proprie emozioni, fin dalla scuola, che come abbiamo visto è anche un luogo centrale, poiché proprio qui si sperimenta spesso l’ansia da prestazione.

A scuola, per esempio, si potrebbe intervenire con delle giornate di sensibilizzazione o utilizzando strumenti specifici per misurare le emozioni che gli studenti o i bambini provano.

L’intensità dell’emozione può essere misurata attraverso uno strumento chiamatoIl Termometro delle Emozioni‘” (Lambruschi 2004; Di Pietro, Dacomo 2007). Nello specifico si chiede al bambino di mettere in rilievo qualche situazione in cui ha potuto sperimentare emozioni, per coglierne l’intensità. Fare questo lavoro in termini preventivi può essere utile, sia con i bambini, che con gli adulti, al fine di lavorare al meglio sulle proprie emozioni e prevenire così problematiche legate all’ansia.

Riferimenti

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