Social Media e Disturbi del comportamento alimentare durante la pandemia COVID-19

social media

A cura della dott.ssa Fidalma Valentina Ritondò

Abstract

I social media possono essere definiti come qualunque network che permette di accedere a contenuti interattivi generati dagli utenti iscritti nelle diverse piattaforme, quali Instagram, Facebook, Twitter, TikTok, YouTube; tali contenuti possono favorire l’identità e l’autonomia della persona nonché lo sviluppo delle relazioni interpersonali, pertanto, i social media si configurano quale un potente canale di comunicazione in grado di coinvolgere, informare e persuadere gli adolescenti (Chung et al., 2021).

Considerato l’impatto che i social hanno nella vita quotidiana di ciascun individuo, l’articolo si pone l’obiettivo di condurre una accurata analisi critica circa il ruolo dei social media nell’esordio, decorso e mantenimento di una patologia alimentare, ponendo particolare attenzione agli anni della pandemia di Covid-19.

Introduzione

Nel 2020 l’irruzione della pandemia di Covid-19 ha sconvolto su scala globale la quotidianità delle persone, cambiando in modo repentino stili di vita, abitudini, modalità didattico-lavorative e di relazioni interpersonali, generando incertezza e confusione, influenzando conseguentemente il benessere fisico, psicologico ed emotivo di ciascun individuo (Nutley et al., 2021).  Così – da un giorno all’altro – milioni di italiani si sono ritrovati confinati fra le mura domestiche, in isolamento sociale, accompagnati da stati d’animo precari, solitudine, incertezza, rabbia, ansia, preoccupazione e paura. L’influenza delle misure restrittive ha portato ad un aumento dell’uso dei social media nella popolazione generale e in particolar modo nella fascia adolescenziale, studi dimostrano che gli iscritti ai social media a luglio del 2020 sono aumentati al 60% della popolazione italiana (Vaccaro et al., 2021). Nei giorni in cui tutte le persone erano bloccate in casa a causa del lockdown, quando le scuole sono state chiuse e i ragazzi non avevano la possibilità di incontrare gli amici, socializzare, uscire a cena, praticare sport, i social sono diventati la loro finestra sul mondo: il canale attraverso cui poter restare connessi al mondo esterno, nonostante le imposizioni di distanziamento sociale.

Il rapporto che esiste fra social e pandemia di Covid-19 nonché il ruolo che i social network e – più in generale i social media – hanno nell’insorgenza dei disordini alimentari risulta complesso e articolato; pertanto, sorgono spontanei alcuni pressanti quesiti circa l’utilizzo più o meno consapevole dei social, su quanto questi strumenti ormai alla portata di tutti condizionano la vita delle persone nonché le loro abitudini e sull’influenza che i social possono giocare nel far ammalare le persone.

1. Il ruolo dei social media nell’insorgenza e nel decorso dei Disturbi del Comportamento Alimentare

I social media sono qualunque social network che permette di accedere a contenuti interattivi generati da utenti iscritti nelle diverse piattaforme, quali Instagram, Facebook, TikTok, Twitter, Snapchat, YouTube; tali contenuti possono favorire l’identità personale e l’autonomia nonché lo sviluppo e il mantenimento di relazioni interpersonali tra pari, pertanto, i social media si configurano come un potente canale in grado di informare, coinvolgere e persuadere gli adolescenti (Chung et al., 2021).

«Secondo molti demografi nel gennaio del 2022 la popolazione mondiale ha superato la soglia degli 8 miliardi e di questi, il 57,6% (4,6 miliardi di persone) è iscritta a uno o più social media e vi trascorre in media 2 ore e 27 minuti ogni giorno» (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023, p.76).

I social rappresentano ormai parte integrante della vita quotidiana di ciascun individuo, tuttavia, se non utilizzati in modo consapevole, in specifiche situazioni, possono diventare – soprattutto se in mano a bambini e adolescenti – uno strumento potenzialmente pericoloso per lo sviluppo di alcune patologie, tra cui i Disturbi del Comportamento Alimentare (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023).

