Risvegliare la consapevolezza: la Mindfulness come chiave per la cura dei Disturbi Alimentari

mindfulness

A cura della dott.ssa Monica Cecconi

Abstract

I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione sono elencati nel DSM V e vengono suddivisi in disturbo da alimentazione incontrollata, consumo di sostanze non commestibili, disturbo da ruminazione, disturbo evitante, disturbo da purgamento e sindromi delle mangiate notturne.

Nell’articolo, vengono elencati i possibili interventi terapeutici nei disturbi alimentari sottolineando l’importanza di interventi multidisciplinari, tra cui l’implementazione della mindfulness come possibile terapia di “terza generazione”, in aggiunta ai protocolli di cura cognitivo- comportamentale standard.

La mindfulness si propone come un mezzo per migliorare la regolazione delle emozioni, aiutando le persone a concentrarsi sulle proprie esperienze interne e non su quelle esterne, sulle quali si concentra invece la società. Le metodiche terapeutiche basate sulla mindfulness affrontate nel seguente articolo sono la Dialectical Behavioral Therapy, l’Acceptance and Commitment Therapy, la Mindfulness-Based Cognitive Therapy, la Mindfulness-Based Eating Awareness Training e l’empowerment di Rapaport.

«Un tempo l’uomo ascoltava con stupore il martellio regolare che proveniva dal fondo del petto e si chiedeva cosa fosse. Non poteva considerarsi come uguale a una cosa così estranea e sconosciuta come il corpo. Il corpo era una gabbia e, all’interno, qualcosa guardava, ascoltava, si spaventava, pensava e si stupiva; quel qualche cosa, quel residuo che permaneva, una volta sottratto il corpo, era l’anima.»

(Kundera M., 1989, p. 48)

1. La Mindfulness Applicata ai Disturbi Alimentari

Le persone che soffrono di DA hanno un deficit sull’auto-regolazione adattiva delle emozioni. Questo porta a non riconoscere le proprie emozioni quindi non vi è la possibilità di poterle gestire o utilizzarle in modo adattivo alle circostanze. Come osserva Bydlowsky et al., nei pazienti con DA ci sono alti livelli di alessitimia in confronto ad un campione che non soffre di questi disturbi (Bydlowsky et al., 2005). Un attento riconoscimento delle emozioni richiede una visione al mondo interno e un’abilità di distinguere tra le emozioni vere e le altre sensazioni fisiche. La scarsa consapevolezza di decifrare le informazioni che ci giungono dall’interno del nostro corpo è un segno specifico dei DA, in cui i segnali fisiologici delle emozioni vengono sovente confusi con il bisogno di mangiare pensando di provare appetito, perché non funziona l’auto-regolazione. Basti pensare a chi fa delle abbuffate che non solo non riconosce i segnali della fame ma non riconosce neppure i segni della sazietà. Essi si servono del cibo come un mezzo per negare certi stati emotivi negativi e crearne in modo artificioso stati emotivi positivi, (l’alimentazione compulsiva, come afferma Didonna in un articolo del 2012, ha strette correlazioni con stress, dolori e altre emozioni vissute come negative).

La mindfulness si propone quindi come un mezzo per aiutare a migliorare la regolazione delle emozioni, aiutando le persone a concentrarsi sulle proprie esperienze interne in una società che generalmente si concentra sull’esterno, mira a far accettare le emozioni così come si presentano, come fondamentali per la propria esperienza, aiutando con la pratica a sperimentarle, senza contrastarle. Entrando nello specifico con i DA la mindfulness applica la sua pratica per consentire alle persone di distinguere i collegamenti fisiologici delle emozioni con quelli di fame e sazietà (Didonna F., 2012)

«La mindfulness è indicata per affrontare la radicata interazione (sciogliere la catena) tra i rigidi processi cognitivi e il comportamento disfunzionale osservato nel DA. Il training di mindfulness può contemporaneamente aiutare a: 1) coltivare un atteggiamento non giudicante e di accettazione[…]; 2) fornire un maggior controllo dell’attenzione[…]; 3) dimostrare che i pensieri sono semplicemente fatti mentali. La mindfulness è una qualità dell’attenzione in cui la persona porta la propria consapevolezza non giudicante all’esperienza del momento presente (p.e. pensieri, emozioni e sensazioni fisiche) con disponibilità, curiosità e accettazione di ciò che è[…].

