La parità di genere nell’arte: un lungo percorso non ancora completato

A cura della dott.ssa Anna Maria Renzi

Introduzione

Nell’arte le donne sono state a lungo escluse e le loro capacità e il loro talento sono stati ignorati perché relegate al compito di badare al focolare domestico e ai bisogni familiari. Per secoli è stato considerato sconveniente per le donne dedicarsi alle attività intellettuali e allo studio dell’arte, frequentare le accademie, fare praticantato in bottega insieme con gli uomini e seguire corsi di nudo accademico, disciplina fondamentale nella formazione di un’artista.

Nel corso della storia alcune artiste hanno combattuto contro questi stereotipi per affermare che le donne non erano solo modelle o muse ispiratrici, ma potevano essere artiste al pari degli uomini, affrontando tutti i generi pittorici. La difficoltà ad accedere ai luoghi di istruzione e formazione e alle botteghe degli artisti impedì quindi a lungo alle donne di emergere e dimostrare il proprio talento.

Le artiste hanno dovuto affrontare anche la diffidenza da parte della critica che solo a partire dal XX secolo ha riconosciuto a molte di loro pari dignità con i colleghi uomini. Il percorso di rilettura della storia dell’arte in chiave di parità è iniziato nel 1916 con il critico Roberto Longhi che “riscoprì” il talento della pittrice caravaggesca Artemisia Gentileschi e poi proseguito nel 1971 con Linda Nochin con il saggio “Perché non ci sono state grandi artiste?”. Secondo l’autrice le donne artiste non hanno mai avuto un ruolo di protagoniste nell’arte perché la produttività artistica è il risultato di un processo in cui il talento si affina e si allena, e per molto tempo la donna è stata esclusa da questo meccanismo.  Conquista recente è stata anche l’inserimento di artiste donne nei manuali di storia dell’arte e nei testi scolastici.

1. Le donne nell’arte: un excursus storico

1.1 Mondo Antico e Medioevo

In epoca antica si hanno poche e frammentarie testimonianze di artiste, la donna infatti era considerata solo un oggetto di ispirazione per gli artisti uomini. Plinio il Vecchio, nella sua “Naturalis Historia”, ne cita alcune, Timarete, Calipso, Aristarete, Iaia di Cizico, ma di loro sono rimaste poche e incerte tracce che si confondono con il racconto mitologico. Nel medioevo gli artisti erano spesso anonimi e la presenza femminile era relegata nei monasteri, dove molte religiose erano autrici di miniature, rimaste però nel totale anonimato.

1.2 Rinascimento e Neoclassicismo

A partire dal 1500 iniziano a circolare lavori di artiste donne, spesso autodidatte, i cui lavori erano limitati ai generi cosiddetti “minori”, paesaggi e nature morte. La pittura doveva rimanere per loro solo un piacevole passatempo. Sofonisba Anguissola (1535-1625) fu una delle poche che riuscì a trasformare la sua passione in professione, andando contro le convenzioni dell’epoca. Partecipò attivamente alla vita artistica delle corti italiane lavorando presso i Gonzaga, gli Este e i Farnese.

Essere riconosciuta come artista voleva dire frequentare un’Accademia, essere assunta al rango di intellettuale, avere la possibilità di viaggiare, studiare e confrontarsi con altri intellettuali, proprio per questi motivi alle donne ne era vietato l’accesso.

In Italia alcune Accademie come quella di San Luca a Roma e quella di Firenze, permisero l’accesso alle donne già a partire dal‘600. Artemisia Gentileschi, (1593-1653) fu la prima donna ad essere ammessa all’Accademia di Firenze. Pittrice di carattere, visse di pittura, gestendo lei stessa i rapporti economici con i suoi committenti. Oggi è diventata un simbolo nella lotta alla violenza sulle donne, in quanto subì lei stessa violenza da un collega pittore a cui seguì un lungo e umiliante processo. Sicuramente più facile era l’accesso all’arte per le donne dell’aristocrazia, ma molto difficile era trasformarla in lavoro. Vi riuscì Rosalba Carriera (1673-1757), nata a Venezia, ambiente più liberale rispetto agli altri Stati italiani, si specializzò in ritratti a pastello e miniature, genere tradizionalmente ritenuto “adatto” alle donne. Riuscì però a guadagnarsi una fama autonoma fino e farne una vera e propria attività imprenditoriale. Le sue capacità divennero note in tutte le principali corti europee, diventando una delle personalità artistiche più influenti, famose e richieste.