Il ruolo dei social media nel campo dei disturbi alimentari è complesso e articolato, infatti, questi – se inseriti in una rete articolata di condizioni genetiche, sociali e familiari specifiche della persona – possono condurre verso disordini nelle abitudini alimentari, inoltre, svolgono un ruolo centrale sia nel decorso del disturbo che nel processo di coping e, infine, contribuiscono alla costruzione dell’immagine che la società rimanda della malattia stessa e delle persone che ne soffrono (Peter, Brosius, 2021).

«Uno degli aspetti più sconcertanti nella diffusione e nella globalizzazione dei disturbi alimentari è l’utilizzo del web nella trasmissione di modelli culturali che enfatizzano la magrezza e propagandano comportamenti patologici, finalizzati al controllo del peso dando consigli estremi su come dimagrire, ma più in generale su come manipolare il proprio corpo» (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023, p.65).

La lente dei social – attraverso filtri che modificano il proprio aspetto, eliminando occhiaie, rughe, smagliature e imperfezioni – propone modelli di bellezza irraggiungibili, alterati e non reali; questo può indurre la persona a prefissarsi l’obiettivo di perseguire quei modelli, condizione che può essere esasperata nel caso in cui questa si trovi a vivere in un momento di fragilità (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023). Tuttavia, non tutti gli individui ne risultano vulnerabili: è il grado con cui questi si relazionano ai modelli di magrezza proposti sui social – ovvero il modo in cui interiorizzano questi standard – che determinerà o meno il rischio di sviluppare un Disturbo del Comportamento Alimentare (Jiotsa et al., 2021); decisamente, gli adolescenti rappresentano la fascia più vulnerabile.

1.1 Social media e Convivialità virtuale

Attualmente il cibo è diventato argomento centrale in tutti i mezzi di comunicazione: dai giornali che riservano una sezione dedicata all’alimentazione, a diete detox e/o dimagranti, a recensioni di ristoranti, passando attraverso la televisione in cui esistono programmi ad hoc per la cucina o servizi gastronomici al telegiornale, fino ad arrivare alle tantissime pagine e blog presenti in rete e interamente dedicati al mondo culinario (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023). I social offrono molteplici opportunità, tuttavia, «oltre alle ricette, si possono diffondere informazioni più o meno scientifiche sul cibo, senza nessun controllo. Per cui su internet si può trovare tutto […] ma anche il contrario di tutto. Lo stesso cibo può far bene e può far male, può far dimagrire e può far ingrassare. Può essere salutare, può essere pericoloso per la salute» (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023, p.40).

Circa il complesso rapporto che esiste fra l’utilizzo dei social network e i disordini nelle condotte alimentari risulta importante attenzionare alcuni fenomeni presenti in rete.

Il primo fenomeno meritevole di particolare attenzione è quello del foodstagramming che si configura come l’attitudine ad immortalare e pubblicare in rete piatti e pietanze prima di consumarle, questo può incentivare l’esordio di disordini alimentari sia in termini di ipoalimentazione (anoressia e bulimia), sia in termini di iperalimentazione (binge eating disorder e obesità), infatti, studi hanno dimostrato che molte persone che soffrono di un Disturbo del Comportamento Alimentare utilizzano tale metodo per controllare meglio la propria alimentazione e per tenere traccia – mediante le foto – delle quantità di cibo ingerite (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023).