Quando un individuo accetta consapevolmente la sua esperienza interna, questa “vigilanza perspicace” ironicamente fornisce un maggior controllo e la capacità di rispondere all’esperienza in maniera flessibile e adattiva piuttosto che impulsivamente o rigidamente.» (Didonna F. , 2012, pp. 378-379)

Quando la mindfulness si applica in modo diretto all’atto di mangiare, ai paziente gli viene insegnato ad incanalare l’attenzione sull’esperienza sensoriale del mangiare e della sazietà, avvicinandosi all’atto di mangiare in modo rilassato e non giudicante, sentendo in modo più reale gli stimoli di regolazione dell’appetito.

La mindfulness è stata quindi definita come possibile terapia di “terza generazione” ed è stata inserita in adeguati protocolli di cura associata alla tradizionale teoria cognitivo-comportamentale come:

  • La dialectical behavioral therapy (DBT);
  • L’ acceptance and commitment therapy (ACT);
  • La mindfulness–based cognitive therapy (MBCT);
  • La mindfulness-based eating awareness training (MB-EAT).

1.1 La Dialectical Behavioral Therapy (DBT)

La DBT fu introdotta negli anni ’90 per migliorare i problemi di auto-regolazione del Disturbo Borderline di personalità (DBP). Essa assiste i pazienti ad accrescere le abilità di mindfulness e a gestire emozioni e stress. La DBT è l’approccio della mindfulness più studiato nel ramo dei DA.

Telch (1997) ha riportato un caso di una donna obesa con BED. Il protocollo era strutturato in 23 sedute di cui 19 settimanali e 4 mensili organizzato in tre fasi:

1) La teoria del programma.
2) L’apprendimento degli elementi principali della DBT.
3) Il rinforzo di quanto appreso.

Questo approccio ha portato importanti miglioramenti nel disturbo dell’alimentazione incontrollata, anche se il temperamento ansioso e il peso non hanno avuto prova di stabilizzazione.

In un altro campione controllato e randomizzato composto da 44 donne con BED (Telch, et al., 2001) si è evidenziata una riduzione delle abbuffate, sia nel gruppo che seguiva il programma DBT sia nel gruppo di controllo nelle liste d’attesa. Si è altresì riscontrato che le persone seguite dal programma dopo la fine del trattamento hanno avuto un tasso di astinenza maggiore di quelle non trattate.

Nell’anoressia nervosa e nella bulimia nervosa l’impiego della DBT è meno sviluppata. Fino ad oggi ci sono stati buoni risultati che con l’aiuto e l’associazione della terapia Cognitivo-Comportamentale (TCC) e gli interventi di Terapia Familiare possono potenziarsi. La ricerca deve anche verificare la DBT per l’anoressia e generalizzare i risultati inserendo studi centrati sul sesso maschile e sulle diverse etnie.

1.2 Acceptance and Commitment Therapy (ACT)

Un altro approccio basato sulla mindfulness utilizzato per i DA è l’ACT. Esso è nato per lavorare su problemi psichiatrici e comportamentali. Si basa sul fatto che certi comportamenti non adattivi necessitano controllo o riduzione delle esperienze negative.
Il conformare l’ACT al trattamento dei DA è in teoria adattato ai più importanti modelli che cercano di rendere chiara la patologia alimentare, come la teoria che si basa sulla regolazione delle emozioni e quella che si basa sulla teoria relativa alle restrizioni alimentari.

L’ACT si utilizza per portare ad una diversa condizione la rigidità cognitivo- comportamentale e mira a migliorare l’auto-regolazione e la qualità della vita. Tale approccio si serve delle abilità di mindfulness, delle metafore e delle tecniche di defusione cognitiva. L’ACT porta a chiarire certi valori di vita che necessitano come motivazione per rafforzare il cambiamento.

Va precisato che gli studi che si sono occupati dei DA applicati all’ACT sono pochi anche se ha avuto un fondamento che si basa sull’esperienza e non solo su basi teoriche rispetto al miglioramento dei sintomi in diversi disturbi clinici.

