Prevenzione e interventi di cura nel trattamento dei Disturbi del Comportamento Alimentare

alimentazione

a cura della dott.ssa Fidalma Valentina Ritondò

Abstract

L’eziopatogenesi dei Disturbi del Comportamento Alimentare presenta un quadro sempre più articolato e complesso: si tratta di disturbi insidiosi ed in costante mutamento nonché aumento (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023).

Studi hanno rilevato che la pandemia da Covid-19 ha determinato considerevoli conseguenze sul piano sanitario, economico e sociale, minando la salute fisica, psicologica nonché emotiva di ciascun individuo e provocando un notevole aumento dei livelli di ansia, depressione, stress e preoccupazione (Monteleone et al., 2021).

Il forte aumento dei disturbi alimentari si presenta quale diretta conseguenza della pandemia da Sars-Cov-2, pertanto operare per prevenire i disordini alimentari diventa una necessità sempre più urgente. Lavorare sulla prevenzione non vuol dire solamente eliminare o ridurre il più possibile i fattori di rischio, cioè tutti quei fattori che possono contribuire all’insorgere di determinate patologie bensì soprattutto consolidare i fattori di protezione, cioè quei fattori che possono far sì che le persone riescano a non ammalarsi, nonostante il rischio (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023).

L’articolo – dopo aver condotto un’accurata analisi dei diversi livelli di prevenzione e delle iniziative Nazionali e locali di prevenzione alle patologie alimentari – si pone l’obiettivo di affrontare la spinosa questione del trattamento dei disordini alimentari e dei diversi livelli di intervento, ponendo in particolare rilievo il divario che esiste in Italia fra le diverse regioni. Infatti, vi è una larga parte di pazienti che non arriva alle cure, a causa dell’assenza di motivazione al trattamento ma, soprattutto, a causa dell’assenza di strutture specializzate in molte regioni italiane (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023), per questa ragione la prevenzione assume un valore cruciale e potrebbe configurarsi quale canale utile per agganciare chi soffre di un Disturbo del Comportamento Alimentare.

Contestualmente, considerato l’elevato rischio di cronicizzazione, la presa in carico delle persone con disturbi della condotta alimentare deve essere il più precoce possibile, allo scopo di impedire l’instaurarsi di un circolo vizioso che rafforza il disturbo stesso. Alcuni autori hanno definito un periodo di tempo di tre anni dall’esordio della patologia come il periodo in cui è possibile ottenere i risultati migliori dalla cura (Bressi, Invernizzi, 2017).

Obiettivo del trattamento dei disturbi alimentari è quello di trasformare il modo in cui la persona si relaziona all’oggetto attorno al quale il sintomo si struttura, ovvero il cibo; infatti, questo «a differenza di ogni altro oggetto di addiction, è un oggetto indispensabile, necessario, con cui il soggetto non può smettere di entrare in contatto» (Iacopini, Lolli, 2023, p.19). Tuttavia, il trattamento dei Disturbi del Comportamento Alimentare dovrà «prescindere dalla “tecnica nutrizionale” come unico strumento di cura e affidarsi a un complesso di principi, il primo dei quali è quello della costruzione di una relazione terapeutica efficace e il secondo quello della costruzione di un’équipe di terapeuti capaci di lavorare nel quadro di una corretta integrazione delle cure» (Spitoni, Aragona, 2019, p.403). I disturbi alimentari sono patologie multidimensionali, determinate dalla combinazione di molteplici fattori, dunque per la loro piena comprensione, diagnosi e trattamento risulta necessario disporre delle competenze adeguate a rispondere ai bisogni manifestati attraverso il sintomo (Comi, Monzani, 2023).

Infine, la prevenzione e il trattamento dei disordini alimentari non possono prescindere da una conoscenza approfondita dei social network e dei media più in generale, dell’uso – più o meno consapevole – che le persone fanno di questo strumento potenzialmente alla portata di tutti e della relazione che vi è fra l’insorgenza del disturbo e l’uso dei social. È questa «la svolta evolutiva che viene richiesta ai curanti, di utilizzare le nuove tecnologie, il linguaggio e i canali dei giovani per dare altre voci, altri occhi, altri sorrisi, per aiutare questi ragazzi in difficoltà a cogliere il loro dolore e prendersene cura» (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023, p.225).