In Francia, proprio per scoraggiare la partecipazione femminile, le rette delle Accademie erano diversificate, 300 franchi per gli uomini e 700 per le donne. In una società dominata dagli uomini, Elisabet Vigè Le Brum (1755-1842), grazie all’appoggio del padre che ne riconobbe il talento, divenne la ritrattista favorita della regina Maria Antonietta e una delle pittrici più ricercate e apprezzate. A diciannove anni fu l’unica donna a far parte dell’Acadèmie di San Luc. Come pittrice di corte lavorò a Napoli, Roma, Londra, Vienna e San Pietroburgo.

1.3 Epoca moderna

Il XIX secolo non registra grandi passi in avanti, perché l’arte era ancora considerata, per le donne, solo un passatempo. La pittrice impressionista Berthe Morisot (1841-1895), non potè mai dipingere all’aperto perché ancora considerata una pratica disdicevole, e le fu impedito l’accesso all’Accademia di belle arti.

In Inghilterra il gusto vittoriano riconosceva alle donne solo la dote della “raffinatezza” ma non del “talento”. Emily Mary Osborn (1828-1925), pittrice inglese, fu tra le firmatarie della petizione per ammettere le studentesse ai corsi della Royal Academy. Un suo emblematico quadro rappresenta una pittrice che mostra il suo quadro ad un mercante d’arte, a sottolineare come le artiste iniziavano ad avere consapevolezza del loro operato.

Bisogna arrivare alla prima metà del ‘900 perché alcune artiste riescano ad emergere e ad essere riconosciute per il loro talento. Frida Khalo (1907-1954) pittrice messicana, fece della pittura la sua ragione di vita. Attiva politicamente, autonoma, divenne simbolo di emancipazione e di libertà sessuale. Icona di stile del primo dopoguerra fu Tamara de Lempicka (1898-1980), pittrice polacca. Il suo stile di vita libertino e autonomo, la sua pittura sensuale e raffinata, l’hanno resa icona di emancipazione.

In questo periodo si registrano anche i primi atti dimostrativi per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla mancata presenza femminile nelle collezioni dei grandi musei. Nel 1911 Mary Richardson sfregiò la” Venere e Cupido” di Velázquez alla National Gallery di Londra, per sottolineare come le donne erano sempre protagoniste delle opere ma mai come “autrici”.

Verso gli anni ’70, con le lotte per i diritti civili e per l’emancipazione femminile, il binomio arte-donna si rafforza. Una delle principali rappresentanti fu Marina Abramovic (1946), che utilizzò il suo stesso corpo per performance dimostrative anche estreme.

2. Le donne nell’arte, oggi

2.1 Le artiste e il mercato dell’arte

Secondo una ricerca pubblicata nel 2017 della sociologa dell’arte tedesca Katrin Hassler,condotta su dati forniti da ArtFacts, nella classifica dei 100 artisti più quotati a livello globale, solo il 12,6% è donna e la percentuale diminuisce man mano che la piramide allarga la sua base. Nel secondo livello, che include le posizioni da 101 a 500, si registra un incremento nel numero di donne fino al 20,4% e nel terzo livello, la proporzione delle donne artista cresce al 27%.

Lo studio di Glass ceilings in the art market (2018, Bocart, Gertsberg e Tilburg) evidenzia le enormi difficoltà che le artiste devono affrontare per affacciarsi sul mercato, evidenziando che il top 0.03% del mercato dellarte (che corrisponde al 40% del valore complessivo delle vendite) risulta essere completamente inaccessibile alle donne. Nel 2019, solo il 7% delle opere di artiste donne vendute, supera la cifra di 1 milione di dollari ed ancora più bassa al 5% è la percentuale di opere che supera i 10 milioni di dollari.

Nel 2020 Koones, piattaforma di mercato artistico, evidenzia come persista un pregiudizio nei confronti delle capacità artistiche delle donne. Da un campione di circa 2000 persone, il 51,6 % degli intervistati afferma di sottovalutare le opere delle artiste. Mentre il valore di mercato di un’opera di artisti maschi è il 24% in più rispetto alle colleghe, così come anche emerge disparità nei premi assegnati alle donne in occasione di manifestazioni e concorsi artistici. Prendendo come campione 5 prestigiosi premi, dei 406 vincitori, solo il 37% sono stati assegnati a donne.