Vi è poi il fenomeno del mukbanger watching che consiste nella pratica di trasmettere sui canali social materiale audiovisivo di persone che consumano il proprio pasto mentre interagiscono tramite chat con chi partecipa alla diretta, sempre più studi confermano che il pubblico di questi video è costituito principalmente da persone a dieta «che soddisfano così la loro voglia di mangiare determinati alimenti “vietati” tramite stimoli visivi e uditivi […]. Alcuni spettatori sostengono di sentirsi come se stessero mangiando loro stessi e, attraverso la descrizione del gusto del cibo che sta mangiando che il mukbanger fa, affermano di percepire addirittura il sapore del cibo stesso e la sensazione di sazietà» (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023, p.46). Nel caso specifico, il fenomeno del mukbanger watching desta particolari preoccupazioni perché condivide molti elementi con le patologie della condotta alimentare e, di conseguenza, attrae chi ne soffre (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023). «Il “mangiare per procura” o “mangiare vicariato” è un concetto ben conosciuto da chi lavora nel campo dei disturbi alimentari: non è raro che persone che soffrono di questi disturbi tendano a soddisfare il desiderio di cibo vedendo mangiare altre persone, molto spesso i familiari, cucinando tutto ciò che per loro è vietato dal disturbo, oppure guardando compulsivamente programmi o profili social di cucina» (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023, p. 48). Altro elemento da tenere in considerazione è che tale fenomeno ha generato delle challenge tra adolescenti che, prendendo ispirazione da tali video, si sfidano a consumare quantità sproporzionate di cibo (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023).

Inoltre, ulteriore elemento di rischio è rappresentato dal fatto che sul web esistono molti blog, pagine, forum e canali che si definiscono pro ana e pro mia, dichiarando apertamente di promuovere disturbi come anoressia nervosa e bulimia nervosa (Bressi, Invernizzi, 2017). L’esplorazione di questi luoghi virtuali lascia sconcertati a causa del livello di terrorismo psicologico a cui sono sottoposte le persone che ne entrano a far parte: si configurano quali spazi in cui le persone si incontrano al solo scopo di discutere di cibo, peso e forme corporee, con l’obiettivo di scoprire sempre nuovi metodi per restringere e perder peso; si tratta di luoghi che non lasciano alcun spiraglio ad altri pensieri, passioni, interessi e neppure alla consapevolezza della malattia stessa e del dolore che questa provoca (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023).

Peculiarità dei social è che potenzialmente possono dare visibilità a chiunque ed a seconda dei contenuti che crea. Attualmente, si parla di influencer come di un «personaggio di successo, popolare nei social network e in generale molto seguìto dai media, che è in grado di influire sui comportamenti e sulle scelte di un determinato pubblico» (Treccani, 2017); tra gli influencer popolari in rete sono presenti molte ragazze – diventate nuove icone di bellezza e modelli da seguire soprattutto dai più giovani – che divulgano informazioni e suggerimenti per restare in forma o per perdere peso seguendo diete miracolose senza alcun fondamento medico-scientifico (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023).

Di frequente, il messaggio che passa è che con la sola forza di volontà si possa ottenere il fisico che si desidera, talvolta senza bisogno di iscriversi in palestra. In questo quadro, ragazzi e ragazze molto giovani vengono attratti dai fit-influencer e iniziano a mettere in pratica i loro consigli, allenandosi per ore ed ore fra le mura della loro cameretta, senza che all’esterno di quelle mura qualcuno se ne accorga (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023).

Ulteriore fenomeno che desta notevoli preoccupazioni è quello del what I eat in a day, letteralmente dall’inglese “cosa ho mangiato in un giorno”, consiste in una sorta di diario alimentare giornaliero condiviso sul proprio blog, tramite questa rubrica l’influencer mostra in video il suo menù giornaliero, fornendo le ricette dei piatti che consuma e commentandone il gusto (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023). «La deriva pericolosa di un tale fenomeno è naturalmente il rischio che un “what I eat in a day” in regime restrittivo possa fungere da fattore scatenante per una persona a rischio di sviluppo di un disturbo alimentare» (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023, p.54), per giunta, «ancora più insidiosi sono i video delle persone che già soffrono di questi disturbi e, non essendone consapevoli, condividendo ciò che mangiano, commentando ciò che evitano e cosa pensano riguardo al cibo, possono influenzare in maniera molto importante giovani vulnerabili» (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023, p.54).

