La gestione del cambiamento culturale in ambito aziendale tra resistenze e strategie di intervento

cambiamento

a cura della dott.ssa Maria Antonella Calà

Abstract

Il presente articolo ha come oggetto la gestione dei processi di cambiamento della cultura d’impresa e di motivazione della popolazione aziendale. Ogni organismo aziendale ha una propria cultura, la quale riveste un ruolo centrale per una buona gestione del capitale umano perché si esprime nella condivisione di storie, valori, convinzioni, regole, conoscenze e simboli, direziona le energie verso uno scopo condiviso e promuove nell’organizzazione la capacità di migliorarsi.

L’articolo si pone l’obiettivo di analizzare la “rigenerazione culturale” in ambito aziendale, la quale richiede l’intervento di un “leader” che predisponga le condizioni migliori per accogliere il nuovo, fronteggiando adeguatamente le resistenze che si manifestano e accompagnando il processo di cambiamento culturale.

Introduzione

La cultura guida in positivo le performance aziendali quando è allineata con la strategia aziendale e la leadership, ma può essere difficile da interpretare, comprendere e gestire perché riflette taciti comportamenti, valori e modelli sociali. Per le aziende, è vitale migliorare le prestazioni organizzative attraverso il cambiamento culturale e il primo passo per i leader consiste nel prendere coscienza della cultura che opera nell’organizzazione per poter padroneggiare le pratiche di cambiamento fondamentali nell’articolazione dell’aspirazione, dell’allineamento della leadership e del design organizzativo (Groysberg et al., 2018).

Le aziende fronteggiano continuamente, attraverso interventi specifici, processi di cambiamento che generano tra i dipendenti svariate forme di resistenza spesso legate più che al cambiamento in senso proprio, all’idea che si ha di tale cambiamento, alle proprie convinzioni personali, al bisogno di controllo e al timore del cambiamento e dell’ignoto (Lizza, 2023).

1. Le dimensioni della cultura aziendale

In ambito aziendale, la cultura è un elemento fondamentale perché assolve dei compiti prioritari, quali:

  • fornire un’identità organizzativa ai dipendenti;
  • creare significati comuni all’interno dell’ambiente lavorativo;
  • orientare la percezione, le emozioni e i comportamenti dei lavoratori;
  • mantenere la stabilità aziendale, attraverso l’attenzione ai bisogni delle persone.

La cultura, pur potendo evolvere in modo flessibile e autonomo in risposta alle mutevoli occorrenze e richieste, è un modello di base che un determinato gruppo di persone, iniziando a lavorare in un’azienda, gradualmente «scopre, inventa o sviluppa per coordinarsi all’interno e per relazionarsi con l’ambiente esterno» (cultura aziendale in “Dizionario di Economia e Finanza” (treccani.it)).

Dunque, la cultura aziendale è la sintesi della conoscenza di un gruppo che elabora continue soluzioni per adattarsi all’ambiente di cui è parte. Essa identifica la fonte a cui attingere per trovare risposte a problemi che, al contempo, coincide con la sorgente da alimentare continuamente con nuove soluzioni sempre più efficaci ed efficienti. In questa prospettiva la cultura è dinamica, mutevole, un ventaglio di valori e di esperienze che si stratificano nel tempo e che si trasmettono a tutti i membri dell’organizzazione (Lizza, 2023).

Lo studio The leader guide of corporate culture definisce la cultura come «il tacito ordine sociale di un’organizzazione: modella atteggiamenti e comportamenti in modi ampi e durevoli. Le norme culturali definiscono ciò che è incoraggiato, scoraggiato, accolto o rifiutato all’interno di un gruppo. Se correttamente allineate con i valori, le pulsioni e i bisogni personali, la cultura può scatenare enormi quantità di energia verso uno scopo condiviso e promuovere nell’organizzazione capacità di prosperare» (Groysberg et al., 2018).

Tale ricerca individua quattro attributi sostanziali della cultura aziendale:

  1. Condivisa. Perché la cultura è un fenomeno di gruppo: risiede in comportamenti, valori e presupposti condivisi e viene sperimentata attraverso le norme e le aspettative di un gruppo, cioè le regole non scritte.
  2. Pervasiva. Perché la cultura permea più livelli e si diffonde capillarmente in un’organizzazione: si manifesta in comportamenti collettivi, ambienti fisici, rituali di gruppo, simboli visibili, storie e leggende, ma anche nella mentalità, nella motivazione e in simboli non visibili.
  3. Durevole. Perché la cultura può dirigere i pensieri e le azioni dei membri del gruppo a lungo termine: si sviluppa attraverso eventi critici nella vita collettiva e nell’apprendimento di un gruppo.
  4. Implicita. Perché un aspetto fondamentale della cultura è che, nonostante la sua natura subliminale, le persone sono effettivamente programmate per riconoscerla e risponderle istintivamente.