Introduzione

I Disturbi del Comportamento Alimentare si presentano in modo sempre più articolato e complesso; si configurano quali disturbi insidiosi, multifattoriali ed in costante mutamento nonché aumento. Considerato il forte aumento dei Disturbi del Comportamento Alimentare quale diretta conseguenza della pandemia da Sars-Cov-2, fare prevenzione è diventato un compito sempre più pressante (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023).

Fare prevenzione non vuol dire solamente eliminare o ridurre il più possibile i fattori di rischio, cioè i fattori che possono contribuire all’insorgere di determinate malattie bensì soprattutto consolidare i fattori di protezione, ovvero tutti quei fattori che fanno sì che le persone riescano a non sviluppare una patologia, nonostante il rischio potenziale (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023).

1. La promozione della salute nel campo dei Disturbi del Comportamento Alimentare: i livelli di prevenzione

Quello della prevenzione si configura come uno strumento fondamentale per ridurre le diagnosi di disordini alimentari e favorire il percorso che porta alla richiesta di aiuto ove la patologia sia già conclamata.

Disporre di un’adeguata e accurata conoscenza dei campanelli d’allarme, soprattutto per chi è a stretto contatto con soggetti potenzialmente a rischio – adolescenti e giovani adulti – risulta decisivo per identificare in maniera tempestiva i segnali del disturbo e, conseguentemente, favorire la messa in atto di un intervento precoce sull’insorgenza dello stesso, contrastando la sua evoluzione ma anche le possibili ricadute (Comi, Monzani, 2023).

«Ne consegue che la prevenzione, per essere efficace, deve muoversi contemporaneamente su più livelli, mirare a raggiungere non solo i soggetti potenzialmente a rischio, ma anche chi entra in contatto con loro, agire a livello politico e sociale e soprattutto tenere sempre lo sguardo aperto e attento sui cambiamenti sociali e culturali» (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023, p.228).

Storicamente, in medicina, la prevenzione si articolava su tre livelli principali:

  1. Prevenzione primaria: questo livello di prevenzione fa riferimento alla fascia di popolazione sana, con l’obiettivo di limitare al minimo le probabilità di esordio di una determinata patologia;
  2. Prevenzione secondaria: questo livello di prevenzione – rivolgendosi specificamente a soggetti a rischio – fornisce interventi ad hoc finalizzati al trattamento precoce del disturbo, che viene talvolta riconosciuto ancor prima della comparsa dei sintomi. In questo livello gli interventi realizzati spaziano da programmi a percorsi di formazione finalizzati ad accrescere i livelli di consapevolezza delle persone circa il disturbo in questione e renderle in grado di riconoscere tempestivamente i segnali attraverso cui il disturbo può manifestarsi, riducendo così le conseguenze sfavorevoli;
  3. Prevenzione terziaria: questo livello di prevenzione fa riferimento ad una malattia pregressa e si pone l’obiettivo di evitare complicanze che potrebbero ulteriormente aggravare la sintomatologia (Comi, Monzani, 2023).

Più di recente, invero, è stata elaborata una nuova distinzione del concetto di prevenzione:

  • Prevenzione universale: è rivolta alla popolazione generale con la finalità di fornire informazioni utili e fare attività di sensibilizzazione (per esempio, nel caso specifico dei Disturbi del Comportamento Alimentare, cercare di ostacolare l’ideale di bellezza magra);
  • Prevenzione selettiva: anche questo tipo di prevenzione ha lo scopo di sensibilizzare e offrire formazione ma si rivolge specificamente a soggetti potenzialmente a rischio di sviluppare il disturbo e con una più alta probabilità di ammalarsi (per esempio, nel caso specifico dei Disturbi del Comportamento Alimentare, interventi nelle scuole rivolti agli studenti e alle categorie maggiormente a rischio nonché percorsi di formazione rivolti a docenti e/o familiari);
  • Prevenzione indicata: è rivolta a persone che presentano un rischio conclamato, che manifestano i sintomi iniziali della patologia o hanno già ricevuto una diagnosi, lo scopo di questo tipo di prevenzione è quello di ridurre il danno al minimo ed evitare ulteriori possibili ricadute (per esempio, nel caso specifico dei Disturbi del Comportamento Alimentare, si attua mediate interventi finalizzati al potenziamento e supporto delle terapie con approccio multidisciplinare) (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023; Comi, Monzani 2023).