Da numerosi studi emerge una forte correlazione fra la frequenza di confrontare il proprio aspetto fisico con quello delle persone seguite sui social a conseguenze quali insoddisfazione corporea e spinte alla magrezza (Jiotsa et al., 2021). Gradualmente, il rischio che si corre è quello di essere trascinati in un vortice in quanto è lo stesso social che, avvalendosi dei suoi algoritmi – che tengono conto di like, commenti, tipo di interazione e tempo di riproduzione – continua a proporre alla persona contenuti simili a quelli già visionati (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023).

Trascinando la nocività dei consigli nutrizionali offerti sui social da individui non del settore, altro aspetto meritevole di nota riguarda i numerosi account curati da specialisti, i quali tramite la pubblicazione di contenuti nel loro feed cercano di divulgare informazioni nutrizionali e trattare tematiche inerenti all’educazione alimentare; tuttavia, in questo tipo di attività l’errore risiede nel non comprendere che il potenziale pubblico dei social è variegato e del tutto incontrollato e incontrollabile, invero, non sempre gli specialisti sono consapevoli delle conseguenze di una comunicazione poco responsabile, aggravate dal fatto che possono essere scatenate da una persona considerata competente nel settore nutrizionale (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023).

Altro fenomeno che può rappresentare un elemento di rischio per l’esordio di un Disturbo del Comportamento Alimentare o un rinforzo nel caso in cui la patologia sia conclamata è l’utilizzo di fitness tracker, ovvero tutti quei dispositivi che monitorano l’alimentazione attraverso il calcolo delle calorie, del consumo energetico e dei valori corporei; i fitness tracker sono strumenti flessibili ed alla portata di tutti e possono essere app che fungono da diario alimentare per il calcolo delle kcal giornaliere assunte, bilance pesapersone che si collegano a specifiche app di calcolo dei valori corporei, contapassi, ecc. (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023).

La rilevanza che i social media esercitano nella società odierna risulta indiscussa, ma nonostante ciò il loro ruolo come fattore predisponente alle patologie alimentari non è sinora oggetto accurato di studio in quanto bisogna considerare che i Disturbi del Comportamento Alimentare sono causati da una molteplicità di fattori fra loro intrinsecamente collegati, per questa ragione, anche solo ipotizzare un rapporto diretto tra lo stimolo – i social – e la risposta – il disordine alimentare – equivarrebbe a non considerare gli individui come attivamente inseriti nel contesto specifico di riferimento (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023).

2. I social media tra potenzialità e rischi

Risulta ormai impensabile immaginare una società priva della sua dimensione digitale, i social costituiscono parte integrante della vita e della quotidianità di ciascun individuo e rappresentano uno spazio complesso e articolato dalle molteplici faccettature, pieno di opportunità ma – al contempo – rischi e pericoli latenti. Il mondo virtuale muta costantemente nonché velocemente, costringendo chiunque voglia interfacciarsi in maniera costruttiva con esso a scoprirlo con curiosità, senza demonizzarlo a priori (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023); seppur resti innegabile che, nel mondo digitale, il salto compiuto dai nativi digitali risulta così tanto lungo da apparire quasi spaventevole (Iaquinta, Salvo, 2017).

I social offrono infinite possibilità – impensabili fino a pochi anni fa – in grado di migliorare la qualità di vita, condividere informazioni e esperienze in tempo reale, comunicare in maniera veloce e flessibile con le persone care, anche se fisicamente lontane, e offrire supporto in specifiche situazioni, purché si sappiano selezionare e gestire in modo consapevole le varie informazioni, altrimenti – senza le dovute precauzioni ed accortezze – possono favorire l’insorgenza di disturbi mentali o acuire la sintomatologia nel caso in cui tali condizioni siano già esistenti (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023).

La costante necessità di condivisione risulta ormai predominante e non sembra consentire momenti di sottrazione, specialmente gli adolescenti vengono totalmente assorbiti dal desiderio di condividere ogni frame della propria quotidianità, ogni esperienza nuova, ogni emozione sperimentata (Iaquinta, Salvo, 2017). I nativi digitali presentano dimestichezza ed estrema padronanza nell’utilizzo della tecnologia ma, al contempo, da diversi studi si evince un’assenza di consapevolezza circa l’impatto che questi mezzi esercitano sulle loro emozioni, acuito dal fatto che spesso si ricorre ai social anche come mediatori emotivi, con lo scopo di esprimere le proprie difficoltà personali e relazionali nonché i propri stati d’animo (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023).