Analizzando dati più recenti si intravede un lento miglioramento: secondo Artprice, nel 2022 la classifica degli artisti più pagati sotto ai quarant’anni è dominata dalle artiste, ben sette su dieci. Le grandi gallerie internazionali sono sempre più attente e la quota di donne ha raggiunto in taluni casi il 40% con i musei e le fondazioni d’arte contemporanea che hanno aumentato in maniera esponenziale i fondi per le acquisizioni rivolti alle donne. Ma per contro, su 1,5 milioni di aste d’arte realizzate negli ultimi 40 anni, le opere create da donne sono state vendute a quasi il 50% in meno rispetto ai dipinti della loro controparte maschile, a significare una doppia sottovalutazione economica ed artistica, con effetti a catena sul riconoscimento e sulla rappresentanza istituzionale.

2.2 La presenza femminile nei Musei e nelle gallerie

Secondo una statistica del 1984 solo 13 dei 169 artisti esposti al Metropolitan Museum di New York erano donne, mentre l’83% dei nudi presenti della collezione rappresentavano corpi femminili. Questa differenza di numeri evidenzia che la presenza delle donne è massiccia in quanto oggetto artistico ma molto limitata in quanto fautrici di una rivoluzione artistica.

Nel 1989 un collettivo di artiste femministeThe Guerrilla Girls, invasero le strade di New York con manifesti che denunciavano le discriminazioni di genere dell’art system.

Sicuramente passi in avanti sono stati fatti, ma le recenti statistiche riguardanti la rappresentazione delle artiste nelle collezioni museali e nelle mostre evidenziano ancora uno squilibrio di genere significativo.

La ricerca Diversity of Artists in Major U.S. Museums, realizzata nel 2018 e pubblicata nel 2019, ha preso in considerazione i dati di 18 famosi musei d’arte degli Stati Uniti e ha dimostrato che l’87% degli artisti esposti era costituito da uomini e il 12,6% da donne (Topaz et al., 2019).

Dati confermati in un rapporto di ArtNet del 2019, in cui si evidenzia che solo l’11% delle acquisizioni in trentuno musei statunitensi, tra Il 2008 e il 2018, riguardava opere di artiste, mentre poco meno del 15% delle mostre realizzate erano dedicate alle donne.

Secondo quanto riportato dalla Commissione sulla parità di genere dell’Unione Europea, nel 2017 le opere d’arte realizzate da donne rappresentavano solo una quota compresa fra il 3% e il 5% delle principali collezioni permanenti, in Europa e negli Stati Uniti. Allo stesso tempo soltanto il 13% degli artisti viventi esposti nelle gallerie in Europa e in Nord America sono donne. (fonte: Museo Nazionale delle donne nelle arti (USA), 2019).

2.3 La situazione in Italia

Nel 2021 è stato istituito in Italia l’Osservatorio per la parità di genere del Ministero della Cultura con lo scopo di avviare un’attività di scambio e reciproco supporto con enti, istituzioni e associazioni e una costante raccolta dati da rinnovare annualmente al fine di creare una rete tra le varie realtà nel mondo della cultura e dell’arte. Si tratta del secondo esempio in Europa dopo quello francese istituito nel 2013.

Nel primo rapporto annuale del novembre 2022, l’Osservatorio sottolinea che “l’invisibilità nel mondo dell’arte delle donne è una realtà purtroppo evidente”. Nello studio Presenza e rappresentazione delle donne artiste in Italia del 2017, realizzato dal Master in Contemporary Art Markets, emerge che nel nostro Paese, nonostante il 66,7% degli iscritti alle accademie di Belle Arti sia donna, appena il 18% delle opere esposte nelle gallerie è stato realizzato da artiste.

Questo gap di genere si evince anche nella scelte espositive delle istituzioni museali: qui solo il 19% delle mostre realizzate durante l’anno preso in considerazione ha riguardato le artiste. E lo stesso vale per le aste e quindi per il mercato.