1.1 La domanda di aiuto passa attraverso le attività di prevenzione e sensibilizzazione

Risulta essenziale sottolineare che i dati epidemiologici circa i Disturbi del Comportamento Alimentare sono sottostimati in quanto esiste una larga parte di persone che non arrivano alle cure, sia a causa dell’assenza di motivazione al trattamento, sia perché in Italia – fra nord, sud e isole – esiste un importante divario, difatti in molte regioni italiane non sono presenti strutture specializzate nella cura e nel trattamento dei disordini alimentari (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023). In questo quadro, la prevenzione assume un valore cruciale e potrebbe configurarsi quale canale utile per agganciare chi soffre e spesso tende a nasconderlo o a non disporre degli strumenti e delle possibilità necessarie per poter formulare una domanda di aiuto.

Le attività di prevenzione potrebbero supportare la persona nella presa di consapevolezza circa il problema e nella conseguente richiesta di aiuto, in quanto i disturbi alimentari registrano alti tassi di egosintonia, che conduce la persona malata a non interpretare il sintomo come un segnale del proprio malessere, bensì come un’autocura a fronte della propria angoscia esistenziale (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023).

Oggigiorno, la prevenzione non può prescindere dalla dimensione del mondo virtuale e dei social media: «vista l’importanza che i social media hanno nella vita dei giovani, non è più possibile pensare di fare prevenzione senza tenere conto di quel mondo, immergervisi, imparare a conoscerlo e ad usarlo» (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023, p.248). Per giunta, conoscere accuratamente questo mondo è indispensabile al fine di supportare i giovani ad orientarsi al suo interno senza esserne sopraffatti.

Fare prevenzione nel campo dei disordini alimentari si configura come un compito altamente spinoso; tuttavia, le iniziative su questo fronte sono molteplici: campagne di sensibilizzazione, iniziative per la giornata del Fiocchetto Lilla, convegni, seminari, costanti rapporti con i media locali, prese di posizione e reazioni nette a fatti di cronaca attinenti, pubblicazione di materiale informativo. Sono tutte attività che contribuiscono ad acuire l’attenzione della popolazione verso i disordini alimentari, bensì richiedono tempo, attenzione, idee, creatività, flessibilità nonché capacità di reazione alle situazioni attuali ma anche un metodo e uno studio accurato, lasciando poco spazio all’improvvisazione (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023).

Sono molteplici le iniziative di sensibilizzazione ufficialmente riconosciute, come la Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla che ricorre il 15 marzo, con pubblicazione in Gazzetta Ufficiale nel giugno del 2018 ma celebrata dalle associazioni già a partire dal 2012: il Fiocchetto Lilla, indossato o esposto, rappresenta il simbolo dell’impegno e della consapevolezza nei confronti di queste malattie e rappresenta in modo sempre più universale la lotta ai Disturbi del Comportamento Alimentare (Comi, Monzani, 2023).

Inoltre, in occasione del riconoscimento istituzionale della Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla, il Ministero della Salute ha emanato il documento “Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione: raccomandazioni per i familiari” (Ministero della Salute, 2018) e invitato a realizzare il cosiddetto “Percorso Lilla nei pronto soccorso”. Da qualche anno – come segno di aumentata consapevolezza – si stanno diffondendo le installazioni delle Panchine Lilla che, oltre a suscitare la curiosità di conoscere il loro significato e dunque sensibilizzare la popolazione locale, possono rappresentare un’occasione importante per fare rete fra le diverse realtà presenti sul territorio, le associazioni, le istituzioni, i familiari e i soggetti privati (Comi, Monzani, 2023).

1.2 La prevenzione ai Disturbi del Comportamento Alimentare attraverso l’eliminazione dello stigma

Attorno ai disordini alimentari gravitano ancora stigma e pregiudizi, fattore che contribuisce a frenare la richiesta di aiuto da parte della persona che soffre nonché a distorcere la visione che la società ha della malattia stessa. Pertanto, risulta determinante riuscire a combattere e scardinare pregiudizi e stigma per aumentare la consapevolezza della malattia e tutelare la dignità delle persone che ne soffrono.