2.1 Vicinanza virtuale, distacco emotivo e disordini alimentari

Sui vari canali e pagine social, gli influencer – più o meno famosi – a qualunque ora del giorno e della notte parlano dalla loro cameretta arrivando dritti in quella dei loro coetanei, senza alcun tipo di mediazione. Questa vicinanza virtuale fa sì che gli adolescenti si affezionino rapidamente a questi personaggi, sottovalutando il fatto che nella maggior parte dei casi si tratta di persone non esperte nel settore che esprimono opinioni non qualificate avendo comunque il potere di raggiungere moltissime persone; questo può determinare gravi ripercussioni, soprattutto quando si tratta di argomenti legati alla salute e/o a comportamenti connessi all’alimentazione. Tale processo contribuisce alla diffusione dei falsi miti sull’alimentazione, come ad esempio che l’ananas brucia i grassi e i carboidrati se assunti nelle ore della sera fanno ingrassare, narrazioni prive di alcun fondamento medico-scientifico ma che entrano con prepotenza a far parte delle convinzioni di chi ascolta, inducendolo ben presto a mettere in pratica comportamenti altamente nocivi per la propria salute fisica e mentale (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023).

Altro aspetto da tenere in considerazione riguarda la sensazione di distacco emotivo che si configura come uno dei paradossi comunicativi del mondo social, attraverso il quale non ci si confronta più dal vivo e nei luoghi di aggregazione, bensì su una dimensione virtuale e tramite immagini – non sempre rispondenti alla realtà – e parole, sempre protetti da uno schermo. Nella comunicazione nell’era del digitale l’Altro è sempre meno presente, trattandosi di un tipo di comunicazione senza corpo e senza sguardo, aspetti che diventano responsabili della perdita di empatia (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023).

Per i nativi digitali la comunicazione e le relazioni interpersonali vengono sottoposte ad un costante processo di delocalizzazione e la felicità «espressa dalla dimensione dell’altrove è sempre più alta e seducente del richiamo proveniente dalla realtà che stanno vivendo e dal luogo in cui si trovano» (Iaquinta, Salvo, 2017, p.91).

Leggi anche: I disturbi dell’alimentazione e della nutrizione

3. L’impatto della pandemia Covid-19 sul comportamento alimentare disordinato

Nel 2020 – in modo del tutto imprevedibile – l’irruzione della pandemia di Covid-19 ha sconvolto su scala globale la quotidianità delle persone, cambiando molto rapidamente abitudini, stili di vita, modalità didattico-lavorative e di relazioni interpersonali, generando confusione e incertezza, producendo notevoli impatti sul benessere fisico, mentale ed emotivo delle persone (Nutley et al., 2021).

Il Sars-CoV-2, altrimenti conosciuto come Coronavirus, è un nuovo ceppo del virus fino a quel momento mai identificato nell’uomo e responsabile di una sindrome respiratoria acuta, talvolta molto grave (Ministero della Salute, 2023). Pertanto, le istituzioni si sono mobilitate per provare a contrastare la diffusione del virus e contenere i suoi possibili effetti: nel marzo del 2020 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato lo stato di pandemia e il Governo Italiano ha approvato il Decreto Legge “Io resto a casa” disponendo una serie di restrizioni e divieti, dal divieto di assembramento nei luoghi pubblici o aperti al pubblico alla chiusura di molti locali ed attività commerciali e di ristorazione, dalla sospensione di eventi e competizioni sportive alla chiusura di centri sportivi, ricreativi, culturali, palestre, piscine, spa; consentendo le uscite solo per esigenze lavorative, motivi di necessità o di salute e muniti di autocertificazione (Vaccaro et al., 2021; Ministero della Salute, 2020).