1.3 La Mindfulness-Based Cognitive Therapy (MBCT)

La MBCT si basa sul programma della mindfulness-based stress reduction di Jon Kabat-Zinn che si fonda sul lavoro per ridurre la debolezza cognitiva alla depressione cronica.

La MBCT utilizza la meditazione seduta, la meditazione camminata, lo yoga, la consapevolezza del respiro e l’esplorazione corporea. Tutto questo non è per cambiare quello che l’esperienza porta ma per cambiare l’approccio all’esperienza stessa per mezzo dell’accettazione.

Baer e collaboratori (Baer R.A., Fischer S., Huss D.B., 2006) hanno sperimentato la MBCT per il trattamento di pazienti con disturbo da alimentazione incontrollata (BED), utilizzando la tecnica per ridurre il modo di reagire ai pensieri automatici e alle emozioni precedenti alle abbuffate, anziché ridurre i pensieri e le emozioni che si presentano.

Si differenzia con gli altri approcci di mindfulness per i DA, nel fatto che l’addestramento non interviene direttamente sul mangiare o su tecniche cognitivo-comportamentali ma è un addestramento al problem solving ed all’assertività (Baer et al, 2005). C’è stato uno studio non controllato su questo tipo di programma che si svolgeva in 10 sedute e che ha evidenziato che ci sono stati effetti positivi legati alle abbuffate e alla fissazione relativa al cibo, con importanti miglioramenti nell’auto-osservazione e nel non giudizio dell’esperienza interne e sulle emozioni (Baer et al., 2006).

1.4 La Mindfulness-Based Eating Awareness Training (MB-EAT)

Questo tipo di approccio è nato in modo specifico per il trattamento dei DA. Esso si ispira al programma MBSR, che applicava la mindfulness alla terapia cognitivo-comportamentale e all’immaginazione guidata per poi effettuare un intervento sui processi di auto-regolazione che riguardano il cibo, il peso e la percezione relativa alle forme del proprio corpo. All’ interno dell’approccio MB-EAT troviamo il modello della regolazione affettiva, il modello dell’evitamento delle emozioni, il controllo mentale e in un secondo tempo si è aggiunto anche la scienza dell’alimentazione e quello che comporta la sensazione di fame e sazietà. (Didonna F., 2012)

Kristeller e Hallet (1999) in uno studio hanno dimostrato un’importante riduzione delle abbuffate e dei sintomi d’ansia e depressione nelle pazienti obese con BED dopo solo un trattamento di sei settimane. Il programma iniziale fu ampliato a nove settimane con l’inserimento del training di consapevolezza dell’appetito di Craighead e una intensificazione di auto-accettazione utilizzando il perdono e rafforzando l’equilibrio interno per aiutare il cambiamento.

Successivamente, in due centri è stata verificata l’efficacia del programma MB-EAT, con uno studio controllato e randomizzato, confrontandolo con uno studio psicoeducazionale che si basava sulla TCC e una lista in attesa come gruppo di controllo in un campione composto da differenti gruppi etnici di donne e uomini obesi con BED. In entrambi i gruppi c’è stata una forte diminuzione delle abbuffate e dei sintomi depressivi. Va sottolineato che nel gruppo che segue il programma MB-EAT c’è un minor richiamo al pensiero rivolto al cibo, alle emozioni e ai comportamenti dimostrando una maggiore consapevolezza al cambiamento. Si è osservato anche un miglioramento del metabolismo del glucosio indipendentemente dal calo di peso. Questo fatto fa pensare che l’approccio basato sulla mindfulness potrebbe interferire in modo positivo sugli indici biologici di auto-regolazione.

L’Istituto Nazionale della Salute Statunitense da qualche tempo sta finanziando la ricerca per confermare quest’ipotesi insieme al calo di peso e al poterlo mantenere. Questo ha permesso di ampliare il protocollo, portandolo a 15 settimane, chiamato Empower (Potenziamento della mindfulness per la prevenzione del recupero ponderale) che esporrò nel paragrafo seguente. È auspicabile che anche in Italia venga acquisita la consapevolezza che la mindfulness può essere utilizzata nella sfera clinica e non solo.