In quest’ottica risulta importante ricordare “Le Nove verità sui disturbi alimentari”: un importante documento accolto e approvato dalle maggiori società scientifiche internazionali e dalle associazioni dei familiari che si basa sui contenuti trattati nel corso di una conferenza tenuta nel 2014 da Cynthia Bulik dell’Università della Carolina del Nord al Congresso del National Institute of Mental Health (Academy for Eating Disorders, 2014). Questo documento costituisce una sorta di manifesto che descrive, in modo chiaro e sintetico, nove verità circa i disordini della condotta alimentare:

  • Verità 1: molte persone che soffrono di un Disturbo del Comportamento Alimentare hanno un aspetto sano, ma in realtà possono essere molto malate;
  • Verità 2: le famiglie non sono da biasimare, anzi possono essere le migliori alleate dei pazienti e degli operatori durante il percorso terapeutico;
  • Verità 3: una diagnosi di un Disturbo del Comportamento Alimentare è una situazione di straordinaria difficoltà (e di crisi) sanitaria che sconvolge l’equilibrio personale e del gruppo familiare;
  • Verità 4: i Disturbi del Comportamento Alimentare non sono una scelta, ma sono gravi malattie con notevoli influenze sul piano biologico;
  • Verità 5: i Disturbi del Comportamento Alimentare colpiscono persone di tutti i generi, età, razze, etnie, di tutte le forme del corpo e di tutti i pesi, di ogni orientamento sessuale, e di differenti strati socioeconomici;
  • Verità 6: i Disturbi del Comportamento Alimentare comportano un aumento del rischio di suicidio e sono accompagnati da gravi complicanze mediche;
  • Verità 7: sia i geni che l’ambiente giocano un ruolo importante nello sviluppo dei Disturbi del Comportamento Alimentare;
  • Verità 8: il patrimonio genetico di una persona, da solo, non predice chi sarà la persona che svilupperà un Disturbo del Comportamento Alimentare;
  • Verità 9: il recupero completo da un precedente disturbo alimentare è possibile. La diagnosi precoce e la qualità dell’intervento sono però molto importanti.

Le suddette sono verità e, contemporaneamente, miti sfatati che tendono a contribuire a combattere ed eliminare stigmi e tabù che gravano ancora sulle patologie alimentari (Comi, Monzani, 2023; Academy for Eating Disorders, 2014).

1.3 La complessità del fare prevenzione nel campo dei Disturbi del Comportamento Alimentare

Attualmente, per fare prevenzione nel campo dei disturbi alimentari non si può prescindere dal mondo virtuale; è importante, per svolgere una buona attività di prevenzione, entrare nell’ottica secondo cui per imparare a muoversi in questo mondo è necessario affidarsi a persone formate, esperte ed interessate che accompagnino gli adolescenti a comprendere i rischi, a conoscere le opportunità, ad interpretare i messaggi, a proteggersi da bufale e fake news, a valutare e ricercare la fonte di ogni informazione, a comprendere i reali interessi di un influencer, ad avere consapevolezza di quale tipo di messaggio si trasmette con la scelta di pubblicare o meno un determinato contenuto e – al contempo – capire quale messaggio vogliono trasmettere altri utenti social (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023).

Pertanto, si evince che per fare una buona prevenzione non è sufficiente essere esperti nella cura e nel trattamento dei Disturbi del Comportamento Alimentare bensì è necessaria una formazione ed un metodo specifici nonché del tempo – elementi di cui non sempre dispone il professionista coinvolto nei vortici emotivi della cura dei disturbi alimentari – per questa ragione, la prevenzione ai disordini alimentari richiede l’investimento di persone dedite esclusivamente a tale attività, che siano nelle condizioni di poter acquisire conoscenze e competenze specifiche ed applicarle con il giusto metodo, senza mai ricorrere ad improvvisazioni (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023).

Questo aspetto è fondamentale, poiché purtroppo anche le attività di prevenzione – in specifici casi – potrebbero non essere esenti da importanti rischi. Per esempio, quando negli istituti scolastici si organizzano giornate di prevenzione e sensibilizzazione e si invitano esperti a relazionare circa i disordini alimentari, le dinamiche che si innescano e i comportamenti e le strategie attuate da chi soffre di tali disturbi, gli studenti spesso manifestano curiosità, fanno domande circa le dinamiche del disturbo, le cause, il trattamento, così insegnanti ed esperti avranno la sensazione di un intervento riuscito (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023); in realtà, studi hanno dimostrato che talvolta «nelle classi ci sono ragazze o ragazzi già potenzialmente a rischio, che ascolteranno l’intervento, focalizzando l’attenzione su altro» (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023, p.240).  

