Mobbing: imparare a conoscerlo per affrontarlo

mobbing

Il fenomeno del mobbing è stato portato all’attenzione del pubblico italiano a partire dagli anni ‘90, grazie agli studi dello psicologo del lavoro Harald Ege, fondatore di “Prima”, la prima associazione italiana contro mobbing e stress, con sede a Bologna. 

Tuttavia, nonostante si tratti di un fenomeno conosciuto da quasi trent’anni e che, secondo i primi monitoraggi condotti agli inizi del nuovo millennio, interessa oltre un milione e mezzo di lavoratori solo in Italia, il mobbing è ancora, in molti casi, un nemico difficile da identificare e da combattere.

Cos’è il mobbing

Con “mobbing” ci si riferisce a una serie di comportamenti ostili e persecutori messi in atto all’interno del contesto lavorativo da una o più persone in maniera sistematica e per un tempo prolungato verso un’unica vittima. Questi comportamenti possono provocare gravi conseguenze non solo sulla vita professionale, ma anche su quella privata, danneggiando profondamente la salute psicofisica della vittima.

Il termine mobbing deriva dall’inglese “mob” (folla disordinata, in tumulto) ed è stato mutuato dal mondo dell’etologia: negli anni ‘70, l’etologo Konrad Lorenz usò per la prima volta il termine per descrivere il comportamento aggressivo che alcune specie rivolgono verso un proprio simile per allontanarlo dal branco. Nell’accezione odierna e applicata al contesto lavorativo, la pratica del mobbing consiste nel tormentare e molestare un dipendente o un collega attraverso violenza psicologica o addirittura fisica, con l’obiettivo di indurre la vittima ad abbandonare il lavoro.

Il mobbing può manifestarsi sotto varie forme e da parte di diverse persone (o gruppi di persone):

  • Mobbing dal basso o down-up: il mobber (“chi fa mobbing”) si trova in una posizione inferiore rispetto a quella della vittima. In questo caso, viene sfidata e messa in discussione l’autorità del superiore e, quando il mobbing viene praticato da più sottoposti, si può parlare di una sorta di “ammutinamento” professionale. 
  • Mobbing gerarchico: il mobber si trova in una posizione superiore rispetto alla vittima (dirigente, capo reparto, capo ufficio). In questo caso, il mobbing si manifesta come abuso di potere, cioè un uso eccessivo, arbitrario o illecito dell’autorità posseduta grazie al ruolo professionale.
  • Bossing o mobbing strategico: anche in questo caso, il mobber è in una posizione superiore rispetto alla vittima, ma l’attività è condotta con un fine ben preciso: costringere alle dimissioni un dipendente in particolare. Può accadere che le attività di mobbing coinvolgano anche i colleghi, per evitare che prendano le difese della vittima. 
  • Mobbing orizzontale: il mobber si trova in una posizione gerarchica analoga a quella della vittima. In questo caso, le attività di mobbing vengono praticate da parte dei colleghi verso un lavoratore non integrato nell’organizzazione lavorativa. Può configurarsi come una forma di discriminazione sessuale, religiosa, etnica, oppure essere legata a motivazioni personali (antipatie, particolari trascorsi, incompatibilità caratteriale).

Come riconoscere il mobbing

In base alla tipologia, alla relazione gerarchica tra il mobber e la vittima e alle motivazioni che spingono il mobber a comportarsi in modo ostile (strategiche, personali, discriminatorie), il mobbing può comprendere una vasta gamma di atti persecutori e lesivi della dignità professionale e personale della vittima:

  • Demansionamento: attribuzione al lavoratore di mansioni inferiori rispetto a quelle indicate nel contratto o totale privazione di qualsiasi mansione.
  • Abuso di provvedimenti disciplinari: eccesso di azioni sanzionatorie o contestazioni disciplinari per motivi pretestuosi;
  • Negazione di ferie e permessi;
  • Continue richieste di straordinario o richiesta di lavoro durante giornate non lavorative (weekend, festività, ferie, malattia);
  • Carico di lavoro eccessivo;
  • Esercizio di controllo eccessivo ed esasperato nei confronti del lavoratore;
  • Mancanza di comunicazione: impedimento sistematico e ingiustificato a ricevere notizie ed informazioni utili all’attività lavorativa;
  • Negazione e marginalizzazione rispetto a iniziative di formazione;
  • Ripetute offese, denigrazioni, pressioni e molestie psicologiche;
  • Isolamento del dipendente da parte dei colleghi e dei superiori all’interno dell’ambiente di lavoro;
  • Calunnie sistematiche, disinformazione volontaria;
  • Minacce di violenza fisica o atteggiamenti tendenti a intimorire;
  • Molestie sessuali; 
  • Discriminazione sessuali, di razza, di lingua e di religione.

Conseguenze del mobbing sulla salute

Le attività di mobbing possono provocare sulle vittime dei danni psicologici e fisici anche molto gravi: tra i principali sintomi fisici e psicosomatici possono manifestarsi mal di testa, gastrite, tremori, dermatosi, tachicardia; tra le conseguenze psicologiche, bisogna prestare particolare attenzione all’ansia, alla depressione, alla nevrosi e allo sviluppo di manie ossessive.

Il mobbing può condizionare la qualità del sonno, provocando insonnia o alterazione dei normali ritmi sonno-veglia, può causare o aggravare sintomi da Stress da lavoro correlato e da sindrome di Burnout, può generare isolamento sociale, compromettendo i rapporti sociali e familiari del lavoratore e, nei casi più gravi, anche spingere a tendenze suicide.

Per approfondire

Il corso online Conoscere il Mobbing – Disagio relazionale a lavoro, tenuto dalla docente Gabriella Mazzardo, Dott.ssa in Psicologia, affronta nel dettaglio il tema del mobbing sul lavoro e si rivolge a dipendenti, dirigenti e manager aziendali, nonché studenti dell’area socio-psicologica, con l’obiettivo di:

  • Fornire una conoscenza di base del fenomeno;
  • Illustrare le dinamiche aziendali e le motivazioni individuali che favoriscono il fenomeno;
  • Presentare le conseguenze che il fenomeno ha sulle vittime;
  • Proporre suggerimenti di gestione personale e presentare gli interventi istituzionali e normativi esistenti.