2. Esercizi ed esperienze: approccio EMPOWER

L’ empowerment è un costrutto complesso coniato da Rapaport (1977) per intendere l’acquisizione di potere, cioè l’incremento della capacità delle persone. Esso è un processo tramite il quale gli individui accrescono la possibilità di controllare la propria vita (Pellai, Rinaldin e Tamburini, 2002). Questo concetto richiama la teoria dell’auto efficacia di Bandura (2002) secondo cui la mente è un apparato capace di esercitare il proprio controllo su sé stesso, sull’ organismo e sull’ambiente.

Nell’approccio empower per la cura dei DA (Porcetta, Garista, Tarsitani, 2009) ci sono 9 gruppi di abilità:

  1. L’osservazione in modo non giudicante i pensieri, le emozioni e le sensazioni del corpo che riescono a reagire guidando il comportamento.
  2. La separazione delle emozioni dalle reazioni.Le emozioni sono episodi passeggeri che il più delle volte non necessitano di risposte.
  3. La separazione dei pensieri da queste reazioni. I pensieri sono pensieri e basta, anch’essi sono di passaggio che non necessitano di risposte.
  4. Il separare e accettare gli impulsi comportamentali che derivano da queste reazioni.
  5. Il chiarirsi l’idea dei segnali fisici di fame e sazietà.
  6. L’attenzione alla sazietà legata al gusto.
  7. Il riconoscere e differenziare i segnali di regolazione dell’appetito dalle emozioni (es. differenza tra ansia e fame).
  8. Il distinguere l’autentico bisogno che sta sotto una reazione.
  9. Il prendere la giusta decisione in funzione di appagare il reale bisogno.

Entrando nello specifico dei nove punti possiamo osservare:

Gruppo di abilità n. 1: I pazienti che hanno DA necessitano di accrescere l’abilità di spostare l’attenzione agli stati interni così possono osservare le proprie emozioni, i propri pensieri e le sensazioni che provano. La cosa fondamentale è il “non giudizio” per determinare le condizioni di apprendimento che fanno si che le persone esplorino i loro schemi di pensiero e di comportamento abbassando le difese. Alcuni pazienti quando iniziano questo percorso non riescono a “perdonarsi” perché sono vissuti nella convinzione che il giudicarsi sia un mezzo per gestire il senso di controllo.

Gruppo di abilità n. 2: I pazienti necessitano di manifestare una disponibilità ad accogliere l’esperienza emotiva avendo acquisito la tranquillità e la consapevolezza che le emozioni provate sono eventi di passaggio; è quindi inutile reagire alle proprie emozioni. Anzi, se le emozioni riescono a coinvolgere la persona, la loro presenza diventa più duratura.

Dopo avere acquisito questa competenza occorre convivere con le emozioni con un atteggiamento più accettante. Quello che viene richiesto ai pazienti è di comprendere prima quello che il corpo segnala e poi ad applicare la mindfulness, come ad esempio osservare l’ansia e capire che la sua causa non può essere gestita e controllata attraverso il cibo e il relativo comportamento alimentare. Quando le emozioni percepite diventano più familiari la cosa positiva è che al momento che verranno fuori si sarà più pronti e meno spaventati ad accettarle.

Gruppo abilità n. 3: La mindfulness aiuta a comprendere che i “pensieri sono solo pensieri” che possono non avere fondamenta reali. Questo è importante nei pazienti con DA perché i loro pensieri sono un tutt’uno con il comportamento e le risposte emotive. Anche capire la qualità dei pensieri può dare nuove consapevolezze.

Gruppo di abilità n. 4: L’atteggiamento dei pazienti con DA si colloca su un continuum di impulsività e compulsività. È importante stare con uno o più impulsi, stando seduti, imparando ad osservarli senza reagire ad essi. Occorre indebolire il legame automatico tra impulso e reazione.

Gruppo di abilità n. 5: Per i pazienti con DA è difficile registrare gli stimoli di regolazione dell’appetito e le emozioni perché necessita una certa esperienza nel percepire il corpo. La percezione del corpo è spesso paradossale, basti pensare a come viene percepito il corpo nell’anoressia nervosa. Le persone che soffrono di anoressia hanno giudizi e pensieri sul loro corpo anche se non ne percepiscono le sensazioni. Nel programma empower, le tecniche di esplorazione del corpo del MBSR sono adattate per far si che la persona si concentri sui segnali di fame e sazietà (pienezza).

