Ragazzi e DAD: le difficoltà dello studio a distanza

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Nonostante sempre più abili e abituati a utilizzare la tecnologia per la comunicazione, l’informazione e l’intrattenimento, i giovani e giovanissimi studenti di scuole medie e superiori hanno vissuto con grande difficoltà l’esperienza della didattica a distanza

È quanto emerge dal report pubblicato dall’Istat a inizio maggio, Le nuove generazioni e il Covid, contenente tutte le informazioni raccolte nell’indagine condotta dall’Istituto nel 2021 sugli alunni delle scuole secondarie. Come riportato nel documento, il 67,7% degli alunni ha manifestato una preferenza verso la didattica in presenza, il 20,4% considera ugualmente valide le due tipologie di didattica e solamente l’11,9% ha espresso una predilezione verso la didattica a distanza. 

La natura emergenziale e obbligatoria che ha caratterizzato questa nuova forma di didattica, infatti, ha evidenziato una generale inadeguatezza (da parte sia degli studenti che degli insegnanti) in termini di strumenti, metodologie e attenzione verso l’inclusività. Se da un lato, infatti, circa l’80% dei ragazzi italiani non ha avuto problemi a seguire le lezioni in via telematica con continuità, il restante 20% ha riscontrato difficoltà legate all’hardware o alla connessione di rete disponibili in casa (percentuale che sale oltre il 25% per gli studenti stranieri).

Una vita quotidiana “a distanza”

L’impossibilità di svolgere le attività didattiche in presenza ha significato per i ragazzi anche una minore possibilità di avere momenti di condivisione, interazione e contatto diretto sia con i compagni di classe che con i docenti, mancanza avvertita dalla maggior parte degli studenti. In particolare, le esperienze che sono mancate di più sono risultate essere le gite scolastiche (indicate dal 55,4%), seguite dalla ricreazione (indicate dal 20%) e dai lavori di gruppo (13,1%).

Il report sottolinea, tuttavia, come la diminuzione delle relazioni dirette sia stata compensata da un aumento dei contatti virtuali, mantenuti, ad esempio, grazie all’utilizzo di app di messaggistica istantanea, chat e social media. Gli studenti hanno riportato anche un aumento di chiamate telefoniche e videochiamate durante il periodo di lockdown (indicato dal 65,7% dei ragazzi italiani e dal 53,3% degli stranieri), per far fronte al senso di isolamento e solitudine dovuto alle restrizioni e al distanziamento sociale. 

La sfida del digital divide

Come accennato in precedenza, una delle sfide principali poste dalla didattica a distanza è stata proprio quella del cosiddetto “digital divide”. 

Non tutti gli studenti, infatti, hanno potuto disporre di una connessione internet stabile a casa e oltre la metà degli intervistati ha dichiarato di aver avuto problemi di rete. Anche l’hardware disponibile ha rappresentato un elemento di divisione: il 6,8% degli studenti italiani e il 16,8% degli studenti stranieri ha frequentato tutte le lezioni in DAD facendo ricorso esclusivamente dello smartphone, non avendo la possibilità di utilizzare un PC. Questo ha reso ancora più difficoltoso frequentare i corsi e svolgere gli esercizi in modo efficace. 

Gli studenti del Mezzogiorno risultano ancora più svantaggiati rispetto agli strumenti per la didattica a distanza: nel Sud e nelle Isole l’80,1% degli studenti ha potuto seguire le lezioni utilizzando un PC, contro l’84,8% del Centro, l’85,8% del Nord-ovest e l’89,9% del Nord-est.

Il punto di vista dei dirigenti scolastici sulla didattica a distanza

Per poter dipingere un’immagine complessiva dell’esperienza di DAD nelle scuole secondarie, l’indagine dell’Istat ha coinvolto anche i dirigenti scolastici, interrogandoli circa l’impatto, le sfide e i vantaggi della didattica a distanza. 

Rispetto agli effetti della DAD sull’apprendimento, la maggior parte (63,4%) dei dirigenti ha dichiarato che lo shock della pandemia abbia penalizzato alcuni studenti, il 29,8% ritiene tutti gli studenti siano stati penalizzati e solo il 6,7% ha affermato che la pandemia non abbia avuto effetti negativi. 

Rispetto all’impegno degli alunni durante i periodi di didattica a distanza, il 45,2% dei dirigenti ritiene che i ragazzi abbiano dedicato meno tempo allo studio, il 44,4% ritiene che vi abbiano dedicato un tempo analogo e il 10,4% ritiene che vi abbiano dedicato più tempo. 

Il parere dei dirigenti scolastici sulla DAD, così come attuata durante il periodo di lockdown in piena emergenza sanitaria, risulta, quindi, non del tutto positivo. Tuttavia, le potenzialità di questa nuova forma di didattica, più innovativa e tecnologica, ha portato una percentuale consistente dei dirigenti (soprattutto della scuola secondaria di secondo grado) ad affermare di voler mantenere la DAD, in forma parziale, anche dopo il termine della pandemia. 

In questo caso, però, è importante notare sono presenti significative differenze tra dirigenti di scuola media e dirigenti di scuola superiore: rispetto alla scuola secondaria di primo grado, infatti, solo il 22,9% dei dirigenti considera la DAD uno strumento positivo – probabilmente a causa della giovane e delicata età degli alunni, che necessitano di un maggior supporto e confronto diretto con il docente per sviluppare la propria capacità di apprendimento -, mentre per quanto riguarda la scuola secondaria di secondo grado, il 41,4% dei dirigenti si è dichiarato favorevole ad adottare una qualche forma di didattica a distanza nel corso dei prossimi anni scolastici.