I quattro attributi esemplificati sono inseriti nelle due dimensioni principali della cultura aziendale che si possono applicare in ogni tipo di organizzazione o area geografica:

  1. Le interazioni con le persone. L’orientamento di un’organizzazione verso le interazioni e il coordinamento delle persone ricadrà su uno spettro da altamente indipendente ad altamente interdipendente. Le culture che tendono verso il primo aspetto attribuiscono maggior valore all’autonomia, all’azione individuale e alla competizione. Quelle che tendono verso il secondo enfatizzano l’integrazione, la gestione delle relazioni e il coordinamento dello sforzo di gruppo.
  2. La risposta al cambiamento. Mentre alcune culture enfatizzano la stabilità, dando priorità alla coerenza, alla prevedibilità e al mantenimento dello status quo, altre enfatizzano la flessibilità, l’adattabilità e la ricettività al cambiamento. Coloro che favoriscono la stabilità tendono a seguire le regole, utilizzare strutture di controllo, a rafforzare la gerarchia e lottare per l’efficienza. Mentre chi favorisce la flessibilità tende a privilegiare l’innovazione, l’apertura, la diversità e un orientamento a lungo termine.

1.1  Gli stili di cultura aziendale: un approccio multilivello

Proseguendo con l’analisi, ci si focalizzerà sull’applicazione dell’intuizione di ricerca di riferimento alle dimensioni delle interazioni tra le persone e alla risposta al cambiamento, che ha portato all’identificazione di otto stili applicabili sia alle culture aziendali che ai singoli leader.

  1. Caring: si concentra sulle relazioni e sulla fiducia reciproca. I dipendenti sono uniti dalla lealtà e dal lavoro di squadra; mentre i leader promuovono la sincerità e le relazioni positive.
  2. Purpose: è esemplificato dall’idealismo e dall’altruismo. I dipendenti sono uniti dall’attenzione alla sostenibilità e alle comunità globali; i leader enfatizzano ideali condivisi e contribuiscono a una causa più grande.
  3. Learning: è caratterizzato da esplorazione, espansività e creatività. I dipendenti sono uniti dalla curiosità e dall’avventura condivisa; mentre i leader pongono l’accento sull’innovazione e sulla conoscenza.
  4. Enjoyment: si esprime attraverso il divertimento e l’eccitazione. I dipendenti sono uniti da giocosità e stimoli; i leader enfatizzano la spontaneità e il senso dell’umorismo.
  5. Results: è focalizzato sui risultati e sull’apprendimento. I dipendenti sono uniti da una spinta verso la capacità e il successo; i leader enfatizzano il raggiungimento degli obiettivi.
  6. Authority: è definita dalla forza, dalla risolutezza, dalla competitività e dall’audacia. I dipendenti sono uniti da un forte controllo; i leader enfatizzano la fiducia e il dominio.
  7. Safety: è definita da pianificazione, cautela e preparazione. I dipendenti sono uniti dal desiderio di sentirsi protetti e anticipare il cambiamento; i leader enfatizzano l’essere realistici e pianificare in anticipo.
  8. Order: è incentrato sul rispetto, la struttura e le norme condivise. I dipendenti sono uniti dalla cooperazione; i leader enfatizzano le dimensioni delle procedure condivise e assodate nel tempo.

Questi otto stili si inseriscono in un framework culturale integrato e variano di grado a seconda del livello in cui riflettono indipendenza o interdipendenza (le interazioni tra le persone) e flessibilità o stabilità (la risposta al cambiamento). Sebbene ogni stile presenti vantaggi e svantaggi e nessuno di essi è intrinsecamente migliore di un altro, sono interni al quadro compromessi fondamentali. Nonostante ogni stile possa essere vantaggioso, i vincoli naturali e le esigenze contrastanti costringono a scelte difficili su quali valori enfatizzare e su come ci si aspetta che le persone si comportino.