Infatti, esistono molte testimonianze di adolescenti che proprio nel corso di attività di prevenzione – sentendone parlare – hanno avuto l’idea di assumere diuretici e/o lassativi o, ancora, hanno iniziato a rinunciare ai dolci e a controllare compulsivamente le tabelle nutrizionali degli alimenti (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023).

Tuttavia, ciò non significa necessariamente che bisogna demonizzare a priori le iniziative di sensibilizzazione e prevenzione organizzate da personale impegnato nei percorsi di cura dei Disturbi del Comportamento Alimentare e, dunque, diverso da quello sopraindicato.

La prevenzione costituisce un compito sociale e come tale dovrebbe essere trattato soprattutto nei luoghi di vita quotidiana dei soggetti potenzialmente a rischio (scuola, famiglia, tempo libero, gruppo dei pari, ecc). Fare prevenzione equivale a lavorare sul rafforzamento dei fattori di protezione e sul contrasto dei fattori di rischio nonché sull’investimento di risorse sulla formazione di chi è a stretto contatto con soggetti potenzialmente a rischio di sviluppare disordini alimentari, tuttavia il lavoro di prevenzione è molto complesso e articolato e – per essere funzionale – deve essere capillare ed agire a livello sia comportamentale che strutturale, con lo scopo di modificare le condizioni ambientali e sociali (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023).

1.4 La prevenzione ai Disturbi del Comportamento Alimentare nell’era del digitale

L’obiettivo principale della prevenzione è quello di fornire alle persone gli strumenti necessari per attraversare le crisi, imparare a gestire le proprie vulnerabilità e comprendere le proprie emozioni, inquadrandole in un più ampio contesto sociale e non solo personale, ponendo così un freno a tutte quelle condizioni che potrebbero creare il terreno fertile su cui un disagio o una qualsiasi forma di fragilità possono mutare in disturbo alimentare (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023). Oggigiorno, non si può prescindere dalla dimensione del digitale: così come i social media possono rappresentare un fattore di rischio per l’insorgenza di determinarti disturbi – fra cui i Disturbi del Comportamento Alimentare – possono anche fungere da fattore di protezione.

L’impatto dei social media sulla salute mentale è ormai evidente, per questa ragione i social stessi si sono “attrezzati” per fungere da supporto o da aggancio per potenziali soggetti a rischio di sviluppare patologie alimentari, ad esempio, Instagram ha mosso un primo e determinante passo in questa direzione (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023): «digitando l’hashtag #eatingdisorders nella barra di ricerca, infatti, compare un banner in cui l’utente viene informato che i contenuti potrebbero rappresentare dei trigger per soggetti sensibili e in cui si chiede se si desidera visualizzarli comunque» (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023, p.197), inoltre, il social rimanda ad un’ulteriore finestra attraverso la quale è possibile esprimere una richiesta di aiuto, questa «reindirizza su help.instagram.com, una pagina in cui viene offerta la possibilità di parlare con un amico o con una helpline di volontari che possono offrire supporto e ascolto, ma anche di accedere a una serie di informazioni e consigli» (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023, p.197).

2. Percorsi di cura nel trattamento dei Disturbi del Comportamento Alimentare

I Disturbi del Comportamento Alimentare sono disturbi che tendono a cronicizzarsi facilmente, raggiungendo anche diversi anni di durata e con gravi ricadute nonché ripercussioni significative sulla vita sociale, familiare e lavorativa della persona. Poiché il sintomo alimentare tende a mantenersi nel tempo, la presa in carico delle persone con disturbi della condotta alimentare «deve essere il più precoce possibile, al fine di impedire l’instaurarsi di questo circolo vizioso che rafforza il disturbo. Alcuni autori hanno definito un periodo di tempo di tre anni dall’esordio della malattia come il periodo in cui è possibile ottenere i risultati migliori dalla terapia» (Bressi, Invernizzi, 2017, p.373).

