Disturbi d’ansia: classificazione e fattori di rischio

disturbi d'ansia

a cura della dott.ssa Eloisa Ticozzi

Introduzione

I DA (disturbi d’ansia) costituiscono una area della psicopatologia molto diffusa già in età evolutiva, con tassi di prevalenza tra il 6 e 20% e molti autori evidenziano come questa incidenza sia in progressivo aumento (Copeland et al., 2009; Costello, 1989). Ciò è presumibilmente dovuto all’aumento di fattori socioeducativi stressanti e ad una maggiore attenzione a questo tipo di disturbi da parte della famiglia,almeno nel mondo occidentale.

Infatti, circa l’eziopatogenesi del disturbo, i modelli della psicopatologia dello sviluppo mettono in luce in particolare per i disturbi d’ansia l’interrelazione tra fattori di rischio biologici e ambientali: il massimo rischio è per quei bambini in cui i fattori biologici, espressi da un temperamento specifico (alto evitamento del danno, bassa ricerca della novità) ed inibizione comportamentale, sono associati all’esposizione a situazioni familiari caratterizzate da ansia, evitamento, inibizione, o esperienze acute di stress (Picchi e Muratori, 2009).

1. Cause dei disturbi d’ansia

Tra i fattori di rischio ambientale, il funzionamento parentale e le interazioni genitori-bambino sono stati ampiamente valutati nella genesi e nel mantenimento del disturbo (Biederman, 2001). L’ansia genitoriale influisce sull’ansia del bambino, con processi di trasmissione di natura sia genetica che ambientale. I figli di genitori ansiosi hanno probabilità cinque volte maggiore di sviluppare un disturbo d’ansia rispetto ai figli di genitori che non presentano elevati tratti d’ansia (Ginsburg, 2001). I genitori modellano la paura e l’ansia del loro bambino, rinforzando coping ansiosi e di  evitamento o disturbo sociale, a dispetto del loro intento di aiutarlo (Shortt et al., 2001).

Nella letteratura medico-psicologica cognitivo-comportamentale, Ginsburg e Schlossberg nel 2002, hanno individuato in uno studio, delle variabili familiari che influenzerebbero il comportamento del bambino nei disturbi d’ansia: ansia parentale, ipercontrollo parentale, criticismo, credenze e aspettative negative, evitamento delle emozioni negative nella comunicazione, disfunzione dei ruoli gerarchici dei parenti e mancanza di coesione della famiglia.

1.1 LEGAME DI ATTACCAMENTO E ANSIA

Bowlby nel 1975 (in “Attaccamento e perdita”) aveva spiegato la possibile patogenesi dell’ansia: quando il legame di attaccamento con la madre risulta insufficiente, la persona non riuscirebbe a integrare stabilità ed equilibrio e riverserebbe sul corpo, come nel disturbo da somatizzazione e nel disturbo da attacco di panico, oppure psicologicamente, come nel disturbo d’ansia generalizzata.

Questo legame non saldo provocherebbe il crollo delle aspettative della madre e dell’ambiente rispetto a se stesso. In ambito sistemico –relazionale, la modalità è basata sulla struttura familiare piuttosto che sul singolo individuo: fattori di rischio per lo sviluppo dei disturbi d’ansia per il bambino potrebbero essere: invischiamento, iperprotettività, inversione dei ruoli, rigidità, intolleranza alla conflittualità, coinvolgimento nel bambino nel conflitto di coppia. Il bambino sarebbe la  concausa dell’omeostasi e della regolazione interna delle dinamiche familiari, e potrebbe essere usato per ridurre le crisi di transizione nel ciclo di vita della famiglia (Andolfi, 2007).

Un legame di attaccamento insicuro-disorganizzato o ansioso-ambivalente potrebbero essere le cause scatenanti relazionali che indurrebbero il bambino ad avvertire ansia, per la perdita della relazione esclusiva con la madre; il bambino, nel tentativo di mentalizzare e di relazionare i propri sintomi e disagi, li riverserebbe sul corpo o nella mente.  

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2. CLASSIFICAZIONE DEI DISTURBI D’ANSIA COMUNI

I disturbi d’ansia classificati nel DSM-5 sono:  Disturbo d’Ansia da Separazione (con mutismo selettivo), Fobia Specifica, Disturbo d’Ansia Sociale, Disturbo di Ansia Generalizzata, Disturbo di Attacco di Panico (con o senza Agorafobia). Esistono, inoltre, il disturbo d’ansia da condizione medica, altro disturbo d’ansia specifico, disturbo d’ansia non altrimenti specificato.

Disturbo d’Ansia da Separazione: frequente nell’infanzia, si tratta di un eccessivo disagio quando il bambino si separa dalla madre o dai caregiver, è una preoccupazione esagerata per le figure di attaccamento; inoltre il bambino o meno spesso l’adulto, si rifiuta spesso di uscire di casa da solo. Anche il mutismo selettivo si sviluppa nel’infanzia e consiste nell’incapacità del bambino di comunicare verbalmente con persone che non siano i propri familiari.

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Fobie Specifiche: sono situazioni di paura verso un oggetto o una situazione non specifica (volare, altezza, animali, iniezioni, sangue).

Disturbo d’Ansia Sociale: è un disturbo che si sviluppa a causa della paura del giudizio altrui (Hofmann et al., 2009) durante l’infanzia o l’adolescenza.