A chi fa parte di questo programma viene data una scala a sette punti (Craighead L.W., Allen H.N., 1995) che serve per valutare l’esperienza somatica della fame e della sazietà. Questa scala è stata sottoposta solo a pazienti con BED o bulimia nervosa. Non c’è stata questa sperimentazione con le pazienti con anoressia nervosa. Sicuramente c’è necessità di un adattamento di questo approccio centrato sulla tolleranza delle sensazioni del cibo nel corpo, visto che questa tipologia di pazienti sentono il senso di sazietà pure avendo lo stomaco vuoto e separando giudizi da sensazioni.

Questo esercizio della sazietà ha più successo se associato ad un pasto moderato e ricco di fibre. I pazienti raccontano di non riconoscere la sensazione di moderata sazietà. Per riappropriarsi di questa capacità occorre attenzione, pazienza e pratica (Didonna, 2012). Scrive Didonna:

«Non è raro sentire pazienti con lunghe storie di dieta e/o abbuffate dire, “non sento niente” quando gli viene chiesto per la prima volta di dare un punteggio di fame e sazietà. Può richiedere settimane di pratica, in particolare prima, durante e dopo i pasti; persone che sono state disconnesse dalle loro sensazioni corporee per anni hanno bisogno di un continuo incoraggiamento e pratica per iniziare a registrare di nuovo questi segnali. Nella pratica clinica pochissimi pazienti sono capaci di ri-apprendere a sentire questi segnali; queste difficoltà possono essere dovute anche a complicazioni del diabete […].»

Gruppo di abilità n. 6: Viene portata l’attenzione anche sul gusto (Roth G., 1984). Il programma empower e il programma MB-EAT estendono l’approccio sull’attenzione al gusto con degli elementi del non-giudizio. C’è un esercizio, descritto di seguito, che spiega molto bene come e cosa si va a fare:

«Inizia ponendo un bacio […]davanti a te. Permetti ai tuoi occhi di chiudersi, o di fissare un punto se chiuderli ti è poco confortevole. Appoggia le tue mani sul tuo stomaco e fai 4-5 respiri facili e profondi. Non forzare il respiro, semplicemente lascia che percorra tutto il suo percorso dal fondo dei polmoni. Puoi sentire il tuo torace salire e scendere. […]E quando il respiro gentilmente raggiunge il fondo dei polmoni, puoi sentire l’addome espandersi durante l’inspirazione, e contrarsi durante l’espirazione. Semplicemente permetti al corpo di riposarsi mentre sposti l’attenzione allo stomaco e alla bocca. Nota quali sensazioni fisiche hai in questo momento. Nota ogni pensiero…ogni emozione. E diventa consapevole della differenza tra sensazioni fisiche da una parte e pensieri ed emozioni dall’altra. Qualsiasi sia la tua esperienza limitati a osservarla senza giudicarla o criticarla […]non cercare di cambiarla, semplicemente notala.[…] Al prossimo respiro[…]permetti ai tuoi occhi di aprirsi[…]mantenendo lo sguardo basso, prendi il cioccolatino[…] scartalo gentilmente. Continuando ad essere consapevole dei pensieri e delle emozioni che ti passano per la mente.[…]guardandolo come se fosse la prima volta[…]Nota la sua forma, la grandezza, il colore, il modo in cui la luce si riflette su di esso…Ora sposta l’attenzione al profumo[…]chiudendo nuovamente gli occhi.[…]nota tutto quello che puoi con il senso dell’olfatto…[…]Ora sfrega delicatamente il cioccalatino sulle tue labbra in modo da ottenere solo un accenno del suo gusto.[…]cosa senti?[…]Ora poni il cioccolatino sulla lingua, e limitati a tenerlo in bocca[…]Permettergli di sciogliersi sulla tua lingua. Cosa noti mentre si scioglie? Permetti a te stesso di essere pienamente presente a questo sapore.[…]Prenditi tutto il tempo che vuoi per lasciare che la cioccolata si sciolga e per sperimentare totalmente le sensazioni di mangiarlo.[…] E sii consapevole di ogni pensiero ed emozione che emergono, distinguendo ogni pensiero ed emozione dalle sensazioni come il gusto. Cosa accadrebbe se mangiassi cosi la maggior parte del tempo?… Osserva qualsiasi cosa è presente per te in questo momento, senza giudicarla…e apri gli occhi quando sei pronto.»