Per definizione, il trattamento dei disordini alimentari si caratterizza come un percorso articolato e per sua natura accidentato (Spitoni, Aragona, 2019). In riferimento alle caratteristiche cliniche, questo tipo di disturbi richiede alti livelli di intensità di cure nonché un ampio spettro di interventi terapeutici, fra cui la riabilitazione nutrizionale, la cura delle complicanze, specifici trattamenti psicoterapeutici, prescrizioni psicofarmacologiche e il coinvolgimento del nucleo familiare. Ma sono necessari anche luoghi di cura dedicati e con un’altissima specializzazione in grado di rispondere specificamente alle diverse tipologie di patologie (Spitoni, Aragona, 2019).

Le persone che soffrono di un Disturbo del Comportamento Alimentare necessitano di un approccio terapeutico personalizzato e a largo spettro che tenga conto dello stato nutrizionale, dello stato psicopatologico esistente nonché della motivazione al cambiamento. Essere “motivati” al cambiamento significa:

  • Riconoscere di avere un disagio (consapevolezza);
  • Credere nella possibilità di cambiare (senso di efficacia);
  • Sentire che la situazione crea una notevole sofferenza;
  • Essere disponibili a “mettersi in gioco”;
  • Avere la forza e il coraggio di formulare una richiesta di aiuto (Spitoni, Aragona, 2019).

Obiettivi del trattamento ai Disturbi del Comportamento Alimentare sono: ripristinare un peso corporeo normale, interrompere condotte di eliminazione (ove presenti), supportare i pazienti nella modificazione di attitudini e convinzioni disfunzionali nonché aumentare le capacità di gestione dei conflitti e la consapevolezza, trattare eventuali comorbilità, trattare le complicanze fisiche, aumentare la motivazione al cambiamento e al trattamento, fornire supporto familiare (ove necessario), prevenire possibili ricadute (Bressi, Invernizzi, 2017).

In Italia, attualmente, nella cura dei Disturbi del Comportamento Alimentare sono disponibili cinque livelli d’intervento (Ministero della salute, 2013, 2017, 2018):

  1. Medico di medicina generale e pediatra di libera scelta;
  2. Terapia ambulatoriale;
  3. Terapia ambulatoriale intensiva o semiresidenziale;
  4. Riabilitazione intensiva residenziale;
  5. Ricoveri ordinari e di emergenza (Comi, Monzani, 2023).

Si tratta di livelli di trattamento della stessa rete assistenziale, pertanto – salvo specifiche controindicazioni valutabili a seconda del caso specifico – è consigliato iniziare dal livello meno intensivo, in quanto è quello che interferisce di meno sulla vita della persona e consente di raggiungere risultati più stabili poiché ottenuti all’interno dell’ambiente di vita quotidiana del paziente; tuttavia, in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi si rende necessario accedere ai livelli di trattamento gradualmente più intensivi (Comi, Monzani, 2023). «I livelli assistenziali non sono tra loro sovrapponibili né viceversa disarticolati, ma rappresentano ciascuno la risposta più idonea e appropriata da utilizzare sulla base di quanto i terapeuti hanno valutato nella fase di assessment» (Spitoni, Aragona, 2019, p.239).

Di frequente, erroneamente, si ritiene che dalle patologie alimentari ci si possa uscire da soli, magari con una buona dose di forza di volontà. Credere che possa bastare la volontà per risolvere un sintomo così invasivo è una falsa convinzione, peraltro molto pericolosa in quanto contribuisce a generare ritardi nella richiesta di aiuto e conseguenze in termini di peggioramento nelle condizioni di salute psico-fisiche della persona (Iacopini, Lolli, 2023). Alla luce di tutto ciò, dunque, appare evidente che il percorso terapeutico rappresenta la strada – seppur tortuosa e complessa – che bisogna decidere di intraprendere e di percorrere per trattare adeguatamente il disturbo e riuscire a riprendere in mano le redini della propria esistenza.

