Salute mentale in Italia: un problema forse sottovalutato

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Il protrarsi dell’emergenza sanitaria ha comportato, per molti, un’intensificazione del senso di malessere, paura e isolamento sociale. Anche per chi, infatti, non è più sottoposto a quarantena o lockdown, può essere difficile tornare alla “normalità”, seppure nel rispetto delle norme di distanziamento e di protezione individuale.

Il naturale sentimento di apprensione causato dalla situazione emergenziale, nel corso del tempo si è trasformato in qualcosa di più profondo e allarmante, tanto da determinare la nascita di una vera e propria sindrome: la pandemic fatigue.

Salute mentale: la situazione in Italia

Gli effetti della pandemia sulla salute mentale degli italiani sono palesi. Uno studio condotto da un team di ricercatori provenienti da diverse università italiane e pubblicato lo scorso settembre sul Journal of Affective Disorders, evidenzia come, durante il lockdown, si sia assistito a un significativo peggioramento del benessere psichico che ha colpito duramente soprattutto giovani e donne.

Rispetto al periodo pre-lockdown, infatti, la diffusione di sintomi depressivi e legati all’ansia è raddoppiata, arrivando a colpire oltre un terzo della popolazione adulta, ed è stato registrato un aggravamento dei sintomi in oltre il 40% dei casi. Questo peggioramento delle condizioni di salute ha comportato anche un incremento del 20% nel numero di persone che hanno fatto uso di farmaci psicotropi (soprattutto ansiolitici/benzodiazepine) almeno una volta durante il lockdown.

Inoltre, lo studio ha messo in luce un generale peggioramento nella percezione della qualità della vita e del riposo notturno: circa il 64% dei partecipanti ha dichiarato di avere un livello di qualità della vita più basso rispetto al periodo pre-lockdown e il 35% dei partecipanti ha dichiarato di aver riscontrato una peggiore qualità del sonno.

Come dimostrano le osservazioni contenute in questo studio,  in linea con i dati raccolti da altri centri e osservatori sulla salute mentale – come, ad esempio, quelli riportati dal Consiglio Nazionale Ordine Psicologi nell’evidenziare la necessità di sostegno per fronteggiare i danni psicologici della pandemia -, lo stravolgimento dei normali ritmi di vita, la paura della malattia, l’isolamento forzato e il distanziamento social hanno comportato un profondo disagio e malessere in termini di benessere psico-emotivo e sociale per moltissimi italiani.

Interventi proposti per tutelare la salute mentale

Per far fronte alle numerose e crescenti richieste di assistenza psicologica, è stata proposta l’introduzione di alcuni provvedimenti all’interno della Legge di Bilancio 2022, con l’obiettivo di rendere disponibili figure con competenze psicologiche nei contesti sanitari, sociali e nella scuola e facilitare, in questo modo, l’accesso all’aiuto psicologico e psicoterapeutico da parte dei cittadini in situazioni di difficoltà.

La proposta del “bonus psicologo”, bocciata qualche giorno prima di Natale, prevedeva di fornire un contributo fino a 150 euro a tutti i cittadini maggiorenni residenti in Italia senza alcun limite di reddito, purché non avessero già avuto accesso ad altre agevolazioni in materia di salute mentale, più un bonus di “sostegno” vincolato all’ISEE: 1.600 euro per ISEE inferiori a 15mila, 800 euro per ISEE tra 15mila e 50mila, 400 euro per ISEE tra i 50mila e i 90mila.

È stata confermata, invece, anche per tutto il 2022, la proroga del servizio di supporto psicologico nelle scuole, mirato a garantire la presenza di professionisti del settore all’interno degli istituti scolastici una o due volte alla settimana. Questo provvedimento va incontro alle richieste di moltissimi studenti, insegnanti e genitori: secondo i dati del Consiglio Nazionale Ordine Psicologi (CNOP), infatti, a richiedere la figura dello psicologo scolastico sono otto italiani su dieci, e tra i ragazzi la percentuale sale addirittura al 90%. 

L’attenzione verso il benessere dei più giovani e degli studenti, d’altronde, non è un tema recente: gli sportelli di aiuto psicologico hanno iniziato a diffondersi nelle scuole italiane già da qualche anno e, a partire dalla fine del 2020, grazie al Protocollo d’Intesa tra CNOP e Ministero dell’Istruzione, sono stati attivati servizi di psicologia scolastica in oltre 6mila scuole su tutto il territorio nazionale. La presenza di sportelli scolastici rappresenta una grande opportunità per affrontare e risolvere problematiche legate alla crescita, all’insuccesso, alla dispersione scolastica, al bullismo, o in generale connesse al periodo dell’adolescenza. 

Non bisogna dimenticare, però, che queste problematiche non riguardano solo bambini e adolescenti, ma sono sempre più comuni e diffuse anche tra i ragazzi che frequentano l’Università. Oltre il 30% degli studenti universitari, infatti, mostra sintomi di depersonalizzazione, fenomeno che può essere ricondotto ad eventi traumatici, periodi di forte stress fisico e/o emotivo o deprivazione del sonno.

Inoltre, bisogna considerare che, durante l’emergenza sanitaria, anche tra i lavoratori si è registrato un forte aumento di sintomi legati allo stress da lavoro correlato e di segni di burnout. Questo aggravamento, com’è facilmente intuibile, ha colpito in particolar modo il settore della sanità: oltre il 50% degli operatori sanitari ha registrato sintomi di stress psicologico e circa il 30% ha manifestato segni di burnout.

La risposta del settore pubblico alle crescenti richieste di supporto psicologico da parte di giovani e meno giovani, quindi, non è del tutto soddisfacente. Al momento, infatti, il Servizio Sanitario Nazionale può avvalersi di circa 5mila psicologi dipendenti, un numero insufficiente a coprire le attuali esigenze legate alla salute mentale dei cittadini italiani, e per molti sarà necessario rivolgersi a professionisti e psicoterapeuti privati.