In tale contesto – da un giorno all’altro – milioni di italiani si sono ritrovati confinati fra le mura domestiche, in isolamento sociale; la pandemia di Covid-19 ha determinato considerevoli conseguenze sul piano sanitario, economico e sociale, minando la salute fisica, psicologica ed emotiva di ciascun individuo e provocando un notevole aumento dei livelli di ansia, paura, depressione, stress, preoccupazione (Monteleone et al., 2021).

L’influenza delle misure restrittive ha portato ad un aumento dell’uso dei social media nella popolazione generale ed in particolar modo nella fascia adolescenziale (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023), invero, gli iscritti ai social media a luglio del 2020 sono aumentati al 60% della popolazione italiana (Vaccaro et al., 2021). Proprio in quei giorni, quando tutte le persone erano bloccate in casa a causa del lockdown, quando le scuole erano chiuse e i ragazzi non potevano incontrare gli amici, praticare sport, uscire a cena, i social sono diventati la loro finestra sul mondo (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023).

Anche prima del lockdown i social media rivestivano un ruolo importante nella vita di ciascun individuo, tuttavia, la pandemia ha introdotto molti cambiamenti rispetto all’utilizzo dei social che hanno offerto la possibilità di restare in contatto con il mondo esterno mantenendo i rapporti con le altre persone pur dovendo restare a casa propria ma, nel frattempo, hanno assorbito gran parte delle energie e del tempo delle persone (Vaccaro et al., 2021). Se da un lato la pandemia ha incrementato l’utilizzo dei social, dall’altro ha anche contribuito, per alcuni, ad assumere consapevolezza della dannosità di alcuni contenuti presenti in rete e prenderne le distanze. Dunque, i social – all’interno di un’eziologia multifattoriale – sembrerebbero avere un ruolo potenziale nell’insorgenza precoce dei Disturbi del Comportamento Alimentare (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023).

3.1 I Disturbi del Comportamento Alimentare durante gli anni della pandemia: i cambiamenti nel quadro epidemiologico e l’impatto sugli stili alimentari e le abitudini quotidiane

In Italia, attualmente, sono oltre tre milioni le persone che soffrono di un Disturbo del Comportamento Alimentare e il quadro epidemiologico si è complicato ulteriormente durante gli anni della pandemia, periodo in cui è stato registrato un aumento del 30% dei casi nonché un notevole abbassamento dell’età di esordio della patologia (Comi, Monzani, 2023; Dalla Ragione, Vanzetta, 2023); «con particolare riferimento ai preadolescenti (10-14 anni) che sono poi quelli che hanno risentito di più dell’isolamento sociale e del trauma collettivo causato dalla pandemia» (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023, p.2).

Risulta fondamentale porre l’attenzione sulla correlazione tra Disturbi del Comportamento Alimentare e pandemia di Covid-19 per quattro ragioni principali:

  1. Maggiore rischio di ricaduta o peggioramento della sintomatologia, a causa di:
  2. Timore del contagio che è associato ad una imponente sensazione di perdere il controllo, elemento che provoca ulteriori comportamenti di restrizione alimentare, controllo del peso corporeo o – di contro – episodi di binge eating;
  3. Isolamento prolungato, con conseguenti limitazioni circa la possibilità di praticare attività fisica;
  4. Abbondanti e variegate scorte di cibo presenti in casa, condizione che incentiva le abbuffate e possibili conseguenti condotte eliminatorie;
  5. Maggiore rischio di contrarre il Covid-19 per le persone con patologie alimentari, a causa di:
  6. Forte malnutrizione, riduzione di riserve di grasso corporeo e possibile malfunzionamento intestinale, con conseguenze sulla incapacità del fisico – già debilitato – di difendersi dall’infezione;
  7. Presenza di possibili disfunzioni respiratorie preesistenti che, in caso di infezione da covid-19, possono portare al ricorso a cure mediche ospedaliere e respirazione assistita;
  8. Possibile comparsa di un disordine alimentare ex novo o comportamenti di addiction, a causa di:
  9. Forte pressione emotiva del periodo pandemico;
  10. Stress da isolamento prolungato;
  11. Fattori di rischio predisponenti;
  12. Inadeguatezza dell’offerta di terapie sul piano psicologico e psichiatrico nel corso dell’emergenza sanitaria, in quanto durante il periodo di emergenza sanitaria molte strutture hanno attivato servizi di assistenza da remoto, tuttavia, le molte limitazioni rispetto al trattamento di tipo tradizionale hanno avuto impatto sull’efficacia degli stessi (Istituto Superiore di Sanità, 2020).

