L’arteterapia nei contesti di nido e scuola dell’infanzia

arteterapia

a cura della dott.ssa Edilia Fantin

Abstract 

In questo elaborato viene messo in evidenza il legame tra l’arteterapia e i contesti educativi per la primissima infanzia costruendo la riflessione su un luogo in particolare che li accomuna: l’atelier.

Ripercorreremo la nascita e l’evoluzione del concetto di arteterapia partendo dalle riflessioni di Margaret Naumburg a cui fu attribuita, negli anni Quaranta, la prima applicazione concreta di questa disciplina in campo terapeutico. Naumberg sosterrà la potenza comunicativa dell’arteterapia possibile grazie allo sviluppo di una dinamica creativa di espressione, individuale o di gruppo.

Approfondiremo il concetto di creatività proponendo la ricerca del gruppo internazionale Creanet (Beja, 2011) che individuò sette elementi chiave necessari per definire un individuo, grande o piccolo che sia, essere creativo: novità, inventiva, espressione di sé, curiosità, indipendenza, autostima, rischio.

Vedremo quanto queste sette parole chiave della creatività possano trovare espressione in contesti come i nidi e scuole dell’infanzia ponendo l’attenzione su un luogo in particolare: l’atelier, inteso come spazio di sperimentazione e sviluppo di tutti questi caratteri. Approfondiremo il valore di questo luogo educativo proponendo le riflessioni del pedagogista Loris Malaguzzi, ispiratore del Reggio Emilia Approach.

In conclusione, attraverso questo elaborato, sarà possibile ripercorrere la nascita, lo sviluppo e l’applicazione dell’arteterapia che diventa protagonista anche all’interno di contesti come i nidi e scuole dell’infanzia. Verrà messa in evidenza l’importanza, secondo il pedagogista Loris Malaguzzi, di offrire, a partire dalla primissima infanzia, la possibilità di sperimentare, esprimere e promuovere uno sviluppo creativo che diventerà risorsa e strumento di conoscenza da applicare al proprio benessere psico-fisico durante tutto l’arco della propria vita. 

Introduzione

Quando parliamo di arteterapia facciamo riferimento alla disciplina che si occupa di includere diverse forme di arte nello sviluppo di una pratica terapeutica costituita da metodi, tecniche ed interventi volti alla riabilitazione dell’individuo attraverso una espressione creativa in grado di promuovere una crescita emotiva, comportamentale, affettiva e relazionale. 

L’arteterapia fu fondata in America negli anni Quaranta dalla psicologa, educatrice, artista e autrice Margaret Naumburg, a cui fu attribuita la prima applicazione concreta di questa disciplina in campo terapeutico. Inizialmente fu utilizzata con pazienti traumatizzati, reduci di guerra, all’interno di contesti come gli ospedali psichiatrici con l’obiettivo di riabilitarli a livello psicologico e sociale. Importante e alquanto innovativa fu la collaborazione tra medici, psicologi e psichiatri insieme ad alcuni artisti sensibili a questo tipo di approccio e che sostenevano questa modalità di utilizzo dell’arte. Questa sperimentazione, con i relativi risultati, portò l’arteterapia ad acquisire un riconoscimento rispetto alla sua efficacia diventando una vera e propria disciplina autonoma. 

I campi di applicazione diventarono sempre più numerosi, ampliando la sua azione non solo ad una dimensione esclusivamente terapeutica ma anche preventiva. Questo sviluppo fu possibile grazie al riconoscimento di una sfera più profonda nell’individuo. Sicuramente importanti furono le influenze di Sigmund Freud, fondatore della psicoanalisi, filosofo e neurologo tedesco. La stessa Naumburg, seguace di Freud, sosteneva che il processo stesso dell’arteterapia si basa sul concetto che i sentimenti e i pensieri più 

profondi dell’uomo, derivati dall’inconscio, raggiungano la loro massima riconoscibilità ed espressione attraverso un linguaggio visivo come le immagini, piuttosto che le sole parole (Margaret Naumburg, 1966).

Questo riconoscimento di profondità dell’individuo determina caratteristiche e peculiarità ancora oggi presenti nella definizione dell’arteterapia. 