Disturbo d’Ansia Generalizzata (GAD): si tratta di un disturbo in cui coesistono nervosismo, sintomi somatici di ansia e preoccupazione. Ciò che distingue la GAD è la natura diffusa e multifocale delle preoccupazioni. Le condizioni finanziarie, la salute propria o dei propri cari e la loro sicurezza possono scatenare o escaerbare i sintomi (Bienvenu et al. 2010).

Disturbo di Attacco di Panico: è un disturbo in cui prevalgono sintomi caratteristici, come dolore al torace che può simulare un infarto, tachicardia, costrizione respiratoria, sensazione di morte imminenente. Spesso i pazienti con attacchi di panico hanno paura dell’esacerbazione  e temono che possano verificarsi altri attacchi conseguenti al primo, in assenza di una malattia fisica ben riconosciuta. Non è raro che l’attacco di panico anticipi o concomiti con l’uso di sostanze voluttuarie.

Una persona può associare l’uso di una sostanza, all’inizio, col miglioramento dei propri sintomi, per la paura che i sintomi si ripresentino. Le sostanze avrebbero un’azione anti-panico, a discapito di un’intossicazione cronica, insieme a un quadro di addiction, in alcuni casi. L’età media di insorgenza è sui 25 anni; coinvolge maggiormente le donne con un rapporto femmine maschi 2:3. L’incidenza della diagnosi ogni anno, sarebbe dall’ 0,1% al 2,2 % della popolazione Alcuni studi, indicano essere una concausa, una madre iperprotettiva con un tratto ansioso della personalità (Faravelli et al., 2001).

Agorafobia: è la paura per gli spazi aperti dai quali non potrebbe esserci via di fuga o salvezza, come piazze o cinema; può associarsi al Disturbo di Attacco di Panico.

2.1 Storia del Disturbo di Attacco di Panico

Con Freud, c’è stata una sistematizzazione con la categoria delle Nevrosi, ideando una classificazione che per mezzo secolo, è stata alla base delle patologie psichiatriche. Egli descrisse attacchi di panico in maggiori e minori e individuò la causa come l’ansia o l’angoscia segnale. Nel 1871, Westphal aveva coniato il termine “Agorafobia” per i pazienti che avevano paura ad avventurarsi negli spazi aperti, senza alcun collegamento con il disturbo da attacco di panico.

L’attacco di panico è stato a lungo classificato come nevrosi, piuttosto che come disturbo d’ansia. Solo negli anni ’50, Melanie Klein ha aggregato ansia anticipatoria, attacchi di panico e agorafobia in un unico disturbo.

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3. Comorbilità nei disturbi d’ansia

I disturbi d’ansia possono precedere la Depressione Maggiore o l’uso o l’abuso di sostanze, come l’acool e la nicotina, che emergono talvolta come coping mechanism non adattivi, che aiutano a non percepire i sintomi della depressione e dell’ansia.

La Depressione Maggiore è uno stato mentale o patologia che si presenta con tono dell’umore negativo,  anedonia (mancanza di desiderio), perdita di interessi e hobby, trascuretezza nell’igiene personale e nella cura del proprio corpo, eloquio rallentato, insonnia o ipersonnia, ideazione simbolica deficitaria, movimenti fisici rallentati. Questi sintomi dovrebbero essere presenti per un periodo di almeno due settimane. La disitmia, a differenza della Depressione Maggiore, è molto più lieve e i sintomi sono più sfumati.

I disturbi d’ansia si correlano anche a disturbi di personalità di tipo berderline, antisociale ed evitante (El-Gabalawy et al., 2013); malattie cardiovascolari e respiratorie (asma), artriti ed emicrania. La malattia organica può portare ansia ed evitamento, instaurando un circolo vizioso.

3.1 Disturbi di personalità e disturbi d’ansia

Disturbo di personalità Borderline: sono persone che hanno avuto relazioni di accudimento instabili emotivamente; se da un lato hano paura delle relazioni intime, perché incosciamente verrebbero fagocitati perdendo la loro identità, dall’altro lato dipendono psicologicamente da un’altra persona. Per Margaret Mahler (1975) sarebbero incapaci di integrare aspetti buoni e cattivi di se stessi e della propria madre durante lo sviluppo dentro loro stessi; sositene inoltre che non ci sia stata  una sufficiente Costanza dell’Oggetto, il bambino non ha dunque interiorizzato e integrato il modello di madre accudente e buona, stabilendo soltanto un rapporto insicuro. I pazienti borderline di personalità instaurano rapporti fondati sulla rabbia e tumultuosi, inoltre fanno uso di droghe e alcool. Si caratterizzano per la promiscuità sessuale e gesti autolesivi.

Disturbo di personalità Antisociale: sono persone che non si conformano a leggi sociali fin dall’età dell’adolescenza. Sono irritabili e aggressivi, possono persino manipolare gli altri pur di perseguire i loro scopi. Kenberg (1998) considerava il disturbo antisociale come un sottotipo del disturbo narcisistico.

Disturbo di personalità Evitante: sono persone che evitano i rapporti sociale perché temono il giudizio e l’eventuale umiliazione. Nel disturbo evitante viene desiderato il rapporto sociale, senza però raggiungerlo, a differenza del disturbo di personalità schizoide, dove si perferisce l’incomunicabilità e la solitudine. Per Freud, questi pazienti sono caratterizzati per un Super –Io inflessibile e severo; essi hanno una percezione del proprio Sé svalutante e negativa.

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