Gli stili presi in esame possono essere utilizzati per diagnosticare e descrivere modelli comportamentali altamente complessi e diversificati in una cultura e per modellare la probabilità che un singolo leader si allinei e formi quella cultura. Infatti, utilizzando un approccio multilivello, i manager possono:

  • Comprendere la cultura della loro organizzazione e valutarne gli effetti.
  • Valutare il livello di coerenza nelle opinioni dei dipendenti sulla cultura.
  • Identificare le sottoculture che possono spiegare le prestazioni di gruppo.
  • Individuare le differenze tra legacy culture durante fusioni e acquisizioni.
  • Orientare i dirigenti alla cultura aziendale e aiutarli a determinare il modo più efficace per guidare i dipendenti.
  • Misurare il grado di allineamento tra stili di leadership individuali e cultura organizzativa per determinare quale impatto potrebbe avere un leader.
  • Progettare una cultura target a cui ambire e comunicare le modifiche necessarie per realizzarla.

Per le imprese è fondamentale migliorare le prestazioni organizzative attraverso il cambiamento culturale, ma innanzitutto i leader devono avere consapevolezza della cultura che opera nella loro organizzazione e solo successivamente possono definire una cultura target a cui ambire. Essere leader ed affrontare il cambiamento culturale può essere oggi tra le fonti più importanti per un vantaggio competitivo che sia sostenibile per le aziende. In tal modo, i leader non considereranno la cultura con frustrazione, ma la useranno come uno strumento di gestione fondamentale (Groysberg et al., 2018).

In sostanza, un buon leader non può non sviluppare l’intelligenza emotiva intesa come capacità fondamentale «di incanalare le emozioni verso il raggiungimento di un fine produttivo; essa può manifestarsi nel controllo degli impulsi e nel rinvio delle gratificazioni, nel regolare i nostri stati d’animo in che essi facilitino invece di ostacolare il pensiero razionale, nel trovare la motivazione per insistere e provare – provare ancora – nonostante gli insuccessi» (Goleman, 2020).

2. Il change management

Le aziende affrontano continuamente processi di cambiamento che possono essere incrementali o radicali. Nel primo caso, fermo restando i principi base, si rivede la loro traduzione in termini concreti; mentre, nel secondo, si procede alla sostituzione di determinati valori e convinzioni con altri, realizzando una modificazione paradigmatica. In ogni caso il cambiamento richiede la presenza di un leader che tracci un nuovo sentiero e gestisca la trasformazione (Lizza, 2023).

Dal punto di vista organizzativo, il change management è un approccio strutturato al cambiamento negli individui, nei gruppi e nelle organizzazioni che rende possibile la transizione da un assetto presente ad uno futuro desiderato, tenendo conto dell’impatto umano nel processo di cambiamento. La letteratura scientifica mostra che la prontezza al cambiamento è il principale antecedente di successo nel change management. Ma spesso non è sufficiente che le persone siano pronte, è anche necessario che non ci siano ostacoli al cambiamento (Ferrari, 2020). Per operare tale cambiamento, il management dovrebbe muoversi sui confini della cultura, assumendo una duplice prospettiva esterna-interna, che consenta, da un lato, di osservare e comprendere il patrimonio culturale, e dall’altro, di modificarlo in base alle esigenze aziendali.  

In tal senso, l’impegno della gestione delle HR riveste un ruolo fondamentale nel fornire occasioni per costruire ambienti motivanti, per accrescere conoscenze, capacità e leadership, per sviluppare il sapere necessario all’innovazione organizzativa, per costruire, in sostanza, quella che viene definitiva learning organization (Sena, 2015).

3. Resistenze al cambiamento e possibili strategie di intervento

Le modifiche culturali, mettendo in discussione alcuni punti fermi, generano svariate forme di resistenza spesso legate all’idea che si ha del cambiamento, alla bassa autostima, al bisogno di controllo, al timore dell’ignoto e alle convinzioni personali. La “rigenerazione culturale” richiede l’intervento di un leader che organizzi le condizioni migliori per accogliere il nuovo, guidando il processo e facendo fronte alle paure che di volta in volta si palesano. Queste ultime, pur nella loro varietà, possono essere ricondotte a determinati bisogni psicologici, quali: appartenenza, autonomia, sicurezza e prevedibilità, che, qualora si pensi non possano essere soddisfatti, generano quattro paure corrispondenti da gestire nel cambiamento, quali (Lizza, 2023):

  • la paura della separazione e dell’abbandono;
  • la paura di sentirsi limitati dagli altri nella propria espressione;
  • la paura di non avere controllo sulla propria vita;
  • la paura di provare noia o di sentirsi intrappolati.