1. Che cosa si intende per arteterapia

L’arteterapia consiste nella ricerca del benessere psicofisico attraverso l’espressione artistica dei pensieri, vissuti ed emozioni. Essa utilizza le potenzialità, che ogni persona possiede, di elaborare creativamente tutte quelle sensazioni che non si riescono a far emergere con le parole all’interno dei contesti quotidiani.

Per mezzo dell’azione creativa l’immagine interna diventa immagine esterna, visibile e condivisibile e in grado di comunicare all’altro il proprio mondo interiore: emotivo e cognitivo (Fasciani M.R., 2019). L’arteterapia diventa quindi uno strumento comunicativo potente per l’individuo, accompagnandolo nel processo che lo porterà a manifestare i propri vissuti rendendoli visibili come forma necessaria per essere condivisi e trattati. Margaret Naumburg sostiene questa potenza comunicativa, possibile grazie allo sviluppo di una dinamica creativa di espressione.

2. La definizione del concetto di creatività oggi

Inevitabile fu il riconoscimento del legame tra l’arteterapia e il concetto di creatività

Quando parliamo di creatività facciamo riferimento alla capacità produttiva di pensiero che trova espressione attraverso azioni concrete di carattere innovativo. Questa è la definizione che più facilmente troviamo negli scritti di riferimento ma diversi autori hanno sottolineato quanto sia difficile restituire, al concetto di creatività, una definizione chiara ed inequivocabile per tutte le discipline in quanto è in stretta correlazione con il contesto in cui viene ragionata, discussa e agita (Legrenzi, 2005). 

Dal confronto internazionale, oggi, è emersa una idea di creatività in grado di manifestarsi nel momento in cui coesistono sette elementi chiave considerati caratteri fondamentali per definire un individuo, sia esso adulto o bambino, essere creativo. In particolare questo è stato possibile grazie agli studi e alla ricerca del gruppo internazionale Creanet (Beja, 2011), una rete co-finanziata dal programma di Apprendimento Permanente. Il suo principale obiettivo è stato quello di creare, all’interno di un contesto europeo costituito da diversi soggetti, un ambito di dialogo, ricerca, discussione e scambio di buone pratiche volte alla promozione della creatività in ambito educativo per la prima infanzia. 

2.1 I sette elementi chiave della creatività

Gli elementi chiave individuati sono: novità, inventiva, espressione di sé, curiosità, indipendenza, autostima, rischio. 

  • Novità: facciamo riferimento all’invenzione di qualcosa di nuovo, mai esistito prima. L’attenzione è rivolta principalmente al prodotto. 
  • Inventiva: lo sguardo non è sul prodotto quanto più sull’atteggiamento o comportamento dell’individuo che inventa qualcosa di nuovo. 
  • Espressione di sé: intesa come possibilità di dare voce a chi si è e al proprio personale modo di vivere e sentire le cose. 
  • Curiosità: si fa riferimento alla sfera comportamentale dell’individuo quindi al suo atteggiamento verso le cose, come e quanto manifesta interesse e desiderio di esplorare e scoprire, non soffermandosi alla superficie ma scegliendo di andare sempre più in profondità. 
  • Indipendenza: facciamo riferimento alla possibilità dell’individuo di mettere in atto un pensiero divergente, quindi libero, non convenzionale e autonomo. 
  • Autostima: intesa come tratto della personalità dell’individuo che riconosce positivamente il proprio valore e le proprie competenze manifestando fiducia in se stesso e nelle proprie idee. 
  • Rischio: si intende la propensione dell’individuo ad accettare le nuove sfide che sono inevitabili quando si crea qualcosa di nuovo. Il rischio è strettamente legato al concetto di autostima: maggiore è l’autostima e più forte sarà l’assunzione di rischio.

3. L’atelier: luogo per eccellenza di apprendimento creativo

Luogo per eccellenza, all’interno di contesti come i nidi e scuole dell’infanzia, e rappresentativo dell’espressione di tutti questi caratteri è l’atelier. In questo elaborato approfondiremo il valore di questo luogo educativo proponendo le riflessioni del pedagogista Loris Malaguzzi, ispiratore del Reggio Emilia Approach