Anche prima del 2020 il mondo del fitness e delle diete erano presenti sui social, bensì durante il lockdown vi sono stati dei cambiamenti: i social hanno spesso rappresentato uno strumento attraverso il quale le persone hanno provato a contrastare l’aumento di peso corporeo provocato dall’eccessiva sedentarietà e, contestualmente, un valido supporto per le sperimentazioni culinarie (Vaccaro et al., 2021; Dalla Ragione, Vanzetta, 2023). È sufficiente fare qualche ricerca su Google Trends, «strumento che Google mette a disposizione per osservare l’andamento delle ricerche sul motore di ricerca» (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023, p.48-49), e per avere conferma di ciò: tra le parole più cercate nel periodo in questione vi sono “workout”, “dieta”, ma anche “torta di mele” o “impasto per pizza”.       

Uno dei fenomeni a cui si è assistito nel periodo di lockdown riguarda il ritorno in cucina di molte famiglie, con la riscoperta di sapori della propria tradizione e più tempo passato ai fornelli, tendenza che ha portato alcune persone – inevitabilmente – ad assumere peso, come conseguenza diretta dell’aumento di quantità di cibo consumato, dei pasti meno strutturati e della maggiore sedentarietà dovuta alle imposizioni di isolamento sociale. Al contrario, molte altre persone proprio grazie al lockdown hanno trovato il tempo per prendersi cura di sé stesse, sia sul piano dell’alimentazione che sul piano dell’attività fisica, iniziando a seguire minuziosamente diete per perder peso e praticando workout (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023).

Un recente studio ha rilevato che la pandemia ha avuto un impatto sugli stili alimentari della popolazione in generale che sono diventati sempre più disordinati rispetto al periodo precedente al primo lockdown: l’ insorgenza di un Disturbo del Comportamento Alimentare nel periodo di emergenza sanitaria si configura come il risultato delle strategie di mitigazione della salute pubblica, dell’eccessiva attività fisica praticata fra le mura domestiche e delle minacce di carenza di intere categorie alimentari, con conseguente accaparramento di ingenti quantità di cibo (Devoe et al., 2023).

La letteratura scientifica dimostra che la pandemia ha determinato un peggioramento nel quadro clinico delle persone che già soffrivano di un Disturbo del Comportamento Alimentare in quanto nel campo delle patologie alimentari il controllo gioca un ruolo focale (Carretta, 2020), tuttavia «durante il lockdown questo controllo, per forze di cose, ha dovuto cambiare assetto» (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023, p.51), portando conseguentemente queste persone a riflettere nel rapporto con il cibo la loro esigenza di controllo, riversando a tavola angoscia, ansia e frustrazione (Carretta, 2020).

Studi hanno posto in evidenza tre situazioni attraverso le quali il blocco causato dal Covid-19 ha peggiorato il rischio di disordini alimentari o ne ha esacerbato la sintomatologia:

  1. Le misure di prevenzione della salute pubblica hanno comportato un impatto considerevole sulle possibilità di accesso all’assistenza sanitaria nonché alle reti di supporto sociale necessarie per le persone con un Disturbo del Comportamento Alimentare. Nel periodo pandemico la comunità medico-scientifica ha dirottato le sue attenzioni verso la gestione e il contenimento della diffusione del virus, pertanto, la già dura sfida di raggiungere le persone con una patologia alimentare è peggiorata drasticamente, provocando ritardi nella diagnosi e nelle cure e conseguenze in termini di perdita di efficacia;
  2.  Le persone a rischio di sviluppare un disturbo alimentare sono state maggiormente esposte ai media e ai contenuti specifici per i disordini alimentari, aumentando così l’ansia correlata al peso corporeo, al cibo e all’esercizio fisico. Alcuni post pubblicati sui social mostrano cibi appetitosi che possono scatenare binge eating, altri post – mostrando contenuti che stigmatizzano il peso e le caratteristiche fisiche associate all’obesità – incentivano diete ed esercizio fisico;
  3. La paura di contrarre il virus ha provocato un aumento dell’ansia conducendo verso forme restrittive dovute alla riduzione nell’acquisto di specifici prodotti e alla riluttanza ad uscire di casa per acquistare generi alimentari. Fare la spesa durante il periodo di isolamento sociale si è rivelata una difficile attività per chi soffriva di un’alimentazione disordinata e il rapporto già difficile con il cibo è stato ulteriormente inasprito dagli acquisti dettati dal panico, conseguentemente l’accaparramento di ingenti quantitativi di cibo e l’incapacità di prendere le distanze da questo hanno portato al peggioramento della sintomatologia nelle persone con disturbo da alimentazione incontrollata (Nutley, 2021).

In questo quadro generale durante il periodo di lockdown, le persone in cura per Disturbi del Comportamento Alimentare – che nella maggior parte dei casi avevano impiegato molto tempo per trovare il coraggio di esprimere una richiesta di aiuto ed intraprendere un percorso terapeutico – si sono trovate nella situazione di dover interrompere le cure o di non poterle iniziare, aumentando il rischio di cronicizzazione, aggravamento o recidiva del disturbo. Ciononostante, si è verificato un aumento significativo di nuovi pazienti (Vaccaro et al., 2021).

Conclusioni

I social rappresentano un valido strumento, ricco di potenzialità e pericoli, da non demonizzare a priori ma da saper gestire.

Nel campo dei Disturbi del Comportamento Alimentare i social possono anche rappresentare una risorsa: sul web è possibile trovare moltissime esperienze positive, scambi di opinioni circa percorsi di cura o sugli specialisti ai quali poter chiedere aiuto, vi sono persone guarite che cercano di tendere la mano verso chi ancora abita nella patologia, vi sono professionisti e numerose associazioni di familiari che offrono supporto e dispensano consigli utili ed è possibile trovare spazi dedicati in cui le persone possono scambiarsi informazioni e imparare insieme come affrontare attivamente la malattia (Peter, Brosius, 2021).

È possibile concludere che i social non fanno ammalare le persone, in realtà possono influire su situazioni già delicate, peggiorare stati d’animo precari e aggravare i sintomi. Pertanto, è indispensabile riflettere circa il loro utilizzo, educare soprattutto i più giovani ad un uso corretto e consapevole, vale a dire governarli per non lasciarsi sopraffare. In questo processo è importante affidarsi agli esperti, in modo da individuare i punti deboli e trasformarli in strumenti di forza. Imparare a sfruttarne le potenzialità, che pure esistono e sono molteplici. Perché la consapevolezza deve e può essere l’arma migliore per combattere la malattia. E alla fine sconfiggerla (Dalla Ragione, Vanzetta, 2023).

Riferimenti bibliografici

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  2. Carretta Valentina, “Lockdown e alimentazione. Isolamento, incertezza, ansia riacutizzano e promuovono l’insorgenza dei disturbi alimentari”, 6 novembre 2020, https://www.dottoressacarretta.it/art154-coronavirus-lockdown-alimentazione-disturbi-alimentari-incertezza/
  3. Chung A, Vieira D, Donley T, Tan N, Jean-Louis G, Kiely Gouley K, Seixas A. Adolescent Peer Influence on Eating Behaviors via Social Media: Scoping Review. J Med Internet Res. 2021 Jun 3;23(6): e19697. doi: 10.2196/19697. PMID: 34081018; PMCID: PMC8212626.
  4. Dalla Ragione Laura, Vanzetta Raffaela, Social Fame. Adolescenza, social media e disturbi alimentari, Il Pensiero Scientifico Editore, Roma, 2023.
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