Tra i dati riportati emerge invece positivamente il risultato della Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma, che negli ultimi 7 anni ha visto crescere complessivamente del 20% la presenza di opere di artiste donne.

Nel 2022, la Biennale di Venezia, una delle manifestazioni artistiche più importanti a livello nazionale e internazionale, per la prima volta dalla sua fondazione, ha visto una presenza di circa il 90% di artiste donne, sotto la direzione di Cecilia Alemani. Un dato significativo, in quanto nella storia della Biennale, iniziata nel 1895, le artiste invitate ad esporre rappresentavano all’inizio circa il 10% del totale, salito poi al 30% nell’ultimo ventennio, per arrivare all’edizione del 2022, con 192 donne e persone non binarie invitate, su 213 partecipanti.

Conclusioni

La lettura dei dati manifesta chiaramente quanto ci sia ancora da fare, benché sia aumentata l’attenzione e la sensibilità sull’argomento.

 La convinzione che l’unica strada sia la sensibilizzazione ha portato la nascita di molte iniziative rivolte all’opinione pubblica, agli operatori di settore e alle istituzioni preposte. Katy Hessel, storica dell’arte, broadcaster e curatrice britannica ha creato e gestisce dal 2015 una pagina Instagram, @thegreatwomenartists, nella quale pubblica ogni giorno un’opera per dare visibilità a pittrici, scultrici e fotografe. Il suo obiettivo è quello di correggere il disequilibrio di genere nel mondo dell’arte, e nel 2022 ha pubblicato il suo primo libro, La storia dell’arte senza gli uomini, in cui partendo dal Rinascimento e arrivando ai giorni nostri, ridisegna l’evoluzione artistica in chiave esclusivamente femminile.

Sulla stessa linea Liezel Strauss, curatrice e attivista nata in Sud Africa, nel 2018 ha fondato la piattaforma ArtGirlsRising che nasce con lo scopo di dare uno strumento alle artiste emergenti per ottenere una rappresentanza più significativa all’interno di musei, gallerie e case d’asta. Nel 2019, la Strauss è stata scelta per rappresentare la campagna “Impossible to Ignore” delle Nazioni Unite per le donne insieme ad altri 8 innovatori. La sua difesa della disparità di genere nel mondo dell’arte e la dedizione al ripristino di questo equilibrio nel settore le hanno valso il titolo di una delle 100 migliori innovatrici in tutto il mondo secondo UN Women. Ciò l’ha ulteriormente spinta a lanciare il suo progetto di directory “Where Are The Women Artists?”, un database che comprende più di 2000 artiste provenienti da 97 paesi. Inoltre, sta lavorando a Fair Art 2030, un progetto di impegno per l’inclusione e la diversità nei musei e nelle gallerie, in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) delle Nazioni Unite per il 2030.

Un cambiamento sostanziale si può raggiungere “facendo ricerca, mettendo i dati a disposizione, continuando a creare consapevolezza e infine con azioni, azioni e ancora azioni. Dobbiamo tutti conoscere le cifre, i dati disponibili non sono sufficienti. Il mondo dell’arte deve avere una maggiore trasparenza da questo punto di vista, sia nelle istituzioni artistiche pubbliche sia nel mercato commerciale. Ci servono più persone che ricerchino e pubblichino i dati; quindi, servono modi per comunicare questa disuguaglianza e infine utilizzarla in modo da provocare un cambiamento.” (Liezel Strauss, fondatrice del movimento ArtGirlRising)

Bibliografia:

  1. Federica Timeto, L’arte al femminile. Percorsi e strategie del femminismo nelle arti visive, in “Studi culturali, Rivista quadrimestrale” 1/2005, pp. 129-154
  2. Kety Hessler, La storia dell’arte senza uomini, 2022, ed. italiana 2023
  3. Topaz, C. M., Klingenberg, B., Turek, D., Heggeseth, B., Harris, P. E., Blackwood, J. C., … & Murphy, K. M. (2019). Diversity of artists in major US museumsPloS one14(3), e0212852.
  4. Santa Nastro, C’è parità di genere tra uomini e donne? Una ricerca di Koones da la risposta, Art tribune, 2020, URL: https://www.artribune.com/arti-visive/arte-contemporanea/2020/03/ricerca-kooness-parita-genere-artisti/

Sitografia