Loris Malaguzzi nasce a Correggio il 23 febbraio del 1920 e crescerà a Reggio Emilia, città a cui dedicherà tutta la sua ricerca e formazione fino alla definizione e costruzione di questa importante realtà educativa diffusa, oggi come allora, a livello internazionale. Grande contributo al pensiero di Loris Malaguzzi fu dato da John Dewey, filosofo statunitense e fautore dell’attivismo pedagogico che, nelle su riflessioni di carattere filosofico-pedagogiche, pose grandissima attenzione al significato dell’esperienza estetica, creativa e artistica dell’individuo non come singolo ma in relazione con gli altri e con il contesto in cui è inserito. Stiamo parlando di una esperienza artistica in relazione, quindi in grado di restituire forma al processo dialogico all’interno della collettività. Dewey influenzerà il pensiero pedagogico della filosofia reggiana portando Loris Malaguzzi a maturare l’idea che la vecchia scuola debba connettersi ad una visione nuova che pone al centro lo sviluppo creativo come strumento per esprimersi. 

Malaguzzi parlerà di un atelier “impertinente” in grado di offrire a bambini e adulti insieme, dentro ad un processo di co-costruzione educativa della conoscenza, possibilità in cui mettere in gioco le mani, il cervello e le emozioni tutte nello stesso momento. Un luogo non casuale ma pensato e progettato per stimolare il processo creativo dei suoi abitanti, i bambini in questo caso, e in grado di fare incontrare arte e scienza come occasioni di sperimentazione, ricerca e apprendimento quotidiano per il bambino. Parliamo di una vera e propria didattica dell’atelier intesa come possibilità educativa all’interno di un luogo in grado di promuovere ricerca e mettere in risalto diversi aspetti della conoscenza.

Per Malaguzzi l’atelier rappresenta il luogo di espressione e manifestazione dei cento linguaggi. I cento linguaggi rappresentano metaforicamente le infinite potenzialità che i bambini hanno di imparare, capire ed esprimersi senza mai separare la dimensione del pensiero da quella dell’esperienza. È così che viene costruita la conoscenza. Stiamo parlando di una pedagogia della ricerca in cui l’apprendimento avviene attraverso la sperimentazione e la scoperta. Ogni apprendimento diventa un atto creativo che pone l’attenzione non tanto sul prodotto quanto sul processo di ricerca che il singolo e, il singolo nel gruppo, mette in atto. Ad essi, Malaguzzi, ha scritto e dedicato una poesia dal titolo “Invece il cento c’è” che è diventata manifesto educativo del Reggio Emilia Approach. 

L’atelier rappresenta quindi un luogo di genesi di un nuovo approccio educativo negli anni Sessanta, portando la dimensione estetica e la ricerca della bellezza a diventare parte integrante del processo di 4. 

apprendimento. La cultura dell’atelier è quindi metafora di una scuola che mette al centro la dimensione espressiva e creativa come diritto delle bambine e dei bambini ad apprendere ed incontrare il mondo attraverso una pluralità di linguaggi e a sviluppare, nella relazione con gli altri, il proprio e personale processo creativo che diventa possibilità e strumento di dialogo ed espressione della propria sfera emotiva, comportamentale, morale, sociale e cognitiva. 

È un luogo in cui si sperimenta, in cui bambini e adulti insieme costruiscono processi di conoscenza che non si fermano lì ma coinvolgono tutti gli abitanti di quel luogo educativo come educatori, genitori e visitatori. Parliamo di una comunità che diventa educante. E’ un luogo che non offre discipline da imparare ma vere e proprie esperienze da vivere e che restituisce identità e forma al progetto educativo.

Conclusioni

In conclusione, anche se non ritroviamo all’interno di contesti educativi di questo tipo l’utilizzo della parola arteterapia, è possibile riconoscerne caratteristiche, valori e potenziale. All’interno di questi luoghi troviamo spazi e professionalità in grado di promuovere e valorizzare l’espressività e le possibilità comunicative offrendo contesti quotidiani di apprendimento in cui la creatività possa svilupparsi e potenziarsi.

Attraverso questo tipo di scelta educativa sarà possibile favorire lo sviluppo creativo fondamentale per formare nell’individuo, a partire dalla primissima infanzia, strumenti che andranno a costituire il suo bagaglio di conoscenze per tutta la vita. Con questo tipo di formazione e crescita risulterà più semplice, in età adulta, mettere in campo un punto di vista più aperto, sperimentale e creativo nell’utilizzare i propri strumenti cognitivi, emotivi e comportamentali per affrontare il quotidiano e promuovere il proprio benessere psico-fisico. 

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