(Didonna F., 2012, pp. 393-394)

Gruppo di abilità n.7: Perché si possano utilizzare al meglio le emozioni, i pensieri e gli impulsi comportamentali devono essere trattati separatamente dagli stimoli di regolazione dell’appetito come la fame, la sazietà legata al gusto. Ogni abilità influenza le altre.

Gruppo di abilità n. 8: Il programma empower, una volta che chi partecipa è diventato competente nell’osservare e distinguere quello che compone l’esperienza, favorisce il passo successivo, come prendere una strada per rispondere ai bisogni reali. Quando i pazienti accrescono la capacità di auto-osservazione non giudicante, migliorano e chiariscono i loro reali bisogni, come per esempio, se il bisogno reale è gestire la noia, possono decidere di trovare un modo appagante di passare il tempo e «In teoria, una volta che il bisogno reale è identificato, la mente saggia dovrebbe guidare le scelte comportamentali.» (Didonna F., 2012, p. 395)

Gruppo abilità n. 9: C’è stata una sottovalutazione da parte dei ricercatori clinici nei riguardi del bisogno di agevolare una maggiore auto-accettazione nei pazienti con DA, favorendo invece un importante cambiamento comportamentale. Ai pazienti viene insegnato a contestualizzare i cambiamenti legati alla loro visione sul concetto di salute e cosa vogliono per sé stessi nel lungo termine per orientare le decisioni nel momento presente. Viene insegnato loro, con la tecnica del Fermarsi – Respirare –Connettersi, a prendere del tempo prima del comportamento che provano a cambiare, acquisendo consapevolezza dell’importanza di quest’ ultimo mantenuto nel tempo. Questo approccio è potenziato con altre strategie rivolte a fissare gli obbiettivi a breve e lungo termine che però devono risultare realistici, misurabili, rivolti all’azione e ben definiti nel tempo. Scrive ancora Didonna:

«[…]può essere saggio usare la mindfulness per creare uno spazio di apprendimento che promuova delle decisioni sagge raggiunte anche in modo più attivo. Per esempio quando una persona sta decidendo se mangiare o no qualcosa, è utile riferirsi a dei segnali interni tipo il senso di fame piuttosto che a dei segnali esterni che suggeriscono che è ora di mangiare (la presenza del cibo, l’inizio della pausa pranzo, ecc)..» […] Devono anche prestare molta attenzione nel predisporre un ambiente nel quale possano registrare questi segnali; e questo richiede assertività […].»

(Didonna F., p. 396, 2012)

L’approccio empower riconosce la mindfulness come uno strumento molto potente di auto- apprendimento dove la persona può sperimentare nuove strade di autoregolazione.
Occorre fare nuove ricerche per valutare la mindfulness e la sua efficacia ai vari trattamenti relativi ai DA.

CONCLUSIONI

Il Ministero della Sanità indica l’approccio multidisciplinare come quello più efficace per la riabilitazione e il trattamento dei DA e le principali figure coinvolte sono quelle di psichiatri, psicoterapeuti e medici nutrizionisti. Può essere utilizzata una terapia individuale o una terapia di gruppo o addirittura entrambe contemporaneamente e le terapie più utilizzate sono quella sistemico relazionale, familiare e la cognitivo comportamentale.

Negli ultimi anni però un ramo della ricerca si è concentrato sul possibile utilizzo della Mindfulness per il trattamento dei disturbi alimentari ed è stata quindi definita come possibile terapia di “terza generazione”.
Il principale obiettivo della Mindfulness è rendere il paziente consapevole delle proprie emozioni legate al cibo e far accettare tali sensazioni come si presentano, senza contrastarle.

Al paziente viene insegnato ad incanalare l’attenzione sull’esperienza sensoriale del mangiare, avvicinandosi all’atto in modo rilassato e non giudicante.

Gli studi a conferma di tale ipotesi sono stati molteplici. Nel 1997 in uno studio è stata presa in esame una donna obesa con disturbo da alimentazione incontrollata, implementando un protocollo organizzato in 23 sedute organizzate in più fasi. Tale approccio ha portato importanti miglioramenti dal punto di vista alimentare, sebbene non siano stati evidenziati miglioramenti dello stato ansioso. In un altro studio controllando e randomizzato, condotto nel 2001, sono state coinvolte 44 donne con BED. A seguito del programma proposto è stata riscontrata una riduzione delle abbuffate e un tasso di astinenza maggiore nel gruppo trattato rispetto a quello di controllo.