La resistenza al cambiamento è un fenomeno che influenza il processo di cambiamento, può ritardarne l’inizio, intralciarne l’implementazione e aumentarne i costi. Sono stati individuati alcuni fattori che sono all’origine di tale resistenza: la scarsa apertura all’esperienza; il pessimismo; precedenti esperienze negative; e l’ansia relativa al cambiamento. Il primo è un tratto di personalità misurabile e non modificabile dall’organizzazione. Invece, gli altri tre, oltre ad essere misurabili, sono anche modificabili con adeguate pratiche di gestione del capitale umano (Ferrari, 2020).

È opportuno specificare che la resistenza non è una mera opposizione istintiva, ma una parte fisiologica del processo di cambiamento e si verifica perché il cambiamento implica l’ignoto. Vi possono essere diverse tipologie di strategie di intervento per supportare il management e i leader nel lavorare con la resistenza al cambiamento:

  1. Interventi basati sull’informazione, che hanno lo scopo di creare consapevolezza e comprensione dei processi inconsci e di come questi influenzino le motivazioni e i comportamenti di un individuo in un ambiente che cambia (Ferrari, 2020).
  2. Interventi di consulenza di cui il cambiamento diviene l’obiettivo. I consulenti si concentrano su attività progettate per assistere le persone nell’analizzare, interpretare e capire come i propri meccanismi di difesa influenzino le loro percezioni e motivazioni verso il cambiamento (Ferrari, 2020).
  3. Interventi di sviluppo dell’intelligenza emotiva e, quindi, della capacità di autoregolazione emotiva che ha come effetti la tendenza alla riflessione e al raccoglimento e la prontezza nell’accettare l’ambiguità e il cambiamento. Tuttavia, non basta essere pronti e riflessivi, è necessario tenere conto dell’impatto umano che si innesca nel tessuto sociale della popolazione aziendale. Infatti, Goleman approfondisce il tema della «leadership emotiva», che si viene a sviluppare dalla «stupefacente sinergia» tra quattro ambiti di competenza emotiva: l’autoconsapevolezza, la consapevolezza sociale, la gestione del sé e la gestione delle relazioni (Goleman, 2020).
  4. Interventi di storytelling, una delle forme più antiche di costruzione della cultura, di trasmissione delle conoscenze e di modellamento dell’identità dei lavoratori è, difatti, la narrazione che, attraverso un meccanismo di “co-costruzione del significato”, è fondamentale per rispondere efficacemente alla gestione della diversità e del cambiamento e per contribuire al miglioramento della motivazione e della performance (Rosemary et al., 2020).

Conclusioni

I leader possono essere «catalizzatori di cambiamento» (Goleman, 2020), percepire intuitivamente quando è necessario modificare lo status quo e lottare per l’instaurazione di un nuovo ordine anche di fronte a forti resistenze. In presenza di ostacoli tendono a trovare soluzioni pratiche per favorire il cambiamento, in un processo a spirale in cui l’efficacia di ogni step è influenzata dai passi precedenti e, al contempo, influenza quelli successivi (Dedic8ion – Quando la crescita conta davvero!).

L’istituzionalizzazione di un nuovo modello culturale, ossia la sua immissione nelle quotidiane prassi organizzative e gestionali, si concretizza nel vivere i nuovi valori. Ciò significa che il nuovo sostrato culturale passa attraverso azioni e comportamenti quotidiani, non essendo sufficiente la mera enunciazione dei nuovi valori per l’attuazione progressiva di un cambiamento culturale e motivante (Lizza, 2023).

Riferimenti bibliografici

  1. Groysberg B., Lee J., Price J., Cheng J. Y. (2018), The leader guide to corporate culture. How to manage the eight critical elements of organization life. Harvard business review.
  2. Lizza P. (2023), Leadership e sviluppo del capitale umano. Edizioni Universitarie Romane.
  3. Goleman D. (2016), Leadership emotiva. Una nuova intelligenza per guidarci oltre la crisi. Rizzoli.
  4. Ferrari F. (2020). La resistenza al cambiamento. Cos’è, come misurarla e fronteggiarla. Personale e lavoro, Rivista di cultura delle risorse umane, n°618, 16 (1).
  5. Sena B. (2015). La gestione delle risorse umane nell’era digitale. Franco Angeli.
  6. Rosemary V., Bharati S. (2020). Managing change: role of leadership and diversity management. Emerald Publishing.
  7. Definizione di Cultura Aziendale in “Dizionario di Economia e Finanza” (treccani.it)
  8. Dedic8ion – Quando la crescita conta davvero!