2.1 I falsi miti sui Disturbi del Comportamento Alimentare

Per riuscire ad offrire un trattamento adeguato ed efficace ai disordini alimentari è necessario partire dalla conoscenza e consapevolezza dei falsi miti che ancora gravitano attorno a questi disturbi. Questi potrebbero essere facilmente circoscritti in 10 principali gruppi:

  1.  I disturbi alimentari non sono una malattia: falso. Le condotte alimentari disordinate rappresentano delle vere e proprie patologie e richiedono un trattamento specifico;
  2. I disturbi alimentari sono una scelta: falso. Nessuno sceglie in maniera arbitraria di ammalarsi, al contrario, è proprio l’insorgenza della patologia che porta la persona a mettere in atto le condotte tipiche dei Disturbi del Comportamento Alimentare;
  3. I disturbi alimentari colpiscono soltanto le donne: falso. Pur essendo più frequenti nelle donne, i disturbi della condotta alimentare colpiscono indistintamente uomini e donne;
  4. Gli uomini con un disordine alimentare sono omosessuali: falso. Non esiste alcuna correlazione tra l’orientamento sessuale di una persona e la probabilità di sviluppare un disturbo alimentare;
  5. Fare la dieta è un comportamento normale: falso. L’eccessiva attenzione al peso ed alle forme corporee potrebbe essere un campanello di allarme al quale prestare la massima attenzione;
  6. Il disturbo alimentare è una dieta “finita male”: falso. Così come vi sono persone con un disturbo alimentare che prima erano in sovrappeso ed avevano deciso di intraprendere una dieta per perdere i chili in eccesso, esistono anche persone che sviluppano tali disturbi senza aver seguito alcuna dieta prima dell’insorgenza della patologia;
  7. Una persona che ha un Disturbo del Comportamento Alimentare è riconoscibile dal suo aspetto esteriore: falso. Una persona che soffre di un disordine alimentare non si presenta necessariamente magrissima ed emaciata, al contrario, in alcuni casi può presentarsi con un aspetto simile a quello di molte persone ed avere comunque un rapporto problematico con il cibo. Dipende tutto dal tipo di disturbo, ma in ogni caso l’aspetto esteriore non può mai essere un valido indicatore per stabilire se la persona è più o meno malata;
  8. I disordini alimentari fungono da tentativo per attirare l’attenzione: falso. Sono disturbi indipendenti dalla volontà del soggetto, al contrario talvolta il soggetto che ne soffre tende a nascondere la sua sofferenza;
  9. Non si può avere più di un disturbo alimentare: falso. La stessa persona può presentare diversi Disturbi del Comportamento Alimentare, oppure, può migrare da un disturbo ad un altro;
  10. Rientrare in un peso nella norma equivale ad essere guariti: falso. Il recupero ponderale nei disordini alimentari rappresenta sicuramente un aspetto positivo; tuttavia, non è sufficiente per la risoluzione del disturbo in quanto è necessario lavorare anche sui comportamenti disfunzionali che la persona ha nel rapporto con il cibo.

La guarigione costituisce un concetto globale, che investe il benessere della persona sul piano personale, sociale, familiare, lavorativo; è un processo complesso, lungo, articolato, fatto da sfide e da momenti di ricaduta, ma avere contezza dei falsi miti che gravitano attorno ai Disturbi del Comportamento Alimentare può rappresentare un primo importante passo per riconoscere i campanelli d’allarme e rivolgersi in maniera tempestiva ad un professionista nella cura (Centro Moses, 2023).

3. La necessità di un approccio multidisciplinare integrato ai Disturbi del Comportamento Alimentare

I Disturbi del Comportamento Alimentare si configurano quali patologie complesse e determinate da un insieme di fattori sociali, culturali, familiari, individuali e biologici da considerarsi predisponenti, precipitanti e/o di mantenimento della patologia stessa, pertanto richiedono un intervento strutturato da parte di un’équipe che abbia gli strumenti per effettuare valutazioni diagnostiche e interdisciplinari ed elaborare percorsi di cura capaci di rispondere in maniera adeguata al sintomo che la persona manifesta (Comi, Monzani, 2023).

Il trattamento dei Disturbi del Comportamento Alimentare non deve mai essere standardizzato bensì costruito attorno alla persona e con la persona e per farlo non si può prescindere da un approccio multidisciplinare (Spitoni, Aragona, 2019). Le Linee Guida Internazionali e le indicazioni sui disturbi alimentari fornite dall’Istituto Superiore di Sanità sostengono la necessità di trattare tali patologie – ad ogni livello di intervento – mediante il lavoro di équipe multidisciplinari integrate, composte da diverse figure professionali di stampo sociale, sanitario, medico, psicologico nonché nutrizionale (Comi, Monzani, 2023; Spitoni, Aragona, 2019).