Infine, è stato affrontato un esercizio esperienziale, denominato “empowerment”, un processo tramite il quale gli individui accrescono la possibilità di controllare la propria vita.

Per concludere, si può affermare che gli studi a sostegno della Mindfulness come possibile terapia per i disturbi dell’alimentazione sono molteplici e i risultati affrontati nell’articolo proposto confermano l’enorme potenziale della pratica meditativa in molteplici disturbi della sfera psichica ed emozionale.

BIBLIOGRAFIA

  1. Amadei G., Mindfulness – Essere consapevoli. Il Mulino, Bologna, 2013
    Baer R. A., Come funziona la mindfulness- Teoria, ricerca, strumenti. Raffaello Cortina Editore,
  2. Milano, 2012
  3. Begley S., La tua mente può cambiare. Rizzoli, Milano, 2007
  4. Benson H., La risposta rilassante, Rizzoli Editore, Milano, 1977
  5. Chiesa A., Gli interventi basati sulla mindfulness – cosa sono, come agiscono, quando utilizzarli. Giovanni Fioriti Editore, Roma , 2011
  6. Cozolino L., Il cervello sociale. Neuroscienze delle relazioni umane, Cortina Editore, Milano, 2008
  7. Crane R., La terapia cognitiva basata sulla mindfulness – Caratteristiche distintive. Franco Angeli, Milano, 2012
  8. Didonna F., Manuale clinico di mindfulness. Franco Angeli, Milano, 2012
  9. Germer,C.K., Siegel, R.D., Fulton P.R., Mindfulness and Psychotherapy, New York, uilford, 2005
  10. Goleman D, The Meditative Mind, Putnam, New York, 1988, p. 20
  11. Goleman D., Intelligenza emotiva, Bur, Milano, 2002
  12. Goleman D., Lavorare con intelligenza emotive – come inventare un nuovo rapporto con il lavoro. Bur, Milano, 2004
  13. Goleman D., La forza della meditazione – che cos’è, perchè può renderci migliori. Bur, Milano, 2004
  14. Gunaratana H., La pratica della consapevolezza in parole semplici, Ubaldini Editore, Roma, 1995
  15. Harris R., La trappola della felicità. Come smettere di tormentarsi e iniziare a vivere, Edizioni Erickson, Trento, 2010
  16. Hayes, S. C., Smith, S, Smetti di soffrire, inizia a vivere. Impara a superare il dolore emotivo, a liberarti dai pensieri negativi e vivi una vita che vale la pena di vivere, Franco Angeli Editore, Milano, 2010
  17. Kabat- Zinn J., Full catastrophe living: using the wisdom of your body and mind to face stress, pain and illness. Dell Publishing, New York, 1990
  18. Kabat- Zinn J., Dovunque tu vada ci sei già – il cammino verso la consapevolezza. Tea, Milano, 2013
  19. Kabat- Zinn J., Vivere momento per momento- sconfiggere lo stress, l’ansia e la malattia con la saggezza di corpo e mente. Tea, Milano, 2013
  20. Kabat- Zinn J., Riprendere I sensi – guarire se stessi e il mondo con la consapevolezza. Tea, Milano, 2013
  21. Lama Zopa Rimpoce, Guarigione definitiva – Il potere della mente,.Chiara Luce Edizioni, Pomaia, 2005
  22. Mace C., Mindfulness e salute mentale-Terapia, teoria e scienza. Casa Editrice Astrolabio, Roma, 2010
  23. Matthieu R., Il gusto di essere felici. Edizione Pickwick, Milano, 2014
  24. Montano A., Mindfulness Guida alla meditazione di consapevolezza – Una terapia per tutti. Ecomind, Salerno, 2007
  25. Osho, Oltre la psicologia. Editore Oshoba, Tradate (Va), 2000
  26. Osho, Il canto della Meditazione. Oscar Mondadori, Milano, 2011
  27. Osho, Cambia te stesso e cambierai il mondo. Uno Editori, Orbassano (TO), 2013
  28. Osho, Essere felici – Un diritto di nascita. Uno Editori, Orbassano (TO), 2014
  29. Pensa C., La tranquilla passione. Ubaldini Editore, Roma, 1998
  30. Pensa C., Attenzione saggia, attenzione non saggia. Promolibri Editore, Torino, 1999
  31. Piazza A., Mindfulness per una mente amica – coltivare la consapevolezza Liberarsi dai pensieri negative e scoprire la felicità. Tea, Milano, 2012
  32. Segal Z., Williams M., Teasdale J., Mindfullness. Al di là del pensiero attraverso il pensiero, Bollati Boringhieri, Torino , 2006
  33. Shapiro S.L., Carlson L.E., L’Arte e la Scienza della Mindfulness, Piccin, Padova, 2013
  34. Shauna L. Shapiro, Linda E. Carlson, L’arte e la Scienza della Mindfulness, Ed. Piccin, Padova, 2013
  35. Siegel D.J., Mindfulness e cervello. Raffaello Cortina Editore, Milano, 2009
  36. Siegel R. D., Qui e ora – Strategie quotidiane di mindfulness. Erickson, Trento 2013
  37. Stern D.N., Il momento presente. In psicoterapia e nella vita quotidiana, Editore Raffaello Cortina Editore, Milano, 2005
  38. Spagnulo P., Disturbi d’ansia e panico. Il programmma ACT, la terza generazione della terapia cognitivo comportamentale per tutti, Ecomind, Salerno, 2007
  39. Spagnulo P., Mindfulness- Guida pratica alla meditazione della salute. Ecomind, Salerno, 2013 Stahl
  40. B., Goldstein E., Il programma mindfulness- Un metodo pratico e clinicamente testato per superare: stress, ansia, panico, depression, dolore cronico…e altri problemi di salute. Essere felici, Cesana FC, 2013
  41. Tich Nhat Hanh, Il segreto della pace – Trasformare la paura, conoscere la libertà. Oscar Mondadori, Milano, 2003
  42. Tich Nhat Hanh, Pratiche di consapevolezza. Terra Nuova Edizioni, Firenze, 2013

