Il bias di conferma: perché crediamo di più a ciò che pensiamo già

bias di conferma

A differenza di altri bias cognitivi, dei quali è stata scoperta e dimostrata l’esistenza solo in tempi recenti, il bias di conferma era noto sin dall’antichità. Già nell’antica Grecia, infatti, lo storico Tucidide osservava come le persone “affidano a una speranza incurante ciò che desiderano sia vero e, al contrario, usano la ragione per mettere da parte ciò che è scomodo”. 

Il concetto è stato ripreso nel Seicento dal filosofo inglese Francis Bacon, che nel suo libro Novum Organum Scientiarum affermava che “quando una persona matura un’opinione, tenderà a considerare unicamente tutte le prove che la rafforzano o a interpretarle in modo funzionale ai propri obiettivi. E anche di fronte a tanti elementi che ne contraddicono le opinioni, tenderà a ridurne o addirittura negarne la consistenza”.

Cos’è il bias di conferma

Il bias di conferma è un bias cognitivo che consiste nell’attribuire maggior peso o valore alle informazioni che confermano le proprie convinzioni o ipotesi preesistenti e scartare, invece, le prove contrarie alla propria idea di partenza.

Questo bias può manifestarsi sotto diverse forme e influenzare diversi aspetti e processi cognitivi, dalla ricerca e raccolta delle informazioni all’interpretazione dei dati, fino all’immagazzinamento e al recupero delle conoscenze nella memoria.

Durante la fase di raccolta, si tendono a cercare e prediligere i dati che supportano la propria tesi, ignorando (spesso inconsciamente) quelli che, invece, potrebbero smentirla. Nella fase di interpretazione, le informazioni che non coincidono con le proprie convinzioni vengono sminuiti, mettendone in dubbio la fonte o la veridicità, oppure, viceversa, vengono distorte e lette in modo da rafforzare il preconcetto. Allo stesso modo, solo i fatti che dimostrano la propria idea vengono correttamente “registrati” in memoria o, se sono presenti ricordi pre-esistenti incongruenti con l’ipotesi, questi vengono messi in secondo piano, mentre i dati che la confermano diventano più facili e immediati da recuperare.

Esempi ed effetti del bias di conferma

Il bias di conferma nasce per proteggere il desiderio tipicamente umano di essere percepiti come razionali, coerenti e “nel giusto”. Inoltre, è strettamente legato alla sfera sociale, in quanto l’identità di una persona è costituita anche dai gruppi a cui appartiene. Infatti, il bias di conferma non si manifesta soltanto quando si tende a difendere un’opinione personale, ma anche e soprattutto quando questa opinione è condivisa e ritenuta come vera e valida all’interno dell’ingroup.

Un effetto tipico del bias di conferma è quello alla base dei pregiudizi e degli stereotipi razziali: se un gruppo si convince di alcune idee -positive o negative- rispetto ad una particolare etnia o cultura, tenderà ad attribuire maggiore importanza ad eventuali fatti di cronaca o informazioni che confermano il preconcetto, trascurando gli altri dati o anche le esperienze personali che lo smentiscono, ad esempio minimizzandole come “eccezioni che confermano la regola”.

Nell’ambito medico, il bias di conferma può portare un dottore a formulare un’ipotesi diagnostica e iniziare a cercare gli indizi clinici che confermano la sua ipotesi, trascurando gli esami e analisi che potrebbero portare a un risultato diverso. Nell’ambito giuridico, il bias di conferma può condizionare il giudizio della giuria che, una volta formatasi un’idea dell’imputato, tenderebbe a trascurare le prove e le testimonianze che vanno contro la propria opinione.

Il bias della conferma è tanto forte e comune da essere sfruttato dagli algoritmi di siti web e social media per generare risultati e raccomandazioni più appetibili, in quanto congruenti con le idee degli utenti. 

I post sponsorizzati, i profili suggeriti, i risultati di ricerca e, in generale, tutte le informazioni che si trovano su internet, infatti, spesso vengono filtrate automaticamente sulla base dei dati che le fare piattaforme hanno su di noi: orientamento politico, religioso, età, genere, interessi, preferenze d’acquisto, e così via. In questo modo, però, diventa pressoché impossibile accedere alle opinioni e alle informazioni di eventuali controparti e le idee finiscono inevitabilmente per radicalizzarsi.

Cosa fare per difendersi

Per imparare a difendersi dal bias di conferma, come avviene per gli altri bias cognitivi, bisogna fare affidamento sulle proprie capacità metacognitive, ovvero quell’insieme di abilità che consentono di osservare dall’esterno i processi cognitivi e prenderne coscienza. 

Un modo per allenare questa particolare forma di auto-consapevolezza è la pratica della mindfulness. Attraverso tecniche di meditazione e consapevolezza, infatti, è possibile imparare a prestare una maggiore attenzione a ciò che avviene dentro di sé, ai propri pensieri e alle proprie sensazioni.

Una volta sviluppata la capacità di osservare e analizzare i propri processi cognitivi, è possibile approcciarsi alle situazioni con un approccio più “sperimentale” e con spirito critico, ad esempio provando a formulare ipotesi alternative rispetto a quella di partenza o confrontandosi con persone che hanno opinioni diverse dalla propria. 

Così facendo, l’idea iniziale può essere messa in discussione e analizzata nel dettaglio in modo imparziale, per ricercare ed evidenziare eventuali fallacie o debolezze, anziché mettere in luce gli aspetti convincenti e inconfutabili.