Per definizione, «il concetto di trattamento multidisciplinare implica l’esistenza di diverse figure professionali che si distinguono per ruolo e competenze, ma che collaborano alla riuscita di uno stesso progetto terapeutico» (Comi, Monzani, 2023, p.12). Un lavoro di questo tipo, invero, non è il risultato della semplice somma dei diversi interventi dei vari specialisti coinvolti nella cura, bensì è un lavoro che si contraddistingue per la valorizzazione dei singoli contributi e per la concreta integrazione delle diverse proposte terapeutiche in un progetto unitario che ha come fine ultimo il benessere psico-fisico e socio-relazionale della persona (Comi, Monzani, 2023).

Anche la cura dei disordini alimentari non può non passare attraverso una conoscenza approfondita dei social media, dell’uso – più o meno consapevole – che le persone fanno di questo strumento ormai alla portata di tutti e della relazione che esiste fra l’insorgenza del disturbo e l’uso dei social. È questa «la svolta evolutiva che viene richiesta ai curanti, di utilizzare le nuove tecnologie, il linguaggio e i canali dei giovani per dare altre voci, altri occhi, altri sorrisi, per aiutare questi ragazzi in difficoltà a cogliere il loro dolore e prendersene cura» (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023, p.225).

Conclusioni

Nel campo dei disturbi alimentari, le persone estremamente fragili riflettono sull’oggetto cibo le proprie difficoltà personali e relazionali: alcune mediante condotte restrittive e/o eliminatorie ed altre trovando nel cibo una forma di consolazione e un conseguente riempimento del vuoto che portano con sé (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023). Per tale ragione, intraprendere un percorso di cura non è un processo immediato, restarvi non è sempre scontato, «sarà necessario continuare ancora il proprio percorso di cura per trovare il proprio particolare modo e ritmo per stare nelle relazioni e nel mondo, supportati da un corpo a più dimensioni, silenzioso nel suo funzionamento sano, non più utilizzato per scriverci sopra ciò che fa soffrire» (Iacopini, Lolli, 2023, p.92).

Nel trattamento è importante tenere sempre la persona al centro, fermi sull’idea che questa non è solo il sintomo che presenta, ma racchiude in sé una molteplicità dimensionale di risorse – spesso oscurate dalla sofferenza- al fianco delle quali impostare un cammino da fare assieme, paziente ed équipe curante (Iacopini, Lolli, 2023).

 I disturbi alimentari sono il sintomo tangibile di un dolore più profondo – spesso lungamente taciuto e incubato – e che non si vede ad occhio nudo, per questa ragione il percorso di fuoriuscita dalla patologia non è tutto lineare, le ricadute e i momenti di sconforto fanno parte del processo di guarigione; tuttavia, non bisogna mai perdere di vista il fatto che dai Disturbi del Comportamento Alimentare è possibile guarire e riprendere in mano le redini della propria esistenza.

Riferimenti bibliografici

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  2. Bressi Cinzia, Invernizzi Giordano, Manuale di psichiatria e psicologia clinica, McGraw-Hill Education, Milano, 2017.
  3. Centro Moses, “I Falsi Miti sui Disturbi Alimentari”, 2023, https://www.centromoses.it/psicologia-clinica/articoli/i-falsi-miti-sui-disturbi-alimentari/
  4. Comi Chiara, Monzani Emiliano (a cura di), Disturbi alimentari. Interventi multidisciplinari nel percorso di cura, FrancoAngeli, Milano, 2023.
  5. Dalla Ragione Laura, Vanzetta Raffaela, Social Fame. Adolescenza, social media e disturbi alimentari, Il Pensiero Scientifico Editore, Roma, 2023.
  6. https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2774_allegato.pdf
  7. Eat Weight Disord. 2021 Dec;26(8):2443-2452. doi: 10.1007/s40519-020-01097-x. Epub 2021 Jan 10. PMID: 33426630; PMCID: PMC7797193.
  8. Spitoni Grazia Fernanda, Aragona Massimiliano (a cura di), Manuale dei disturbi alimentari, Carocci editore, Roma, 2019.