ALTRE FONTI

  1. Hayes S.C., Brownstein A.J., Mentalism, behavior-behavior relations and s behavior analytic view of the purposes of science. The Behavior Analyst, 1, 175-190, 1986
    Craighead L.W., Allen H.N., Appetite awareness training: A cognitive behavioral intervention for binge eating, Cognitive and Behavioral Practice, 2, 249-270, 1995
  2. Baer R.A., Fischer S., Huss D.B., Mindfulness-Based cognitive therapy applied to binge eating: A case studty. Cognitive and Behavioral Practice, 12, 351-358, 2005
    Baer R.A., Fischer S., Huss D.B., Mindfulness and acceptance in the treatment of disordered eating, Journal of Rational-Emotive & Cognitive-Behavior Practice, 2, 281-300, 2006
  3. Bydlowsky S., Corcos M., Paterniti S., Berthoz S., Laurier C., Chambry S., Consoli S.M., Emotion- processing deficits in eating disorders- International Journal of eating Disorders, 37, 321-329, 2005 Lynch T.R., Chapman A.L., Rosenthal M.Z., Kuo J.R., Linehan M.M., Mechanisms of change in Dialectical Behavior Therapy: Theoretical and empirical observations. Journal of Clinical Psychology, 62, 459-480, 2006
  4. Hayes S.C., Wilson K.G., Acceptance and Commitment Therapy: Altering the verbal support for experiential avoidance. The Behavior Analyst, 17(2), 289-303, 1994
  5. Telch C.F., Agras W.S., Linehan M.M., Dialectical behavior therapy for binge eating disorder, Journal of Consulting and Clinical Psycology, 69, 2001
    Johm J. Miller, M.D., Ken Fletcher, Ph.D., and Jon Kabat-Zinn, Ph.D. –Three-Year Follow-up and Clinical Implications of a Mindfulness Meditation-Based Stress Reduction Intervention in the Treatment of Anxiety General Hospital Psychiatry, 17, 1995, p. 195
  6. La stampa: Le applicazioni cliniche della Mindfulness di Rosalba Miceli, 09/05/2014, Foglio 1?2